tag:blogger.com,1999:blog-48601083583310830042024-03-13T11:46:34.245-07:00Oltre il dipinto e la storia...Il costume medievale attraverso l'Arte Preraffaelita...Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.comBlogger27125tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-62532583670023179712012-10-24T05:43:00.001-07:002016-02-08T05:33:17.863-08:00Chaucer alla corte di Edoardo III<p><a name="_top"></a> <h1>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442645363">Il pittore</a> </li> <li><a href="#_Toc442645364">Geoffrey Chaucer. Poeta, scrittore e diplomatico</a> </li> <li><a href="#_Toc442645365">Il dipinto e i protagonisti</a> </li> <li><a href="#_Toc442645366">I costumi dei personaggi</a> </li> <li><a href="#_Toc442645367">Fonti bibliografiche</a></li></ul> <p> <h2><a name="_Toc442645363">Il pittore</a></h2> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-mFuSGtclBbU/Vre0XS7KIdI/AAAAAAAAoe4/HkSEd4ZGMlk/image%25255B11%25255D.png?imgmax=800" width="300" height="375"> <p align="center"><em>Figura 1 – Ritratto dell’autore</em> <p align="center"> <p>Ford Madox Brown è stato un pittore inglese. Nacque a Calais il 16 aprile 1821. Figlio di un commissario di bordo, studiò in diverse città europee quali Gand, Bruges e all'Accademia di Anversa. Cominciò a studiare disegno e a viaggiare in Europa quando era ancora molto giovane. Nel 1840 visitò Parigi, rimanendo particolarmente colpito dalle opere di Eugène Delacroix e di Paul Delaroche. Nel 1844 partecipò a Londra alla gara per la decorazione del palazzo del Parlamento; nel 1845 a Roma incontrò alcuni pittori cosiddetti nazareni, cioè facenti parte di un gruppo di artisti che propugnavano un ritorno alla pittura del Quattrocento italiano, da loro considerata il massimo esempio di grandiosità e purismo. Quest’incontro spinse l'attenzione di Brown verso gli effetti naturali della luce e verso la limpidezza del colore sia in composizioni calme e pacate che in opere drammatiche basate su fatti reali e contemporanei. Tornato in Inghilterra, conobbe Dante Gabriel Rossetti, il quale lo presentò al gruppo dei pittori preraffaelliti, con i quali entrò in stretti rapporti. Brown non fu mai un vero membro di questo gruppo, anche se spesso viene associato a loro per il suo interesse alla pittura dei primitivi, in particolare dei fiamminghi Jan Van Eyck e Hans Memling, e per la costante opposizione al classicismo accademico. Inizialmente, il suo rifiuto per il freddo classicismo allora imperante fu compreso ed apprezzato solo da alcuni giovani artisti, come i preraffaelliti, ma non dalla maggioranza dei critici del tempo. <p>Per molto tempo le sue opere furono rifiutate dalle esposizioni e dalle gallerie più importanti e dovettero passare molti anni prima che Brown diventasse un artista apprezzato. Brown morì a Londra il 6 ottobre 1893 all'età di 72 anni. <p> <p>Le opere di Brown trattano solitamente soggetti morali e storici, mescolando dramma e allegoria in uno stile caratteristicamente grafico spesso ispirato a William Hogarth: questo fa di Brown un pittore complesso e talvolta artificioso. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p><a name="_Toc442645364"></a> <h2>Geoffrey Chaucer. Poeta, scrittore e diplomatico</h2> <p>Geoffrey Chaucer nacque a Londra in una famiglia piuttosto modesta nel 1343. Chaucer è noto soprattutto per aver scritto molte delle sue opere, tra cui la più famosa I racconti di Canterbury, in medio inglese quando la maggior parte degli scrittori adottava il latino o l’anglonormanno. le sue informazioni biografiche sono piuttosto scarse, ma una ricostruzione della sua vita, se pur approssimativa, la dobbiamo alle fonti, anche reali, in cui si parla di lui. Prestò servizio sotto la monarchia inglese plantageneta del XIV secolo, durante la Guerra dei Cent’anni, in particolare iniziò il suo servizio a corte con Edoardo III, figlio di Edoardo II e Isabella di Francia, figlia di Filippo IV il Bello. Edoardo III fu il re inglese durante il cui regno ebbe inizio la sanguinosa e centenaria guerra che portò le due nazioni: Francia ed Inghilterra ad un ennesimo scontro armato. <p align="center"> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-jMhYgHHsGsk/Vre0bEXotcI/AAAAAAAAoe8/ESP4vfmykN0/image%25255B14%25255D.png?imgmax=800" width="329" height="428"> <p align="center"><em>Figura 2 – Ritratto di Chaucer, tratto dall’Ellesmere Manuscript. Huntington Library, in San Marino, California (MS EL 26 C 9). Fonte immagine: Wikipedia </em><a href="#_ftn1_1905" name="_ftnref1_1905"><em>[1]</em></a> <p align="center"> <p>Le fonti che parlano dell’infanzia e adolescenza di Chaucer sono confuse, ma un’attenta analisi delle sue opere suggerisce che egli avesse una profonda conoscenza di latino e francese. La prima menzione ufficiale di Chaucer risale al 1357 quando era poco più che adolescente e venne preso in veste di domestico presso la casa di Elisabeth di Burgh, contessa di Ulster. Successivamente ritroviamo Geoffrey al lavoro a corte in veste di diplomatico. Nei primi anni della Guerra dei Cent’anni avrebbe affiancato lo stesso Re Edoardo III nelle campagne militari e a Reims venne catturato. Il re stesso pagò per la sua liberazione e Chaucer venne rilasciato. Dai documenti segue un periodo “morto” in cui di lui non si hanno notizie e la sua storia, stando alle fonti, riprende nel 1366 quando sposò Filippa, damigella al seguito della Regina Filippa di Hainaut <a href="#_ftn2_1905" name="_ftnref2_1905">[2]</a> e futura cognata di Giovanni di Gand <a href="#_ftn3_1905" name="_ftnref3_1905">[3]</a>. Dal suo matrimonio, Chaucer ebbe probabilmente quattro figli, ma non abbiamo notizie certe riguardo al numero <a href="#_ftn4_1905" name="_ftnref4_1905">[4]</a>. <p> <p>Sempre al servizio di Edoardo III e in vesti diplomatiche avrebbe agli sponsali del figlio del re, Lionello d’Anversa con la principessa italiana Violante Visconti, figlia di Galeazzo II <a href="#_ftn5_1905" name="_ftnref5_1905">[5]</a>. In realtà i viaggi di Chaucer furono numerosi e avrebbe soggiornato anche in Italia venendo a contatto con la letteratura italiana. Un altro viaggio, ma non è certo, pare che avesse lo scopo di contrattare per conto del re il matrimonio tra il nipote di questi, il futuro Riccardo II e una principessa francese, matrimonio che però non avvenne mai e nel 1378 Riccardo fu inviato presso la corte viscontea al seguito di uno dei più famosi capitani di ventura del suo tempo: John Hawkwood <a href="#_ftn6_1905" name="_ftnref6_1905">[6]</a>. Una possibile indicazione che la sua carriera, come scrittore, fosse apprezzata già all'epoca viene da Edoardo III: il re infatti accreditò a Chaucer un gallone di vino al giorno per il resto della vita, come ricompensa di servigi sconosciuti resi dallo scrittore al sovrano. Questo genere di pagamento era inusuale, ma venne dato nel giorno della celebrazione il 23 aprile 1374, giorno di San Giorgio, quando venivano premiate le opere artistiche. <p> <p>Nel 1387 morì la moglie Filippa e per Chaucer iniziò un periodo di crisi economica, data dai cattivi rapporti con i potenti: crisi che supererà probabilmente con il ritorno di Giovanni di Gand nel 1390. È in questo periodo di crisi che alcuni studiosi pongono l'inizio del suo capolavoro, I racconti di Canterbury. Nel settembre dello stesso anno, documenti attestano che il poeta fu derubato, e forse ferito, durante un suo pattugliamento e poco dopo, il 17 giugno 1391, smise di ricoprire questa carica. Quasi immediatamente dopo, il 22 giugno 1391, in seguito al ritorno di Giovanni, venne nominato sovraintendente alle acque del Tamigi presso la parte meridionale di Londra, e vice-intendente forestale di North Pethenton Park. Gli ultimi scritti sono traduzioni e trattati, il Boezio e il Trattato sull'astrolabio (scritto per il figlio Lewis), datati 1392. Il nuovo re Enrico IV rinnovò il contratto con Chaucer, fatto in precedenza da re Riccardo, ma nella Lamentela di Chaucer per il suo Borsello, il poeta accenna al mancato rispetto del pagamento da parte del nuovo sovrano: l'ultima testimonianza scritta del poeta è del 5 giugno 1400, quando compare una somma di denaro che gli fu data. Si presuppone anche che abbia avuto luogo in quest'anno l'ultima revisione dei Canterbury Tales, prima della morte che lo colse il 25 ottobre 1400. Geoffrey Chaucer fu sepolto nell'abbazia di Westminster, in un'ala che prenderà in seguito il nome di Angolo dei poeti. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442645365">Il dipinto e i protagonisti</a></h2> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-BfEKx4_cy1M/Vre0dvWubiI/AAAAAAAAofA/U25STlm3J_Y/Brown%252520-%252520Chaucer%252520at%252520the%252520Court%252520of%252520Edward%252520III%25255B6%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1007"></p> <p> </p> <p>Il dipinto ritrae Chaucer durante la lettura di un libro ad una corte e possiamo ben vedere che il re, che dal titolo stesso del dipinto, è Edoardo III, è ormai vecchio ed è circondato da una corte piuttosto eterogenea: donne, uomini, cortigiani, musici, soldati. Anche se il protagonista principale del dipinto è il poeta inglese di cui abbiamo descritto sopra la biografia, il re è il protagonista secondario. Alto e bello, Edoardo trasse ispirazione dalla cavalleria medievale per i suoi ideali di vita. Durante tutto il suo regno sostenne fortemente e promosse la cavalleria, il che gli consentì di sviluppare buone relazioni con la nobiltà del regno. Il suo regno (durato cinquant'anni) cominciò quando fu deposto il padre Edoardo II d'Inghilterra il 21 gennaio 1327, e finì nel 1377 <a href="#_ftn7_1905" name="_ftnref7_1905">[7]</a>. La salita al trono inglese non fu facile per Edoardo e fin dai primi anni di regno la politica lo tenne impegnato, specie sul campo di battaglia su due fronti: quello scozzese prima e quello francese dopo, quando scoppiò la Guerra dei Cento anni. Edoardo sposò Filippa di Hainaut, dalla quale ebbe quattordici figli. La regina Philippa morì di idropisia <a href="#_ftn8_1905" name="_ftnref8_1905">[8]</a> nell'agosto 1369 e dopo la sua morte Edoardo III si diede ai piaceri e divenne l'ombra del giovane uomo che aveva invaso la Francia e preteso il suo trono. Edoardo continuò la relazione voluta dalla stessa moglie Filippa, che negli ultimi anni di vita a causa di una caduta da cavallo non era più fertile, con Alice Perrers, che era già stata dama della stessa Filippa. Alice e il re si amarono molto e lei fu ingiustamente diffamata dopo la morte del sovrano con accuse di falsa avarizia. Al re diede tre figli, di cui lui riconobbe solo il maschio John. Nel settembre 1376 il re si ammalò gravemente, probabilmente colpito da un ascesso. Ebbe un breve recupero, ma, ormai indebolito, morì il 12 giugno 1377 nel Palazzo Sheen. Alice Perrers gli fu vicina fino alla morte e esaudì tutte le sue volontà. Egli fu sepolto nella Abbazia di Westminster e gli successe il nipote Riccardo II, figlio del Principe Nero. <p> <p align="center"><img alt="" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/de/Edward_III_of_England_%28Order_of_the_Garter%29.jpg" width="350" height="476"> <p align="center"><em>Figura 3 – Edoardo III in una rappresentazione dell’Ordine della Giarrettiera, da lui fondato. Il ritratto è preso da una pagina del Bruges Garter Book della prima metà del XV secolo. Fonte immagine: Wikipedia </em><a href="#_ftn9_1905" name="_ftnref9_1905"><em>[9]</em></a> <p> <p>Edoardo III è stato responsabile della fondazione Inghilterra il più famoso ordine di cavalleria, l'Ordine della Giarrettiera. La leggenda narra che mentre ballava con il re una signora (da alcune fonti si pensa fosse Catherine Montacute, contessa di Salisbury, sua amante del momento) si imbarazzò per avere perduto la sua giarrettiera. Il Re cavaliere la recuperò per lei, la legò galantemente attorno alla sua gamba affermando "Honi soit qui mal y pense <a href="#_ftn10_1905" name="_ftnref10_1905">[10]</a>". Si tratta più probabilmente di una leggenda che di un fatto reale, anche perché la giarrettiera quale indumento intimo non esisteva in epoca medievale, ma comparve solo in età moderna. Probabilmente più che una giarrettiera vera e propria, doveva trattarsi di un nastro che stringeva la calza per sorreggerla <a href="#_ftn11_1905" name="_ftnref11_1905">[11]</a>. <p>La corte di Edoardo III era una corte ricca, certamente ospitava anche scrittori e artisti e a questo probabilmente si ispirò il pittore per realizzare l’opera. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442645366">I costumi dei personaggi</a></h2> <p>La maggior parte dei costumi dei personaggi è quella tipica della moda del XIV secolo. Durante il suo regno Edoardo III incoraggiò il commercio dei tessuti e la loro produzione tanto che molti artigiani, anche stranieri si trasferirono in Inghilterra. Grazie a questo “passaggio” furono possibili cambiamenti nella moda maschile e femminile inglese del XIV secolo e furono introdotti non solo nuovi elementi, ma anche nuovi materiali. L’abito maschile divenne stretto e corto rispetto alle lunghe tuniche adottate nei decenni precedenti, in modo che tutta la gamba fosse ben visibile. La tunica, <em>gypon</em>, veniva indossata sopra la camicia e sopra ancora era indossata la <em>cotehardie</em>. Fino al 1360 circa la tunica era di lunghezza media, raggiungendo il ginocchio mentre successivamente fu accorciata ancor di più tanto da coprire a malapena i fianchi e la parte anteriore era molto imbottita. Della camicia si vedevano solo i polsi e il resto era nascosto dalla <em>cotehardie</em>. Anche quest’ultima era lunga quanto la tunica o gypon inizialmente, ma dal 1360 anch’essa fu accorciata, in maniera proporzionale, almeno nel vestiario maschile. I calzoni maschili divennero un poco più aderenti ed erano spesso tenuti fermi da lacci che li tenevano attaccati alla tunica, grazie alla presenza di fori corrispondenti. <p> <p>La <em>cotehardie</em> femminile rimase invece lunga come la camicia, che arrivava a toccare terra. La <em>cotehardie</em> aveva maniche più corte che permettevano di intravedere la camicia al di sotto, e avevano un peduncolo che arrivava spesso a toccare terra. Sul davanti la <em>cotehardie</em> femminile era caratterizzata da un taglio e l’allacciatura era costituta da bottoni allineati, lunga fino a sotto il seno. Inoltre la <em>cotehardie</em> femminile era caratterizzata da una scollatura molto ampia che quasi scopriva le spalle, una vera e propria rivoluzione nella moda femminile del XIV secolo. <p> <p>In vita sia uomini che donne portavano la cintura, i nobili in particolare la portavano arricchita di gemme e decorazioni se la cintura era realizzata anche con parti metalliche. <p>Le scarpe, anche maschili divennero appuntite e con suola di cuoio. I mantelli, semicircolari si allacciavano tramite due spille e venivano foderati con raso o seta <a href="#_ftn12_1905" name="_ftnref12_1905">[12]</a>. <p> <p>In testa veniva indossato un cappello foderato con pelliccia di castoro, anche dai membri della casa regnante e le donne, ma non solo, dal 1350 usavano abbellire i copricapi con piume di struzzo o di pavone, anche all’interno dell’ambiente domestico. I capelli delle donne erano solitamente raccolti in trecce, arrotolate poi ai lati della testa e protetti con cuffie rigide e il tutto era coperto in alto da un velo di seta, ma solo le nobildonne erano solite ad usare questo tipo di acconciature note anche come <em>crespinettes</em>. <p> <p align="center"><img title="Brown - Chaucer at the Court of Edward III" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="Brown - Chaucer at the Court of Edward III" src="https://lh3.googleusercontent.com/-t7HQcCsPc84/Vre0e5Yl6DI/AAAAAAAAofE/oV5a_blEQb4/Brown%252520-%252520Chaucer%252520at%252520the%252520Court%252520of%252520Edward%252520III%25255B25%25255D.jpg?imgmax=800" width="298" height="400"> <img title="Brown - Chaucer at the Court of Edward III" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="Brown - Chaucer at the Court of Edward III" src="https://lh3.googleusercontent.com/-Y2sX1AOkt9s/Vre0fpcbdjI/AAAAAAAAofI/nqDMpGUemxA/Brown%252520-%252520Chaucer%252520at%252520the%252520Court%252520of%252520Edward%252520III%25255B26%25255D.jpg?imgmax=800" width="217" height="400"> <img title="Brown - Chaucer at the Court of Edward III" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="Brown - Chaucer at the Court of Edward III" src="https://lh3.googleusercontent.com/-20sosSmQ12Q/Vre0gIMyBoI/AAAAAAAAofM/NhvhRkmZncY/Brown%252520-%252520Chaucer%252520at%252520the%252520Court%252520of%252520Edward%252520III%25255B36%25255D.jpg?imgmax=800" width="252" height="400"></p> <p> <p>Nel dipinto vediamo nell’insieme tutti questi elementi appena descritti, persino qualcuno con indosso il cappuccio noto anche come <em>liripipe</em>, o <em>cappuccio a pipa</em> caratterizzato dal lungo prolungamento dietro la testa. Si notano anche dei soldati con lo scudo decorato coi motivi dello stemma plantageneto di Edoardo. Si notano anche dei costumi più tipici del periodo di governo del padre, Edoardo II con le sopravvesti aperte sul fianco per le donne. <p> <p>È caratteristico del periodo di regno di Edoardo III l’abito di Chaucer, che indossa una sorta di tunica allacciata sul davanti con maniche lunghe di colore grigio, scarpe appuntite in pelle e in testa porta una sorta di copricapo tipico proprio del Trecento e che si ritrova anche in un manoscritto miniato della prima metà del XIV secolo, il <em>Luttrell Psalter</em> alle pagine 15 dove il capello è indossato da un rematore e a pagina 29 in basso. Il nome esatto di questo copricapo è hood-lum in alcuni testi riguardanti il costume e in italiano viene tradotto da francese <em>chaperon</em> in <em>capperone</em>. Era una copricapo maschile, ibrido tra il <em>cappuccio</em> ed il <em>turbante</em>, entrato in uso in Europa occidentale nel corso del Basso Medioevo e rimastovi sino all'Età Moderna. Le prime tracce scritte che parlano di questo copricapo risalgono al XIII secolo, in un manoscritto noto anche come <em>Liber ruralium commodorum </em>dove viene descritto come un copricapo tipico della classe contadina e nato con scopo prevalentemente pratico, ossa quello di ripararsi dalla pioggia. L'origine pratico-lavorativa dell'indumento è altresì confermata dal modo di dire italiano, ormai desueto, "<em>Portare il capperone</em>", con valenza di "essere preparati alla sventura" come il lavoratore che, temendo di incappare nella pioggia lungo il cammino, si porta appresso il capperone. Risulta ad oggi abbastanza complicato comprendere come mai questo indumento "povero" venne improvvisamente adottato dalle alte classi sociali europee durante il Tardo Medioevo, salvo poi tornare relegato ad indumento di uso prettamente lavorativo nel corso del XVI secolo. Fu, probabilmente, la lunga cornetta a permettere al <em>capperone</em> questo cambio d'utenza: essa si prestava infatti ad un riutilizzo dal sapore orientaleggiante in linea con il gusto francese tardo-medievale che prediligeva abiti esotici. Furono i conti di Franca Contea a lanciare ufficialmente nella moda francese prima ed europea poi l'uso del capperone, enfatizzando l'uso di riavvolgere intorno al capo la cornetta del cappuccio. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442645367">Fonti bibliografiche</a></h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Chaperon%20headgear">http://en.wikipedia.org/wiki/Chaperon headgear</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Capperone">http://it.wikipedia.org/wiki/Capperone</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Edoardo%20III%20d'Inghilterra">http://it.wikipedia.org/wiki/Edoardo III d’Inghilterra</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Filippa%20di%20Hainaut">http://it.wikipedia.org/wiki/Filippa di Hainaut</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ford%20Madox%20Brown">http://it.wikipedia.org/wiki/Ford Madox Brown</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Geoffrey%20Chaucer">http://it.wikipedia.org/wiki/Geoffrey Chaucer</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni%20di%20Gand">http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni di Gand</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Idropisia">http://it.wikipedia.org/wiki/Idropisia</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/John%20Hawkwood">http://it.wikipedia.org/wiki/John Hawkwood</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ordine%20della%20Giarrettiera">http://it.wikipedia.org/wiki/Ordine della Giarrettiera</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Roman%20de%20la%20Rose">http://it.wikipedia.org/wiki/Roman de la Rose</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Violante Visconti">http://it.wikipedia.org/wiki/Violante Visconti</a></li></ul> <p> <ul> <li><a href="http://romandelarose.org/#home">http://romandelarose.org/#home</a> – Manoscritto digitalizzato con interessanti e coloratissime miniature che riprendono in parte anche i costumi di fine XIV e inizi XV secolo. </li> <li><em>Costume. Fanciful, historical, and theatrical</em>. Compiled by Mrs. Aria. Ill. by Percy Anderson. MacAiillan And Co., Limited ed. London 1906 – 316 pp. </li> <li><em>Historical costumes of England</em> – <em>From the Eleventh to the Twentieth Century</em> di Nancy Bradfield A.R.C.A. G.G. Harrap & Co. 3rd ed. </li> <li><em>Roman de la Rose.</em> Opera iniziata da Guillaume de Lorris nel 1237, che ne scrisse 4.058 versi. In seguito, essa fu ripresa e completata, con più di 18.000 versi, da Jean de Meung tra il 1275 e il 1280. Il Roman provocò molte polemiche sulla visione della donna espressa da Jean de Meung, suscitando tra l'altro la risposta di Christine de Pizan (1362-1431), che possiamo considerare una delle prime querelle femministe. Una parte del poema venne tradotta in inglese da Geoffrey Chaucer con il titolo The Romaunt of Rose, ed ebbe una grande influenza sulla letteratura inglese.</li></ul> <p> <h1>Note: <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_1905" name="_ftn1_1905">[1]</a> <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Geoffrey_Chaucer#/media/File:Chaucer_ellesmere.jpg">https://en.wikipedia.org/wiki/Geoffrey_Chaucer#/media/File:Chaucer_ellesmere.jpg</a> <p><a href="#_ftnref2_1905" name="_ftn2_1905">[2]</a> ) Fu regina consorte di Edoardo III d'Inghilterra. Era figlia di Guglielmo I, conte di Hainaut e di Giovanna di Valois, pronipote di Luigi IX, il Santo, nipote di Filippo IV, il Bello, sorella del re di Francia Filippo VI di Valois. Si sposò con Edoardo nella Cattedrale di York, il 24 gennaio 1328 e undici mesi dopo la sua ascesa al trono d'Inghilterra, diversamente dai suoi predecessori, ella si fece amare dal popolo inglese e non riempì la corte inglese di cortigiani provenienti dal suo paese d'origine. <p><a href="#_ftnref3_1905" name="_ftn3_1905">[3]</a> Fu conte di Richmond dal 1342 al 1372, duca di Lancaster dal 1362 e duca d'Aquitania dal 1390 alla sua morte; fu inoltre il capostipite del casato reale britannico di Lancaster. Era il quartogenito maschio del re d'Inghilterra e duca d'Aquitania Edoardo III e di Filippa di Hainaut. <p><a href="#_ftnref4_1905" name="_ftn4_1905">[4]</a> Il figlio Thomas ebbe un’illustre carriera divenendo oratore presso la Camera dei Comuni. <p><a href="#_ftnref5_1905" name="_ftn5_1905">[5]</a> Nell'ambito della complessa trama di alleanze diplomatiche perseguita dal padre, appena tredicenne andò in sposa a Lionello di Anversa, figlio di Edoardo III d'Inghilterra e vedovo di Elisabetta de Burgh. Il matrimonio fu celebrato nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Pavia tra la fine di maggio e gli inizi di giugno del 1368. <p><a href="#_ftnref6_1905" name="_ftn6_1905">[6]</a> Italianizzato in Giovanni l’Acuto fu un condottiero e cavaliere medievale inglese. Il nome italiano gli fu attribuito da Niccolò Machiavelli. Secondo la leggenda, era il secondo figlio d'un conciatore di pelli dal villaggio di Sible, presso il castrum di Hedingham nella contea d'Essex. Altre leggende fanno di lui un sarto prima di diventare soldato. In ogni caso intraprese la carriera militare e combatté per il suo re Edoardo III d'Inghilterra durante la guerra dei cent'anni. Dopo la pace di Brétigny (trattato che pose fine alla prima fase del conflitto) fondò una banda di mercenari, la Compagnia Bianca del Falco, che si schierava in difesa dello stato che la pagava meglio. È un esponente importante della Cavalleria medievale. Nel 1362 venne reclutato dal Marchese del Monferrato e scese in Italia; a Lanzo Torinese sorprese Amedeo VI di Savoia, il quale fu costretto a pagare un ricco riscatto per la sua libertà e quella delle località sabaude cadute in mano agli avventurieri. Successivamente si spostò in Toscana dove combatté per Pisa nella Battaglia di Cascina del 1364. In seguito fu al servizio prima di Firenze e in seguito di Bernabò Visconti, del quale sposò una figlia illegittima nel 1377. Poco dopo sciolse l'alleanza anti-papale, provocando l'ira dei Visconti: dopo un acceso diverbio con il duca, egli firmò un trattato di amicizia ed alleanza con la Repubblica di Firenze. Poi combatté per Pisa e per il papa Gregorio XI nella guerra degli otto santi che contrapponeva lo Stato Pontificio a Firenze: in questo conflitto egli si mise in luce nella distruzione della città di Cesena, da lui eseguita nel febbraio del 1377. Passò poi dalla parte degli Angioini di Napoli contro quelli di Durazzo e contro Gian Galeazzo Visconti. È ricordato anche nella storia biografica del capitano di ventura italiano, Alberico da Barbiano, che combatté al suo fianco prima di fondare la Compagnia di San Giorgio. <p><a href="#_ftnref7_1905" name="_ftn7_1905">[7]</a> Solo Enrico III prima di lui aveva regnato così a lungo, e ci vollero altri 400 anni prima che un altro monarca occupasse il trono con questa durata. Il regno di Edoardo fu segnato dall'espansione del territorio inglese attraverso le guerre in Scozia e in Francia. <p><a href="#_ftnref8_1905" name="_ftn8_1905">[8]</a> È un accumulo di liquidi negli spazi interstiziali dell'organismo. Il termine idropisia o idrope (per quanto sinonimo di edema) indica l'accumulo del liquido sieroso in una cavità del corpo, solitamente quella peritoneale. <p><a href="#_ftnref9_1905" name="_ftn9_1905">[9]</a><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/de/Edward_III_of_England_%28Order_of_the_Garter%29.jpg">https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/de/Edward_III_of_England_%28Order_of_the_Garter%29.jpg</a> <p><a href="#_ftnref10_1905" name="_ftn10_1905">[10]</a> Tradotto: guai a chi pensa male. Ad oggi il Gran Maestro dell’Ordine della Giarrettiera è la Regina Elisabetta e suo nipote William è cavaliere dell’Ordine dal 2008. <p><a href="#_ftnref11_1905" name="_ftn11_1905">[11]</a> Il termine inglese garter deriva dall’anglo-francese del XIV secolo gareter che a sua volta deriva da garet ed indicava proprio un laccio con la funzione di reggere la calza. <p><a href="#_ftnref12_1905" name="_ftn12_1905">[12]</a> Tra i nuovi materiali utilizzati per la realizzazione di abiti dal 1350 andarono particolarmente di moda il raso e la seta, la flanella ed il bisso variopinti, anziché grezzi. Per quanto riguarda i capi di lana andò particolarmente di moda il panno verde fiammingo noto anche come Lucherino ed il panno grigio Mustcrdevilliers della Normandia. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-92103714260498241622012-10-22T10:18:00.001-07:002016-02-07T13:44:11.663-08:00Edelfelt e il dipinto di Bianca di Namur<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442646958">Il pittore</a></li> <li><a href="#_Toc442646959">La storia di Bianca di Namur</a></li> <li><a href="#_Toc442646960">Il dipinto</a></li> <li><a href="#_Toc442646961">I costumi dei personaggi</a></li> <li><a href="#_Toc442646962">Fonti bibliografiche</a></li></ul> <p> <p>Il dipinto che abbiamo scelto fa parte delle raccolte di un pittore poco conosciuto oggi, ma ebbe notevole fama durante il XIX secolo. Abbiamo scelto questo dipinto non solo per l’ambientazione medievale ma perché si ispira a differenze di altri, contemporanei, si ispira ad un personaggio storicamente esistito, la Regina Bianca di Namur. <p> <h2><a name="_Toc442646958">Il pittore</a></h2> <p align="center"><img title="" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-hl6BSAqfcg4/Vre6KtWN5UI/AAAAAAAAofc/HVBUEOHtQOw/image%25255B2%25255D.png?imgmax=800" width="306" height="378"> <p align="center"><em>Figura 1 – Ritratto del pittore</em> <p align="center"><em></em> <p>Albert Edelfelt nacque a Porvoo in Finlandia nel 1854. Suo padre Carl Albert era un architetto e aveva un’azienda famigliare a Runeberg. Il tempo trascorso nell’azienda famigliare e probabilmente anche i viaggi di lavoro influenzarono molto Edelfelt, che di volta in volta rappresentava alcuni eventi e personaggi della storia finlandese nei suoi dipinti. Albert studiò arte ad Anversa <a href="#_ftn1_2503" name="_ftnref1_2503">[1]</a> e proseguì a Parigi e San Pietroburgo negli anni ’80 del XIX secolo. Sposò nel 1888 la baronessa Ellan de la Chapelle da cui ebbe un figlio. Edelfelt fu uno dei primi artisti finlandesi a raggiungere la fama internazionale. Godette di notevole successo a Parigi e fu uno dei fondatori del movimento arte realista in Finlandia. Il suo lavoro e il suo stile influenzarono molti giovani pittori finlandesi e colleghi. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442646959">La storia di Bianca di Namur</a></h2> <p>Bianca fu una regina di origine belghe del XIV secolo e non è molto conosciuta alla storia medievale del mondo, ad eccezione del suo paese d’origine e quello in cui visse quale sposa del Re Magnus Eriksson. Bianca nacque a Namur <a href="#_ftn2_2503" name="_ftnref2_2503">[2]</a>, quando a governare Namur era subentrato il Casato dei Dampierre. Bianca era nipote per parte di padre di Guy di Dampierre e della sua seconda moglie Isabella di Lussemburgo. Bianca era figlia di John I di Dampierre e della sua seconda moglie Marie d’Artois. Non si sa esattamente come mai Magnus, re di Svezia scelse quale moglie una donna di Namur, pare che andò lui stesso presso l’omonima città, nel 1334 a chiederla come sposa <a href="#_ftn3_2503" name="_ftnref3_2503">[3]</a>. Nell’autunno del 1335 Bianca lasciò Namur per una terra straniera e nel mese di novembre (non è un dato certo) si sposò con Magnus, presso il castello di Bohus <a href="#_ftn4_2503" name="_ftnref4_2503">[4]</a>. Tra i due sposi non vi era una notevole differenza d’età: quattro anni. Lui aveva quasi vent’anni mentre lei era poco più che adolescente. Il loro primo figlio, Eric nacque dopo tre anni di matrimonio e il secondo Haakon VI nacque l’anno successivo <a href="#_ftn5_2503" name="_ftnref5_2503">[5]</a>. Secondo alcune indiscrezioni pare che il marito fosse omosessuale e che avesse un favorito a corte, una relazione proibita dichiarata e sembra che la stessa Bianca andasse d’accordo con l’amante; ma è una voce dubbia di essere veritiera e probabilmente fu messa in giro da avversari politici non tanto del re, quanto della stessa Bianca, vista la sua notevole influenza politica sul marito. Tale influenza le costò persino la calunnia e nel 1359 fu accusata dal figlio di aver avvelenato la nuora Beatrice di Bavaria ed il figlioletto, ma in vero entrambi i coniugi morirono nello stesso anno, contagiati dalla peste e Beatrice era oltretutto debilitata dalla fatica del parto. La peste uccise l’intera famiglia e si dubita che l’accusa fosse vera, probabilmente si tratta di un’accusa messa per iscritto da avversari di Bianca che le misero contro il figlio, appoggiandolo al contempo in una ribellione contro il padre che determinò la spaccatura del regno ed Eric divenne co-reggente di Svezia. Probabilmente Bianca incontrò nemici ed ostilità fin dal primo momento e contraddizione delle contraddizioni fu infine accusata di avere persino un amante che fino a poco tempo prima doveva essere, secondo le male lingue, l’amante del marito: il duca di Finlandia Bengt Algotsson. Passò gli ultimi anni della sua vita fino alla morte nel castello di Tønsberg e sembra che gli ultimi tempi avesse persino difficoltà economiche. Le cause della sua morte, avvenuta nel 1363 sono sconosciute. Gli storici sostengono che fu una delle più importanti regine del nord Europa, specie di Norvegia e Svezia, grazie alle sue doti di politica e per il suo impegno nel sociale. <p align="center"> <p align="center"><em><a href="http://www.4shared.com/photo/-BvUgjs3ba/Discendenti_di_Guy_Dampierre.html" target="_blank"><img title="Discendenti di Guy Dampierre" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="Discendenti di Guy Dampierre" src="https://lh3.googleusercontent.com/-aOJgIq4DHmU/Vre6MAyXgMI/AAAAAAAAof0/ASmR2YLdjPA/Discendenti%252520di%252520Guy%252520Dampierre%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="210"></a></em> <p align="center"><em>Figura 2 – Albero genealogico dei Namur Dampierre, discendenti del capostipite</em> <p align="center"><em></em> <p align="center"><a href="http://www.4shared.com/photo/OnhGJLU-ba/Antenati_di_Blanche_of_Namur_D.html" target="_blank"><img title="Antenati di Blanche of Namur Dampierre" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="Antenati di Blanche of Namur Dampierre" src="https://lh3.googleusercontent.com/-LExGmII47HU/Vre6N-cfJZI/AAAAAAAAof4/pivBJ79pM5U/Antenati%252520di%252520Blanche%252520of%252520Namur%252520Dampierre%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="760" height="1007"></a> <p align="center"><em>Figura 3 – Antenati di Bianca di Namur nel ramo dei Dampierre</em> <p align="center"><em></em> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442646960">Il dipinto</a></h2> <p> </p> <p align="center"><img title="mother-and-child1 - edelfelt" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="mother-and-child1 - edelfelt" src="https://lh3.googleusercontent.com/-bqrzjVZfMLQ/Vre6Pt8b_NI/AAAAAAAAofw/Lfy-OfeTr68/mother-and-child1%252520-%252520edelfelt%25255B3%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1093"></p> <p align="center"> </p> <p>Edelfelt si ispirò dunque alla storia di Bianca per realizzare il suo quadro ed è una rara immagine quella che ci viene proposta: una madre che gioca con il proprio figlio, in tempi in cui spesso la madre nemmeno li allattava i propri figli ed essi non avevano con lei il rapporto che noi oggi abbiamo con le nostre madri. Spesso i figli crescevano e vivevano, venivano educati in ambienti diversi da quelli dove vivevano invece i genitori e fin da piccoli erano trattati secondo codici e formalità riguardo il comportamento. Il rapporto che noi siamo abituati ad immaginare tra madre e figlio in epoca medievale raramente esisteva e sono pochi i casi riportati dalle cronache e i documenti per fare oggi delle generalizzazioni. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p align="right"> <h2><a name="_Toc442646961">I costumi dei personaggi</a></h2> <p>La scena proposta dal pittore è tutt’altro che quella di una madre distaccata e fredda nei confronti del suo stesso figlio, anzi, nella scena vediamo una giovane donna, molto bella e dal viso paffuto, la veste semplice ed elegante, giocare con un bambino che le siede sulle ginocchia. Bianca indossa un abito realizzato probabilmente in seta, con motivi rigati verticali di diverso spessore, ripetuti. Le maniche della tunica sono lunghe e rosse, con bordi dorati che si ripetono in orizzontale e si intravedono perché le maniche dell’abito vero e proprio sono più corte. Si tratta di un modello non utilizzato nel XIV secolo, piuttosto nel XIII, un modello di cyclas con maniche corte e strette. Sul petto si fa notare una spilla di forma circolare argentea che probabilmente serve a tenere chiusa l’apertura dell’abito. La scollatura è quadrata ed ampia e al collo curiosamente non sono indossate collane o gioielli di alcun tipo. Allo stesso modo non vengono indossati orecchini ma solo una sottile coroncina di perle che circonda il capo ed i capelli, raccolti in una coda molto molle che cade dietro la schiena. Il bambino che le siede sulle ginocchia indossa una semplice tunica di seta color arancione e dei calzoncini che coprono anche i piedi di color verde. Il capo, un caschetto biondo ramato come i capelli di Bianca, è circondato da un cerchietto che funge da corona. È curioso, considerate le origini di Bianca, che il pittore l’abbia voluta rappresentare non con ricchissime vesti, ma con un abito semplice e certamente poco comune nell’epoca in cui Bianca visse, considerando anche che sicuramente lei si poteva permettere cose ben più preziose e costose. Lo stesso ambiente che circonda la donna e il bambino, nel dipinto, non sembra un ambiente sfarzoso e ricco di ogni lusso. Potrebbe il pittore essersi ispirato a Bianca per creare il quadro, ma ritraendo in vero propria la moglie e il figlioletto? La domanda ci è sorta spontanea, una curiosità, ma il dipinto fu realizzato in vero un anno prima del matrimonio tra il pittore e la futura moglie e ci pare difficile che possa esserci una qualche correlazione, di natura personale, tra il pittore e la sua opera; piuttosto, come detto all’inizio egli potrebbe aver voluto realizzare l’opera ispirandosi ad un personaggio storico della sua nazione e visto che le muse ispiratrici sono sempre donne, perché non ritrarre una regina? <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442646962">Fonti bibliografiche</a></h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Albert%20Edelfelt">http://en.wikipedia.org/wiki/Albert Edelfelt</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Blanche%20of%20Namur">http://en.wikipedia.org/wiki/Blanche of Namur</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bohus">http://en.wikipedia.org/wiki/Bohus</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Magnus%20IV%20of%20Sweden">http://en.wikipedia.org/wiki/Magnus IV of Sweden</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Marquis%20of%20Namur">http://en.wikipedia.org/wiki/Marquis of Namur</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Namur_%28city%29">http://en.wikipedia.org/wiki/Namur</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Albert%20Edelfelt">http://it.wikipedia.org/wiki/Albert Edelfelt</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Anversa">http://it.wikipedia.org/wiki/Anversa</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Namur">http://it.wikipedia.org/wiki/Namur</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Vallonia">http://it.wikipedia.org/wiki/Vallonia</a></li></ul> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_2503" name="_ftn1_2503">[1]</a> È una città del Belgio settentrionale, la più importante nella regione delle Fiandre, una delle tre regioni dello stato, e il capoluogo della provincia omonima. <p><a href="#_ftnref2_2503" name="_ftn2_2503">[2]</a> Namur è una città belga, attuale capitale della Vallonia, una regione del Belgio ed è capoluogo dell'omonima provincia e sede vescovile cattolica, è posta alla confluenza dei fiumi Mosa e Sambre. La città ha probabilmente origini preistoriche ma viene citata per la prima volta in epoca romana. Ne viene fatta menzione nel Commentarii de Bello Gallico di Giulio Cesare in merito ad una battaglia contro le tribù celtiche locali che furono poi sottomesse e la regione conquistata per essere annessa ai territori di Roma e vi rimase anche durante il periodo imperiale. Il centro divenne importante però soprattutto in epoca altomedievale, sotto i Merovingi che vi costruirono un castello ed una piccola cittadella. Successivamente, sotto il dominio dei Carolingi Namur venne annessa ai territori imperiali e nel IX secolo se ne fa menzione quale città in un documento di Ludovico il Pio (figlio di Carlo magno e della sua seconda moglie Ildegarda, ma solo nel X secolo la città divenne contea, nel 992 d.C. sotto l’Imperatore Ottone III che conferì ad Albert I il titolo di Conti di Namur. Dal XII secolo la contea di Namur divenne però oggetto di dispute territoriali coi potenti vicini di Brabante, l’Hainaut e Liegi e finì per spaccarsi anche se i conti di Namur riuscirono, probabilmente grazie a politiche matrimoniali e alleanze varie a recuperare le perdite. Goffredo acquisì la Contea di Longwy, grazie al suo matrimonio con Ermesinde di Lussemburgo. L’ultimo personaggio importante della famiglia dei Conti di Namur fu Enrico I che ereditò le contee di Durbuy, La Roche-en-Ardenne ed il Lussemburgo. Dopo la morte di Enrico, scoppiò una feroce guerra di successione tra Baldovino V, conte di Hainaut e la figlia di Enrico: Ermesinde che si concluse con la seguente divisione: a Baldovino V la Contea di Namur mentre Ermesine prese Lussemburgo, Laroche e Durbuy e tale situazione permase fin verso la fine del XIII secolo. In quel periodo Baldovino II di Courtenay vendette la contea al conte di Fiandra, Guy di Dampierre. La casa di Dampierre divenne la casata ufficiale che governava Namur e così fu fino al 1421, quando la Contea fu venduta al duca borgognone Filippo il buono. <p><a href="#_ftnref3_2503" name="_ftn3_2503">[3]</a> Bianca vantava comunque nobilissimi natali, di stirpe reale: era per parte di madre diretta discendente del casato della Contea di Artois, nel XIV secolo oggetto della disputa tra Mahaut of Artois e suo nipote Robert III che si dichiarava il legittimo erede, in virtù della Lex Salica. Inoltre Bianca proveniva per parte di padre dal casato dei Dampierre, imparentati non solo con l’Artois ma anche con il Lussemburgo (per via della nonna paterna) e con il ramo di Courtenay, ramo della dinastia Capetingia a partire da Luigi VI re di Francia (per via della nonna paterna della madre). Dunque era scontato che con un tale passato, un re non potesse che avere solo da guadagnarci a sposare Bianca, specie se questo comportava dei vantaggi nella situazione geopolitica del XIV secolo. <p><a href="#_ftnref4_2503" name="_ftn4_2503">[4]</a> Costruito nel 1308, è di piccole dimensioni e se paragonato al resto dei castelli europei del medesimo periodo, presenta ancora oggi un aspetto più altomedievale che bassomedievale. Si tratta di un castello di piccole dimensioni situato in Svezia e ancora oggi esistente. <p><a href="#_ftnref5_2503" name="_ftn5_2503">[5]</a> Pare che Bianca e Magnus avessero avuto altri figli, delle bambine morte però poco dopo il parto e delle quali non abbiamo notizie certe. </p>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-16591058252834592232012-10-21T13:25:00.001-07:002016-02-08T05:31:45.779-08:00La bella addormentata<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442704954">Non sono solo fiabe</a></li> <li><a href="#_Toc442704955">I costumi del dipinto</a></li> <li><a href="#_Toc442704956">Fonti bibliografiche</a></li></ul> <p> <h2><a name="_Toc442704954">Non sono solo fiabe</a></h2> <p>Il dipinto di Collier in questo caso si ispira ad una fiaba, quella della Bella addormentata che in vero a sua volta, come molte fiabe, trae ispirazione da una ballata o da una storia popolare tramandata oralmente. Il caso della Bella addormentata è un caso particolare e che non tocca solo il Medioevo. Esistono diverse versioni di origine medievale e alcune di origine rinascimentale e dei secoli successivi; a noi interessano le versioni più realistiche. Molte fiabe, secondo alcuni critici, presero in vero spunto da argomenti adatti a pubblico adulto e scritti ad un tempo per un pubblico adulto delle classi aristocratiche, abituate a determinati linguaggi e ad una certa volgarità. Tali rozzi racconti furono poi debitamente censurati da scrittori di favole per bambini e le versioni a noi oggi giunte sono quelle che conoscono tutti praticamente, e forse dovrebbero essere le sole ad esistere. <p> <p>Una primissima versione di <i>Bella addormentata </i>la si ritrova nel <i>Nibelungenlied </i><a href="#_ftn1_5133" name="_ftnref1_5133">[1]</a>, la <i>Saga dei Nibelunghi</i> a cui si ispirò anche Wagner per creare l’opera <i>L’anello del Nibelungo</i>. Nell’opera di Wagner Brunilde è la protagonista al fianco di Sigfrido. Brunilde compare per la prima volta nella prima giornata, La Valchiria, della quale è l'eponima, ove è presentata come figlia di Wotan (Odino) e di Erda, nonché una delle nove Valchirie. Viene bandita dalla razza divina perché ha tentato di contrastare la volontà del padre aiutando Siegmund e Sieglinde. È inoltre lei a dare il nome al nascituro Sigfrido ("<i>Colui che gioisce nella vittoria</i>"). Nella seconda giornata, Sigfrido, viene svegliata dal lungo sonno in cui Wotan l'aveva sprofondata da Sigfrido, mentre nella terza, Il crepuscolo degli dei, a causa di un intrico di complotti di palazzo manovrati da Hagen, va in sposa a Gunther, re dei Burgundi. <p> <p>La seconda versione che si incontra nel corso della storia risale al XIV secolo, nel romanzo <i>Perceforest</i> noto anche con il titolo che riporta il nome dei protagonisti: <i>Troylus e Zellandine</i>. Ambientato all'epoca dei Greci e dei Troiani, ed incentrato sulla principessa Zellandine, innamorata di Troylus. Il padre della principessa mette il giovane alla prova per verificare se è degno di sua figlia, e, non appena egli è partito, Zellandine cade in un sonno incantato <a href="#_ftn2_5133" name="_ftnref2_5133">[2]</a>. Non è noto se Basile conoscesse il testo trecentesco, ma nella sua opera si faceva un chiaro riferimento ad una profezia in cui la protagonista sarebbe sprofondata in un sonno incantato e probabilmente Perrault censurò adeguatamente questa versione ultima per adeguarla ad un pubblico minorile del suo tempo. Anche altri scrittori di fiabe ripresero la versione di Perrault, cambiando qualche elemento senza cambiare però la trama principale degli avvenimenti. <p> <p>Il significato psicologico della fiaba non è diverso, per certi versi, rispetto all’opera <i>Erec ed Enide</i> di Chretien de Troyes, scritta e ambientata nel XII secolo. La protagonista è sempre una fanciulla ingenua e ignorante – nel senso letterale del termine – che viene iniziata da un uomo – tutt’altro che ingenuo e ignorante, ma spesso subdolo o comunque preparato al mondo, alle sue insidie, conoscitore della donna della sua società e soprattutto delle sue debolezze. La chiave analitica è sempre la stessa: è la donna che apre gli occhi sul mondo, che cresce e che matura in una società in cui le donne hanno molti doveri e pochi diritti. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442704955">I costumi del dipinto</a></h2> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh4.ggpht.com/-SD2B-D6iwYU/UIRaUBbDKbI/AAAAAAAAX4U/BTd2F_WLUR0/John-Maler-Collier-The-Sleeping-Beau%25255B1%25255D.jpg?imgmax=800"></p> <p> <p>Non sappiamo con esattezza a quale versione della fiaba si sia ispirato il pittore, certamente non alla leggenda nordica e i costumi sono più simili a quelli della fine del Medioevo, del XV secolo. Scollature ampie e maniche svasate per gli abiti dalle larghe gonne, realizzati con preziosi tessuti: dalla seta al broccato e dal damasco al velluto. Gli abiti sono impreziositi dai ricami e i capelli vengono anche lasciati sciolti in alcuni casi, ma sempre abbelliti da nastri o copricapi, almeno nella vita domestica mentre nella vita pubblica era necessario tenere i capelli acconciati. Nel dipinto ovviamente non vediamo una scena di vita pubblica, ma una scena di vita privata e vediamo una fanciulla distesa su un letto che dorme e così anche le due ancelle, una delle quali appoggiata al letto. Mentre i tessuti delle due ancelle sono classici della moda del XV secolo, l’abito della principessa è ricco di ricami coloratissimi e originali, simili nei motivi al damasco. Da notare la trama degli arredamenti: i cuscini sono realizzati con damasco oro e blu mentre i tendaggi sono realizzati in oro su sfondo nero. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442704956">Fonti bibliografiche</a></h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Brynhildr">http://en.wikipedia.org/wiki/Brynhildr</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Perceforest">http://en.wikipedia.org/wiki/Perceforest</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Sleeping%20Beauty">http://en.wikipedia.org/wiki/Sleeping Beauty</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Brunilde">http://it.wikipedia.org/wiki/Brunilde</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/La_bella_addormentata_%28fiaba%29">http://it.wikipedia.org/wiki/La bella addormentata (fiaba)</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/La canzone dei Nibelunghi">http://it.wikipedia.org/wiki/La canzone dei Nibelunghi</a></li></ul> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_5133" name="_ftn1_5133">[1]</a> Poema epico scritto in alto tedesco medio nella prima metà del XIII secolo. Narra le vicende dell'eroe Sigfrido alla corte dei Burgundi e la vendetta di sua moglie Crimilde, che porta ad una conclusione catastrofica e alla morte di tutti i protagonisti. Il poema andò perduto nel XVI secolo ed è giunto a noi in diversi manoscritti che presentano un insieme di differenze e varianti. Si compone di circa 8.000 versi, raggruppati in quartine e articolati in 39 canti detti "avventure". I manoscritti furono recuperati nel XVIII secolo e divennero molto noti nell'Ottocento romantico ispirando, fra gli altri, Richard Wagner, che su di essi basò la sua celebre tetralogia L'anello del Nibelungo. <p><a href="#_ftnref2_5133" name="_ftn2_5133">[2]</a> In realtà la storia non è proprio così soft, tanto è vero che nel XVII secolo uno scrittore, Giambattista Basile, ruppe la censura e dichiarò, grazie alla sua opera Sole, Luna e Talia, il vero significato della storia di una bella addormentata che viene risvegliata in modi non convenzionali. L’opera fa parte di una raccolta nota come Pentamerone. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-71641202996374217092012-10-19T03:04:00.001-07:002016-02-07T13:58:10.935-08:00Guinevere’s maying<h2><a name="_top"></a>Indice</h2> <ul> <li><a href="#_Toc442648644">Dal mito alla storia e viceversa</a></li> <li><a href="#_Toc442648645">Il dipinto dedicato a Ginevra e al May Day</a></li> <li><a href="#_Toc442648646">I costumi dei personaggi</a></li> <li><a href="#_Toc442648647">Fonti bibliografiche</a></li></ul> <p align="center"> <p align="center"><img title="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" src="https://lh3.googleusercontent.com/-uGEOV207fVw/Vre94MUeREI/AAAAAAAAogE/QgFzDBG8Nz8/John_Collier_Queen_Guinevre%252527s_Maying_-_Ausschnitt%25255B2%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1000"> <p align="center"><em>Il dipinto di Collier scelto si ispira alla figura di Ginevra, moglie di Artù e personaggio leggendario appartenente al mondo della letteratura. </em> <p align="center"><em></em> <h2><a name="_Toc442648644">Dal mito alla storia e viceversa</a></h2> <p>Il personaggio di Ginevra lo abbiamo incontrato tutti fin da bambini nelle leggende arturiane. Il nome “Ginevra” lo incontriamo come italianizzazione del nome inglese Guinevere. In realtà i nomi del personaggio sono più di uno, specie le forme di lingue gaelica (gallese ed irlandese) <a href="#_ftn1_5033" name="_ftnref1_5033">[1]</a>. Nelle <em>Triadi Gallesi </em><a href="#_ftn2_5033" name="_ftnref2_5033">[2]</a>, in alcuni brani vengono citate tre donne <a href="#_ftn3_5033" name="_ftnref3_5033">[3]</a>, tutte dal nome simile <i>Gwenhwyfar</i>, ognuna considerata moglie di Artù. In altre versioni ancora, sempre di lingua gaelica, la moglie di Artù sarebbe stata al centro di una contesa che avrebbe portato alla Battaglia di Camlann <a href="#_ftn4_5033" name="_ftnref4_5033">[4]</a>. Nella <em>Historia Regum Britanniae</em> di Goffredo di Monmouth, lei è una delle donne più belle di Britannia, discendente da una nobile famiglia romana, educata sotto Cador duca di Cornovaglia. <p> <p>Nei romanzi medievali non gallesi, lei è la figlia di Leodegrance, un re che viene aiutato da Artù nel corso di una controffensiva; Artù vede la bella figlia del re e se ne innamora. Il successivo arrivo di Lancillotto guasta tutto perchè Ginevra prova per costui una fatale attrazione che la porterà poi al tradimento; i due amanti vengono poi scoperti dai nemici di Artù che porteranno l’adulterio a conoscenza del re. Artù, tradito e umiliato condanna la moglie al rogo e solo in ultimo arriva Lancillotto a salvare Ginevra. In altre versioni ancora Ginevra si ritira in convento per espiare il peccato dell’adulterio contro il re che è anche suo marito, ma si tratta di versioni rare e poco conosciute. Le versioni in cui Ginevra compare sotto sfaccettature diverse sono davvero tante e si rifanno a fonti che a stento gli storici menzionano come fonti attendibili mescolando spesso eventi di cronaca con tradizione e mitologia se non addirittura elementi di mitologie diverse. Ci sarebbero persino alcuni racconti, frammentati, sempre nelle <em>Triadi</em> in cui Ginevra avrebbe avuto una relazione con Mordred e anche per noi è stato sconvolgente, perché è la prima volta che si sentiva tale versione della storia di questa donna appartenente, secondo il nostro parere, più alla leggenda ed alla letteratura che nemmeno al reale mondo medievale di cui il più storico degli Artù potrebbe aver fatto parte come soldato che ha respinto le invasioni nemiche. <p> <p>Una buona parte delle fonti medievali risalenti al XII secolo riportano il celebre rapimento di Ginevra da parte di Maleagant, un cavaliere disertore della Corte di Camelot. Se ne fa menzione per la prima volta nell’opera <em>Vita di Gildas </em><a href="#_ftn5_5033" name="_ftnref5_5033">[5]</a> di Caradoc di Llancarfan. Secondo il racconto per fare torto ad Artù, Maleagant ne rapisce la moglie e inizia una cerca di un anno che si conclude con la vittoria di Artù che riprende il maltolto e uccide il nemico. Esiste presso la Porta della Pescheria di Modena una rappresentazione di questa cerca e l’assedio contro Maleagant e sopra si riporta l’iscrizione in latino medievale in cui viene citato chiaramente un REX ARTURUS DE BRITANNIE. <p> <p align="center"> <p align="center"><img alt="" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f2/PESCHERIA.jpg"> <p align="center"><em>Figura 1 – Porta della Pescheria, Duomo di Modena</em> <p align="center"><em></em> <p>Se Artù fosse stato realmente un personaggio storico, ovvero un soldato di origini romane o un nativo della Britannia celtica che abbia contribuito a respingere le invasioni, sua moglie potrebbe essere stata rapita da dei nemici e tale episodio potrebbe aver ispirato il celebre rapimento di Ginevra, ma si tratta di supposizioni e ipotesi, almeno per quanto riguarda Ginevra. Il rapimento della moglie è però un classico troppo scontato per certi versi, anche nelle cronache storiche di cui si ricorda quella di William ed Eleanor nel XIV secolo, che ispirarono la ballata di Hellelil e Hildebrand e simili riportate solo un secolo fa nella raccolta delle <em>Child Ballads</em>. Rapire la moglie del nemico, che essa sia complice o vittima del rapitore, era anche presso le tribù più antiche, il più classico dei reati: vuoi umiliare il nemico? Rubagli la moglie. Questo perché la moglie era in buona parte ancora proprietaria dei suoi beni portati in dote e dunque perdere la moglie significava perdere un patrimonio, una comica se ci proviamo ad immaginare un re che discute con il rapitore di sua moglie per elencare tutte le perdite economiche che avrà se non ottiene la moglie indietro. L’importanza della dote di una moglie, specie una regina, è spiegata anche dalla cronaca storica: quando nella prima metà del XII secolo, per esempio, Eleonora d’Aquitania e Luigi VI vedevano il loro matrimonio dichiarato nullo per consanguineità, lasciare andare Eleonora per il re significava perdere tutte le terre che Eleonora portava con sé e quindi i confini della Francia si ridimensionavano. Allo stesso modo lasciarla andare e costringerla a mollare tutti suoi possedimenti non fu facile nemmeno per il secondo marito, Enrico II, che voleva dividersi da lei senza però mollare la presa sulle sue proprietà per dare un feudo anche al figlio Giovanni e il solo modo era costringerla a prendere i voti e fare suora una come lei era praticamente impossibile. <p> <p>Come il rapimento anche l’adulterio di una donna nei confronti del marito, Ginevra verso Artù, potrebbe avere sì preso riferimenti da cronache, ma quali, visto che la storia ne è piena? L’Artù storico è collocato in un periodo, V-VI secolo e che fa parte dell’Alto Medioevo, in cui non era strano che un sovrano o comunque un capo, un signore della guerra <a href="#_ftn6_5033" name="_ftnref6_5033">[6]</a>, si sposasse più volte e con donne spesso più giovani <a href="#_ftn7_5033" name="_ftnref7_5033">[7]</a> per avere figli forti, anche se più il re invecchiava e più le capacità riproduttive si riducevano, considerando anche le condizioni di vita e di igiene di quei tempi. Dove stava la stranezza per una donna che non provava alcun interesse nei confronti di un vecchio, con magari quarant’anni più di lei quando vita media era di trenta? Ragazzine in spose a uomini vecchi per il loro tempo, se ne trovano esempi in ogni epoca e non si potrebbe affermare con certezza, salvo non si trovino fonti incontestabili, quale di questi casi fu quello di una probabile e storica figura di Ginevra. <p>Secondo lo scrittore e storico Jean Markale la figura di Ginevra fu probabilmente ispirata o comunque ricalcata su quella storica di Eleonora d’Aquitania, non a caso l’ho citata poco sopra. Eleonora rappresentò per i suoi contemporanei una novità e anche un pericolo per molti versi. Presso l’austera corte parigina i suoi costumi e il suo carattere, specie l’influenza sul re, apparvero molto negativi e in alcuni casi provocarono anche dei veri e propri disastri come la spedizione (che si risolse in un insuccesso) contro la contea di Tolosa su cui Eleonora vantava dei diritti, per via della nonna Filippa di Tolosa. Fu sospettata di più di un adulterio, uno perfino incestuoso con lo zio di vent’anni più vecchio di lei e anche con secondo marito le cose partirono con una sorta di idillio e finirono quasi nel sangue. Non sarebbe strano se questa fosse la vera base storica della figura di Ginevra che ad Eleonora per molti versi assomigliava, dalle vesti al potere. Infine, considerando che Eleonora era la regina dei trovatori, chi meglio di un trovatore o uno scrittore sotto la sua tutela non l’avrebbe vista come la migliore incarnazione di Ginevra mettendosi spesso al posto di messer Lancillotto, nelle proprie inconfessabili fantasie? <p> <p>Concludiamo la parte storica dicendo che anche se la figura di Ginevra o <em>Gwenhwyfar </em>esisteva già prima del XII secolo perché di una moglie di Artù si faceva già menzione, non è ancora possibile stabilire fino a che punto possa esserci una base storica come per la figura dello stesso Artù. Questa ipotesi non esclude però le altre e quella ultima, cioè quella secondo la quale la figura di Ginevra come noi oggi la conosciamo meglio, è ricostruita sulla figura storica di Eleonora d’Aquitania è certamente una delle più probabili. Il bello della storia è proprio questo: c’è sempre qualcosa da scoprire, quando si indaga per capire le origini di una cosa e quello che si trova spesso è davvero straordinario. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442648645">Il dipinto dedicato a Ginevra e al May Day</a></h2> <p>Il dipinto è molto nitido e ricco di dettagli, ad un livello vicino a quello di Leighton. Nella scena raffigurata si vede un corteo che accompagna Ginevra e viene festeggiato il mese di maggio. Non è una festa dei lavoratori, ma il termine <em>maying</em> risale al XIV secolo e si riferisce ai festeggiamenti che nel Nord Europa e nei Paesi nordici si teneva con l’inizio del raccolto e prima della cristianizzazione delle Isole Britanniche corrispondeva a Beltane. Successivamente questi festeggiamenti furono cancellati e sostituiti da quelli cristiani o laici e finirono nel dimenticatoio. Nella tradizione cristiana e soprattutto cattolica, il mese di maggio è dedicato alla Madonna, ma probabilmente si tratta di una celebrazione che è maturata nel corso dei secoli e in relazione anche ai cambiamenti del calendario. Oggi il <em>May Day</em> ha perso se non entro determinati parametri il suo significato storico: dove le tradizioni popolari cristiane o pagane locali sono tramontate, rimangono le festività ufficiali a seconda della religione diffusa in un luogo, un paese, anche se secondo alcuni sarebbe festeggiata secondo le antiche usanze da coloro che ancora oggi seguono l’antico credo celtico, pochissimi e non sempre riconosciuti dalle chiese ufficiali e dalle istituzioni. Il fatto che Ginevra sia stata rappresentata nel contesto di una festa pagana e non cristiana può essere un riferimento al mondo celtico di cui Artù faceva parte nella mentalità collettiva sia nel XIX secolo sia nel XII. La maggior parte dei romanzi principali dedicati ad Artù sono del XII secolo e le descrizioni degli scrittori sono sempre riferiti al loro tempo contemporaneo. Inoltre Artù, essendo strettamente legato alla storia della Britannia e risalendo le prime fonti al periodo delle invasioni, quando la Britannia non era ancora cristiana, viene quasi sempre visto e immaginato in un mondo più celtico che nemmeno medievale anche se secondo noi si tratta di due mondi che nella storia della Britannia si completano a vicenda <a href="#_ftn8_5033" name="_ftnref8_5033">[8]</a>. Quando pensiamo a qualcosa di medievale lo associamo quasi sempre anche al cristiano, allora dovremmo far cominciare il Medioevo dall’anno 33 d.C. o direttamente all’anno zero; in realtà dobbiamo semplicemente cercare di ricordare e capire che la Britannia è sempre stata un mondo un po’ a sé, indipendente ed autonomo, anche nella tradizione e religione. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p> <h2><a name="_Toc442648646">I costumi dei personaggi</a></h2> <p align="center"><img title="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" src="https://lh3.googleusercontent.com/-XEk3orNVWoo/Vre95km7-MI/AAAAAAAAogI/TIjVDgW5YpQ/John_Collier_Queen_Guinevre%252527s_Maying_-_Ausschnitt%25255B11%25255D.jpg?imgmax=800" width="400" height="854"></p> <p align="center"> </p> <p>Il costume indossato da Ginevra è il <em>bliaud</em> del XII secolo, di colore bianco. Precisamente si tratta di una variante: sopra la camicia veniva indossato la tunica appunto nota come bliaud aderente intorno alla vita e con gonna svasata che arrivava fino a terra e così anche le maniche che lasciavano anche intravedere la manica della camicia. Attorno alla vita però, all’addome precisamente, veniva applicato una specie di corsetto molto stretto (non adatto in gravidanza) e poi veniva fissato dietro o ai fianchi. Alla vita era sempre portata la cintura, metallica o di tessuto. Anche la manica del bliaud poteva cambiare, in alcuni esempi era arricciata – come nel dipinto – e scendeva svasata, in altri casi era un po’ a sbuffo e poi svasata, insomma, ce n’erano varie di forme di questo abito. In testa Ginevra non porta una corona ma un semplice velo cinto da un cerchio dorato, probabilmente facente parte del tessuto del copricapo e i capelli lunghi e color rame sono raccolti in trecce lunghe secondo la moda del XII secolo. <p> <p align="center"><img title="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" src="https://lh3.googleusercontent.com/-Yj6i3kqnRR4/Vre96nLhB2I/AAAAAAAAogM/XXf-6oZYTsM/John_Collier_Queen_Guinevre%252527s_Maying_-_Ausschnitt%25255B20%25255D.jpg?imgmax=800" width="290" height="600"> <img title="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" src="https://lh3.googleusercontent.com/-bqKcsOXJ2E8/Vre97itpKFI/AAAAAAAAogQ/YlwbGGKuHgY/John_Collier_Queen_Guinevre%252527s_Maying_-_Ausschnitt%25255B30%25255D.jpg?imgmax=800" width="571" height="600"></p> <p> <p>I due uomini che tengono le redini del cavallo indossano l’uno (quello a destra di Ginevra, probabilmente uno scudiero) una tunica con cappuccio tipica un po’ di tutta la moda medievale maschile, specie nei ceti medio-bassi, anche se era molto diffusa nella seconda metà del XII secolo. Il secondo uomo, a sinistra di Ginevra, indossa invece un abito da nobile con fini decorazioni all’orlo della scollatura e delle maniche e a metà manica circa (lo stesso motivo si riproponeva anche nell’orlo del gonnellino della tunica). In testa il cavaliere, cosa probabilmente rara nella realtà storica, salvo non faccia parte di un costume inerente alla festività di Beltane, indossa una corona di fiori rosa. Dietro a Ginevra c’è un corteo che scompare alla vista dell’osservatore man a mano che si guarda una figura dietro l’altra. Il primo uomo è un giovane a cavallo (forse Lancillotto?) con capelli biondo scuri e mossi, corti, il volto coperto di barba; indossa una tunica che non si riesce a vedere bene ed il mantello lo porta allacciato su un lato e non in posizione davanti centrale. Dietro di lui, abbracciata per sostenersi, vi è una donna, probabilmente un’ancella che indossa un copricapo che non lascia intravedere i capelli. Si tratta di un copricapo abbastanza diffuso per il tutto il periodo medievale, specie per le figure servili femminili. <p> <p><img title="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin-left: auto; border-left: 0px; display: block; padding-right: 0px; margin-right: auto" border="0" alt="John_Collier_Queen_Guinevre's_Maying_-_Ausschnitt" src="https://lh3.googleusercontent.com/-bZgEq_ZkG4k/Vre98CTWrUI/AAAAAAAAogU/LC5qNq4yLro/John_Collier_Queen_Guinevre%252527s_Maying_-_Ausschnitt%25255B39%25255D.jpg?imgmax=800" width="324" height="600"> <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p> <h2><a name="_Toc442648647">Fonti bibliografiche</a></h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Culhwch%20ac%20Olwen">http://en.wikipedia.org/wiki/Culhwch ac Olwen</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Gildas">http://en.wikipedia.org/wiki/Gildas</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Guinevere">http://en.wikipedia.org/wiki/Guinevere</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Gwythyr%20ap%20Greidawl">http://en.wikipedia.org/wiki/Gwythyr ap Greidawl</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/May%20Day%20(English%20tradition">http://en.wikipedia.org/wiki/May Day (English tradition)</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Melwas">http://en.wikipedia.org/wiki/Melwas</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Welsh%20Triads">http://en.wikipedia.org/wiki/Welsh Triads</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia%20di%20Camlann">http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia di Camlann</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ginevra_%28letteratura%29">http://it.wikipedia.org/wiki/Ginevra (personaggio letterario)</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Storicit%C3%A0_di_re_Art%C3%B9">http://it.wikipedia.org/wiki/Storicità di Artù</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Triadi gallesi">http://it.wikipedia.org/wiki/Triadi gallesi</a></li></ul> <p> <ul> <li><i>Medieval Tailor's Assistant: Making Common Garments 1200-1500</i> di Sarah Thursfield. Quite Specific Media Group Ltd ed., 2001 – 224 pp.</li> <li><i>Historical costumes of England – From the Eleventh to the Twentieth Century</i> di Nancy Bradfield A.R.C.A. G.G. Harrap & Co. 3rd ed.</li> <li><i>English costumes. Vol I Early English e II Middle Ages</i> di Dion Clayton Calthrop. A. & C. Black ed. 1878</li> <li><i>Patterns for Theatrical Costumes: Garments, Trims, and Accessories from Ancient Egypt to 1915</i> di Katherine Strand Holkeboer. Drama Publishers ed., 1993 – 350 pp.</li></ul> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_5033" name="_ftn1_5033">[1]</a> La forma gallese del nome <i>Gwenhwyfar</i>, che sembra essere affine con il nome <i>Findabair</i> irlandese, può essere tradotto come "l'incantatrice bianca", o in alternativa "la fata bianca/il fantasma bianco", e non si esclude un collegamento con il mondo celtico. Alcuni hanno suggerito che il nome potrebbe derivare da "<i>Gwenhwy-fawr</i>" o "<i>Gwenhwy</i> <i>la</i> <i>Grande</i>", che contrasta il carattere di "<i>Gwenhwy-fach</i>", "<i>Gwenhwy</i> <i>la piccola</i>"; <i>Gwenhwyfach</i> appare nella letteratura gallese come sorella di Ginevra, ma nella sua edizione delle "<em>Triadi gallesi</em>", Rachel Bromwich afferma che questa è un'etimologia poco probabile. Goffredo di Monmouth, che per primo conia il nome Merlino, rende il suo nome in latino (anche se ci sono variazioni ortografiche, di cui molte si trovano nei suoi vari manoscritti, tra cui quelli della <i>Historia Regum Britanniae</i>). Giraldo del Galles la chiama "<i>Wenneuereia</i>". Il nome così come lo leggiamo oggi entra in gioco solo nel XV secolo. <p><a href="#_ftnref2_5033" name="_ftn2_5033">[2]</a> Sono un gruppo di testi tra di loro collegati, che si trovano in diversi manoscritti e che riportano frammenti del folklore gallese, della mitologia e della storia tradizionale, in gruppi da tre. I testi contengono riferimenti a re Artù e altre figure semi-storiche della Britannia post-romana, come Bran il Benedetto, Alano IV, duca di Bretagna, e anche figure antiche come Cassivellauno e Carataco. Alcune triadi si limitano ad accostare figure che hanno tratti in comune, mentre altre includono spiegazioni narrative. È probabile che la triade nascesse nell'ambito della poesia orale dei bardi gallesi, che la utilizzavano per comporre i loro versi e che in seguito divenne un importante strumento retorico per la letteratura gallese. Ad esempio, la storia medioevale Culhwch and Olwen ha preso prestiti da molte triadi. L’opera delle <em>Triadi gallesi</em> è stata datata al terzo quarto, dunque alla fine, del XIII secolo, ma si tratta delle fonti sopravvissute e conservate oggi presso la Biblioteca Nazionale del Galles e non è da escludersi che ne esistessero trascrizioni precedenti andate però perdute. <p><a href="#_ftnref3_5033" name="_ftn3_5033">[3]</a> La stessa donna era, a seconda della versione presa delle <em>Triadi</em>, figlia di una persona ogni volta diversa. In una versione sarebbe stata figlia Gwythyr ap Greidawl, un rivale di Gwyn ap Nudd, una divinità connessa con l'ultraterreno. Viene citato per la prima volta nel testo in prosa (datato al X secolo) Culhwch ac Olwen in cui sarebbe uno dei cavalieri di Artù, mandato dal re stesso ad assistere un suo cugino, Culhwch, nella ricerca di una donna, Olwen, di cui il giovane si sarebbe innamorato in virtù di una maledizione fattagli dalla matrigna, della quale aveva rifiutato le avances. In un’altra versione ancora sarebbe stata persino figlia di un uomo chiamato il Gigante: Gogfran Gawr. <p><a href="#_ftnref4_5033" name="_ftn4_5033">[4]</a> Secondo tradizione dovrebbe essere stata l’ultima battaglia di Artù, in cui egli morì. Alcuni storici dubitano persino che questa battaglia ci sia mai stata. Nella maggior parte dei racconti, la battaglia è stata causata da un cavaliere che, contro gli ordini, sguainò la spada per uccidere un serpente. Sguainare una lama era contrario alle regole della tregua. Così, i due eserciti caricarono. La tradizione in lingua gallese dice che la battaglia fu il risultato di una faida tra Artù e Medrod (Mordred), con origine in una lite tra Gwenhwyfar (Ginevra) e Gwenhwyfach, rispettivamente moglie e sorella di Artù. Per altri, invece, i due si sarrebbero affrontati per decidere chi avrebbe regnato sulla Britannia.Il più antico riferimento alla battaglia si trova negli Annales Cambriae, che riporta la data del 537: "lo scontro di Camlann nel quale Artù e Medraut (Mordred) morirono". I resoconti successivi si trovano nell'Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth e nella storia gallese "Il sogno di Rhonabwy".Per alcuni il luogo della battaglia potrebbe essere Queen Camel nel Somerset, che è nei pressi della fortezza vicino a South Cadbury (identificato da alcuni con Camelot), dove il fiume Cam scorre sotto la Camel Hill e l'Annis Hill. I luoghi più compatibili con la teoria di un Artù nordico sono Birdoswald o Castlesteads, vicino al Vallo di Adriano: la seconda località, in latino, si chiamava Camboglanna. Altre identificazioni proposte sono: il fiume Camel lungo il confine della Cornovaglia e il fiume Camlann, nell'Eifionydd (Galles). <p><a href="#_ftnref5_5033" name="_ftn5_5033">[5]</a> Gildas (c. 500-570) è stato un religioso britannico del VI secolo ed è una delle figure documentate della Chiesa cristiana nelle isole britanniche durante questo periodo. Viene identificato spesso come <i>Gildas Sapiens</i> (<i>Gildas il saggio</i>) e viene ricordato soprattutto per la sua opera nota come <i>De Excidio et Conquestu Britanniae</i>, che contiene racconti della storia della Gran Bretagna. È considerata la sola importante fonte per la storia di questo periodo. Esistono due versioni della <i>Vita di Gildas</i>: la prima scritta da un Monaco di Rhuys in Bretagna, probabilmente nel IX secolo, il secondo scritto da Caradoc di Llancarfan, amico e contemporaneo di Goffredo di Monmouth, composto nella metà del XII secolo. Caradoc, presumibilmente scrivendo a Llancarfan nel Galles, non menziona alcuna connessione con la Bretagna e alcuni studiosi, in particolare Frank Reno, credono che il Gildas di Bretagna e il Gildas di Rhuys siano due persone distinte pur completandosi a vicenda le due storie. <p><a href="#_ftnref6_5033" name="_ftn6_5033">[6]</a> Non dobbiamo immaginare un Artù fine ed elegante ma rozzo rispetto alle versioni del XII secolo dove Chretien ci porta in una corte delle meraviglie che non esisteva. <p><a href="#_ftnref7_5033" name="_ftn7_5033">[7]</a> Questo costume lo ritroviamo anche in epoche successive, non solo nel Medioevo. <p><a href="#_ftnref8_5033" name="_ftn8_5033">[8]</a> Anche in epoca medievale, pur immaginando un Artù più celtico che contemporaneo e avendo a disposizione le sole fonti scritte depositate in monasteri e la tradizione popolare, gli scrittori dovevano per forza di cose ambientare le loro storie nel loro mondo e nel loro tempo, giocando con la trama delle loro storie e compiacere i loro protettori. Spesso addirittura mescolavano elementi diversi della storia e della mitologia e delle cronache per raggiungere il loro scopo. Il problema del discernimento si è posto solo dopo, specie oggigiorno in cui ci si pone seriamente la domanda riguardo la storica esistenza di alcuni personaggi rispetto ad altri che sono chiaramente frutto della fantasia umana e dell’immaginario collettivo. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-59220787700472871542012-10-17T03:07:00.001-07:002016-02-08T05:24:08.638-08:00I dipinti di John Maler Collier<p><img style="float: left; margin: 0px 10px 10px 0px; display: inline" src="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/8d/Collier%2C_Marion_-_Portrait_of_John_Collier_-_circa_1882-1883.jpg" width="320" align="left" height="400">John Maler Collier (27 gennaio 1850 – 11 aprile 1934) è stato uno scrittore e pittore britannico, membro della Confraternita dei Preraffaelliti. Egli è stato uno dei principali pittori della sua generazione. Si è sposato due volte: entrambe le mogli erano figlie di Thomas Henry Huxley <a href="#_ftn1_3646" name="_ftnref1_3646">[1]</a>. La collezione dei dipinti di Collier esposti alla National Portrait Gallery (Londra) è debole, ma di recente (2007) è stato acquistato il ritratto della sua prima moglie dipinto da lui. Collier ha dipinto numerosi ritratti di membri della famiglia e anche alcuni scienziati tra cui Charles Darwin, William Kingdon <a href="#_ftn2_3646" name="_ftnref2_3646">[2]</a> Clifford, James Prescott Joule <a href="#_ftn3_3646" name="_ftnref3_3646">[3]</a> e Michael Foster <a href="#_ftn4_3646" name="_ftnref4_3646">[4]</a>. Di questo pittore non sappiamo molto, a parte la corrente artistica, sono oggi note le sue idee sulla relirgione e l’etica, molto vicine all’agnosticismo <a href="#_ftn5_3646" name="_ftnref5_3646">[5]</a>. Facendo parte della Confraternita dei Preraffaelliti, tra i suoi dipinti non mancano soggetti ripresi dalla mitologia, anche medievale e noi ne abbiamo scelti due: <p> <ul> <li><a href="http://oltreildipintoelastoria.blogspot.it/2012/10/guineveres-maying.html" target="_blank">Guinevere's Maying</a></li> <li><a href="http://oltreildipintoelastoria.blogspot.it/2012/10/la-bella-addormentata.html" target="_blank">Sleeping Beauty</a></li></ul> <p> <p>Ce ne sarebbero altri, ma spesso i Preraffaeliti sceglievano lo stesso tema rappresentandolo in diverso modo e noi volevamo trattare ogni pittore per le sue opere originali e non quali comune denominatore con altri artisti. Colliner fece anche una sorta di ritratto di dama di fine XV secolo: The Grand Lady che presenta però un costume più sul genere fantasy che simile alle versioni storiche dei cappelli tipo fata. Tra gli altri soggetti rappresentati da Colliner si ricordano quelli delle saghe mitologiche del mondo classico e in ultimo Lady Godiva, ispirato alle leggende nordiche e vissuta, secondo la leggenda nel X secolo d.C. e per costringere il marito ad abbassare le tasse avrebbe cavalcato per la sua città completamente nuda e vestita dei suoi capelli. Lady Godiva abbiamo deciso di non comprenderla perché aggiungeremo a fine progetto un dipinto di Leighton che la ritrae e racconteremo la sua storia. <p> <h2>Fonti bibliografiche:</h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/John%20Collier">http://en.wikipedia.org/wiki/John Collier</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Agnosticismo">http://it.wikipedia.org/wiki/Agnosticismo</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/James%20Prescott%20Joule">http://it.wikipedia.org/wiki/James Prescott Joule</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/John_Collier">http://it.wikipedia.org/wiki/John Collier</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/William Kingdon Clifford">http://it.wikipedia.org/wiki/William Kingdon Clifford</a></li></ul> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_3646" name="_ftn1_3646">[1]</a> Dalla prima moglie ebbe una figlia e rimase vedovo quando lei si ammalò di polmonite nel 1887; successivamente ne sposò la sorella minore con la quale ebbe due figli. <p><a href="#_ftnref2_3646" name="_ftn2_3646">[2]</a> È stato un matematico e filosofo britannico. <p><a href="#_ftnref3_3646" name="_ftn3_3646">[3]</a> Fu un fisico britannico. Si dedicò sin da giovane a ricerche scientifiche che eseguiva cercando di spingere all'estremo limite l'accuratezza e la precisione delle misurazioni. Si interessò del calore e delle sue connessioni con l'elettricità e la meccanica. A 25 anni effettuò il primo tentativo di definire l'unità di misura della corrente elettrica, attualmente rappresentata dall'ampere. Joule enunciò ad un congresso in Irlanda il principio noto come equivalente meccanico del calore. Grazie alle sue sperimentazioni (e usando uno strumento che prende il suo nome) dimostrò che calore e lavoro meccanico potevano convertirsi direttamente l'uno nell'altro, mantenendo però costante il loro valore complessivo. <p><a href="#_ftnref4_3646" name="_ftn4_3646">[4]</a> Fisiologo britannico e membro del Parlamento <p><a href="#_ftnref5_3646" name="_ftn5_3646">[5]</a> In generale il termine agnostico (dal greco a-gnoskein let non sapere) indica un atteggiamento concettuale con cui si sospende il giudizio rispetto a un problema, poiché non se ne ha, o non se ne può avere, sufficiente conoscenza. In senso stretto è l'astensione sul problema del divino. L'agnostico afferma cioè di non sapere la risposta, oppure afferma che non è umanamente conoscibile una risposta e che per questo non può esprimersi in modo certo sul problema esposto. Nello specifico questa posizione è solitamente assunta rispetto al problema della conoscenza di Dio. In forme del tutto secondarie e in disuso può anche riguardare l'etica, la politica o la società. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-87662435441152893912012-10-17T01:53:00.001-07:002017-02-15T11:16:42.783-08:00The Meeting on the Turret Stairs<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442703685">Il pittore</a> </li> <li><a href="#_Toc442703686">Il dipinto: la storia di Hellelil e Hildebrand</a> </li> <li><a href="#_Toc442703687">Burton, Morris e le Child Ballads</a> </li> <li><a href="#_Toc442703688">I personaggi storici: il prode William e la sua bella prigioniera…</a> </li> <li><a href="#_Toc442703689">I costumi dei personaggi</a> </li> <li><a href="#_Toc442703690">Fonti bibliografiche</a></li></ul> <p> <h2><a name="_Toc442703685">Il pittore</a></h2> <p><img style="float: left; margin: 0px 10px 0px 0px; display: inline" src="http://lh6.ggpht.com/-n8dVttPIFjw/UH5xsT-CyMI/AAAAAAAAXyM/KbXR6Ujo_Vs/498px-Sir_Frederic_William_Burton_by_Henry_Tanworth_Wells%25255B8%25255D.jpg?imgmax=800" width="300" align="left" height="361">Sir Frederick William Burton (8 aprile 1816 – 16 marzo 1900) è stato un pittore irlandese. Fu direttore della National Gallery di Londra. <p>Frederick William Burton nacque nel 1816 in Irlanda, nel paese di Corofin, nella contea di Clare. Suo padre, Frederick Mallet Burton, era un pittore amatoriale di paesaggi ed incoraggiò il talento di suo figlio inviandolo nel 1826 a Dublino dove apprese nuove tecniche grazie all'apprendistato presso il pittore Samuel Frederick Brocas. Nel 1837, a soli ventuno anni, Burton divenne membro della Royal Hibernian Academy divenendone poco dopo accademico nel 1839. Nel 1840 presentò il suo primo dipinto The Blind Girl at the Holy Well alla Royal Hibernian Academy. Nel 1842 si recò in Inghilterra, dove espose alcuni suoi lavori nella Royal Academy di Londra. Nel 1851 si recò in Germania e più precisamente in Baviera, prima di una lunga serie di visite in gran parte dell'Europa, che gli fornì una buona cultura artistica. Nel 1874 venne nominato direttore della National Gallery di Londra come successore di Sir William Boxall. Come direttore del museo, Burton diede un fondamentale contributo all'acquisizione di prestigiose opere d'arte come la Vergine delle Rocce di Leonardo e il Ritratto di Carlo I a cavallo di Antoon van Dyck. Tra le altre opere, lavori di Raffaello, Hans Holbein il Giovane, Diego Velázquez e di numerosi pittori italiani del Rinascimento. Durante il periodo di direzione di Burton, la galleria ottenne circa cinquecento nuove opere. Dopo la sua morte Burton venne seppellito nel cimitero di Mount Jerome. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2> </h2> <h2> </h2> <h2> </h2> <h2><a name="_Toc442703686">Il dipinto: la storia di Hellelil e Hildebrand</a></h2> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-glc0ruYou6E/VriWEinJ1PI/AAAAAAAAoh0/l4uq-Ic3QDY/The%252520Meeting%252520on%252520the%252520Turret%252520Stairs1%25255B3%25255D.jpg?imgmax=800" width="650" height="1012"></p> <p> </p> <p>L’omonimo quadro del pittore inglese Frederick William Burton, noto come <i>The Meeting on the Turret Stairs</i> e tradotto come <i>Incontro sulle scale della torre</i>, è ispirato ad una ballata medievale: <i>Earl Brand</i>. Il pittore, artista, editore e poeta Morris alla fine del XIX secolo ne parlava in una delle sue raccolte di poesie “<i>Poems by the Way</i>”; poesie che hanno in molti casi per oggetto storie ispirate a ballate del periodo medievale. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442703687">Burton, Morris e le Child Ballads</a></h2> <p>Il testo di Morris, cui si ispira molto probabilmente il dipinto di Burton, fa riferimento ad una ballata <a href="#_ftn1_8910" name="_ftnref1_8910">[1]</a> che a sua volta fa parte di una serie di ballate tradizionali anglosassoni con alcune varianti irlandesi. Alcune di queste ballate sono state rielaborate nei secoli, specie nel XVII e XVIII per cui abbiamo varie versioni della stessa storia. Le ballate furono unite solo nel XIX secolo in un’unica opera da Francis James Child, nota come <i>Child Ballads. </i>La raccolta vanta oltre trecento ballate, numerate progressivamente e le cui varianti vengono indicate con le lettere dell’alfabeto (a, b, ecc.) e <i><font color="#ff0000">non si tratta affatto</font></i> di racconti per l’infanzia (<i><font color="#ff0000">child</font></i> in inglese significa anche bambino, figlio, ma il nome della raccolta deriva direttamente dal cognome dell’autore) avendo per oggetto tematiche piuttosto forti e adatte ad un pubblico adulto, con una minima preparazione scolastica o accademica. L’ambientazione, il tempo e l’aspetto dei personaggi sono affidati soltanto a dei flash o a pochi accenni casuali; i personaggi, compresi a volte i protagonisti, saltano letteralmente fuori dal nulla quando sono necessari, e scompaiono in modo altrettanto brusco quando hanno esaurito la loro funzione narrativa. I mutamenti di scena e di luogo avvengono all’improvviso, senza alcuna connessione o spiegazione; talvolta una scena si apre nel bel mezzo di un’altra. Il passaggio tra la narrazione ed il dialogo avviene invariabilmente ad un punto cruciale e "strategico" della storia e, per mantenersi in linea con l’andamento vivido della narrazione, il dialogo è chiaro e preciso; non c’è nessun commento, nessuna parola viene sprecata ed anche gli intercalari ("dice", "disse" ecc.) sono ridotti al minimo e quasi sempre appaiono solo per mantenere il ritmo del verso. Spesso, anzi, si è costretti a ricorrere alla logica (e quindi è necessario aver seguito bene lo svolgimento dell’azione) per capire chi è che sta parlando. Altre caratteristiche salienti delle ballate sono il linguaggio estremamente stereotipato <a href="#_ftn2_8910" name="_ftnref2_8910">[2]</a>, la tecnica della ripetizione progressiva e del parallelismo, l’uso frequente dell’iperbole <a href="#_ftn3_8910" name="_ftnref3_8910">[3]</a> e dell’eufemismo <a href="#_ftn4_8910" name="_ftnref4_8910">[4]</a>. Quanto agli argomenti, la stragrande maggioranza delle ballate anglo-scozzesi catalogate dal Child è incentrata su fatti di cronaca che si potrebbero definire da giornalismo popolare: storie di tradimenti, vendette e crimini domestici. L’incesto <a href="#_ftn5_8910" name="_ftnref5_8910">[5]</a>, accidentale o consapevole, è all’ordine del giorno. L’opposizione della famiglia ad una relazione amorosa è il <em>casus belli </em><a href="#_ftn6_8910" name="_ftnref6_8910">[6]</a> in decine di ballate, tragiche o d’altro genere. In tali contesti, il teorema freudiano si applica alla perfezione: i padri si oppongono al matrimonio delle figlie, le madri cercano di mettere i bastoni fra le ruote ai figli oppure, se non ce la fanno, tormentano invariabilmente le nuore indesiderate, spesso, se sono "esperte" del settore, servendosi di artifici magici (come ad esempio in <i>Willie’s Lady</i>). <p> <p>La storia di Hellelil e Hildebrand parla di un re che ha otto figli: sette maschi ed una femmina, Hellelil. Il protagonista è in vero la guardia del corpo della fanciulla e i due si innamorano, ma vengono scoperti. Il padre di lei ordina ai figli di uccidere l’inglese (anche se il nome <i>Hildebrand </i>ha origini più germaniche) che non si fa certo intimorire e ne sconfigge ben sei. L’amata però chiede di risparmiare il fratello più giovane e per non morire di disonore lui si uccide e lei morirà a seguito dal dolore della perdita dell’amato. Come tutte le ballate di questo genere, grosso modo risalenti tutte al periodo medievale, la storia riprende un fatto di cronaca, trasformato poi in fiaba o leggenda. I personaggi delle ballate, come vedremo a seguito, specie il protagonista maschile, ha nome Douglas, ma spessissimo è noto come William o con un suo diminutivo. I personaggi storici sarebbero due amanti inseguiti e poi braccati, tali un nobile noto come William e una certa Lady Margaret, nota nelle ballate sia con questo nome ma anche con altri come Anna, Annie o Elinor (dall’inglese <i>Eleanor, </i>da cui potrebbe essere stato creato il nome<i> Hellelil).</i> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442703688">I personaggi storici: il prode William e la sua bella prigioniera…</a></h2> <p>Ci siamo presi la briga di voler andare a vedere chi fossero e quando fossero vissuti. Douglas è un nome maschile tipico scozzese, ma è anche una regione della Scozia meridionale che tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo divenne una contea importante. Più che al nome di persona dovremmo quindi pensare che il nome della città si stato usato quasi come un soprannome del personaggio e ci siamo concentrati sul nome <i>William </i>e la nostra indagine ci ha portati ad inquadrare (con piccoli margini d’errore) i reali personaggi storici della vicenda. Si tratta di un nobile scozzese della Casata dei Douglas e di una nobile inglese… <p> <p>Orbene, i conti di Douglas non solo sono tanti con il nome William, ma contano persino origini mitologiche che dall’VIII sec. a.C. arrivano fino a Carlomagno e quando la storia di un casato comincia così, è inevitabile, nella maggior parte dei casi, che i personaggi storici finiscano in un racconto o in una ballata e trasformati in eroi leggendari. Inizialmente i Douglas non erano conti (in inglese <i>earl, </i>titolo anche della ballata <i>earl Brand</i>) ma solo signori (<i>lords)</i> della regione omonima, situata nel sud della Scozia. <p> <p>Il primo della casata dei Douglas fu William I (fine del XII secolo) che avrebbe sposato una delle sorelle di un tale Freskin of Kerdal ed ebbe con lei ben sei figli maschi ed una femmina, Margaret che però sposò uno scozzese e quindi non può essere stata lei la nostra eroina. L’erede di William I fu Archibald che sposò una Margaret ma egli non è rientrato in alcuna vicenda di cronaca drammatica da meritare di finire in una ballata. Proseguendo nella genealogia dei signori di Douglas fino ad oltre il XIII secolo si trova un solo personaggio di nome William con vicende simili al fatto di cronaca che divenne leggenda. William 'The Hardy', cioè, l’Ardito, Signore di Douglas è del XIII secolo. Nato probabilmente dopo il 1243, era figlio di William Longleg (cioè <i>gambalunga</i>) e della sua seconda moglie Costanza. Della sua infanzia e gioventù sappiamo poco e le fonti non sono chiare sulla sua presunta partecipazione all’ottava crociata del 1270, molti sostengono che sia stato suo padre e non lui a parteciparvi (<i>Chronica Gentis Scotorum). </i>I primi movimenti di William Hardy sono di difficile ricostruzione, ma un documento lo vede attivo già nel 1256 (a soli 13 anni) in una questione riguardante una disputa delle terre dei Douglas, con i loro vicini di Angus. Nel 1274 muoiono il padre, William Longleg, il fratello maggiore, Hugh, e così il nostro William si ritrovò ad avere tutti i beni e i titoli di famiglia in una volta sola. I documenti che lo riguardano fanno un notevole salto temporale e lo ritroviamo nel 1288 già cavaliere (aveva ventisette anni); in quell'anno egli fu chiamato alle armi da Andrew de Moray perché imprigionasse il proprio zio Sir Hugh de Abernethy presso il castello di Douglas. Abernethy era colpevole dell'omocidio di Donnchadh III, Conte di Fife, uno dei sei <i>Guardiani di Scozia </i><a href="#_ftn7_8910" name="_ftnref7_8910">[7]</a>. <p> <p>Abernethy morì durante la prigionia nonostante i tentativi di Edoardo I d'Inghilterra di ottenere il suo rilascio. William, dal 1289, viene sempre nominato come Signore di Douglas, quindi un Lord. Quanto alla vita matrimoniale e amorosa di quest’uomo ardito, possiamo dire, che fu piuttosto movimentata. Nel 1288 la sua prima moglie morì di parto dopo aver dato alla luce un maschio, James; il quale diverrà un condottiero noto anche come <i>Black Douglas</i> e sarà uno dei sostenitori di William Wallace per l’indipendenza della Scozia dall’Inghilterra. Lo stesso anno della morte della moglie, William non si ritirò certo in casa a cullare il suo erede, piuttosto, si dedicò alla conquista. Insieme ad un altro cavaliere assediò il castello di Fa'side, presso Tranent. Il maniero era in mano ad Alan la Zouche, I barone la Zouche di Ashby ed alla di lui moglie Eleanor, insieme a loro viveva una giovane vedova Eleanor de Lovaine, discendente di Goffredo III di Lovaine e alla quale re Edoardo I d'Inghilterra aveva dato una discreta dote vedovile. Il marito defunto della giovane non aveva avuto terre solo in Inghilterra, ma anche in Scozia ed Eleonora era salita al nord per riscuotere le proprie rendite, valutata la situazione William rinunciò a razziare il castello preferendo rapire la bella vedova. Pare che Eleonora non fu così scossa o disgustata dal suo rapimento e successivamente pare che lo sposò, ma re Edoardo non fu dello stesso avviso. Il sovrano ordinò allora allo Sceriffo del Northumberland di porre d'assedio tutte le proprietà dei Douglas e di arrestarlo qualora se ne fosse presentata l'occasione. Per essere sicuro di averli fra le mani, Edoardo I mise in oltre in movimento i Guardiani di Scozia ordinando loro di arrestare William e la moglie, ma i Guardiani però non si mossero affatto, William infatti aveva degli agganci entro le loro fila, James Stewart era suo cognato, mentre Alexander Comyn, Conte di Buchan era il cognato di Eleonora, d'altro canto un ordine tanto perentorio dal re d'Inghilterra non poteva averli di certo ben disposti. William non scappò, però, dalla prigionia. Nei primi mesi del 1290 venne incarcerato presso il castello di Knaresborough. La cattività durò davvero poco, in maggio fu liberato dopo che la moglie ebbe spedito una cauzione attraverso quattro emissari, tutti cugini della donna. Edoardo I d'Inghilterra non sembrò serbare ulteriore rancore per William tanto che gli vennero restituite tutte le terre che erano state confiscate precedentemente. La leggenda di Hellelil e Hildebrand basata sulla ballata <i>Earl Brand</i> deve per forza di cose essere stata tratta dal rapimento fortunato di William nei confronti di Eleanor e le coincidenze con altre ballate conferma questa tesi. <p> <p>Francis James Child a cui si deve la paternità della messa in opera della raccolta di tutte le ballate in un’unica opera, parla anche di una versione della ballata nota anche come <i>Fair Margaret and Sweet William, </i>molto simile come trama, ma basata su una ballata originale diversa, la numero 74 che ha il titolo omonimo. Anche le ballate 77 <i>“Sweet William's Ghost” </i>e 8 “<i>Erlinton</i>” potrebbero essere basate sulla vicenda di cronaca detta sopra. In vero molte ballate hanno tutte come protagonista un <i>William</i>, talvolta noto anche come Willi (ballata 6, <i>Willi’s Lady) o Billy</i> (diminutivo di William, Ballata n.5, Gil Brenton e ballata n. 110 <i>The Knight and the Shepherd's Daughter</i>) e la vicenda è sempre circa la stessa con le tematiche dell’amore, visto però dal punto di vista non emotivo ma fisico. <p> <p>Il protagonista maschile in una ballata viene anche nominato Thomas che a sua volta era, guarda caso, chiamato Willie (<i>Lord Thomas and Fair Annet</i>, ballata n. 73) e deve trattarsi sempre della stessa identica persona. La protagonista femminile, invece, sembra cambiare di tanto in tanto e prende a volte il nome di Margaret, altre volte come nell’ultima ballata citata è chiamata anche Anne, Annie o Elinor (versione scozzese del nome Eleonora). Nelle ballate il matrimonio tra il protagonista e la protagonista è sempre un problema non piccolo, un amore contrastato che va a finire nel sangue perché il protagonista maschile storico fu infine catturato, dopo una fatale ribellione a favore della Scozia, e pare che morì nelle prigioni della Torre di Londra alla fine del XIII secolo (1298 ca). Da Eleanor ebbe due figli maschi. Nelle ballate citate qui sopra è possibile intravedere il fatto di cronaca, specie il rapimento e la relazione non approvata dei due, da nessun partito, ad eccezione dei Guardiani di Scozia con i quali erano in buoni rapporti poiché anche nei racconti stessi vi è spesso il rapimento quale <i>casus belli</i>, addirittura in alcune ballate il protagonista maschile non usa mezzi termini nel chiedere alla fanciulla di giacere con lui o vi giace e concepisce con lei un figlio, illegittimo. La versione più vicina alla fiaba è quella che si ritiene l’unica passibile ad un pubblico generale anche non preparato, essendo anche più soft, raccontata come leggenda in cui la guardia del corpo si innamora della bella principessa, ma il loro amore è contrastato e i due finiscono per morirne. Forse Eleanor non si disperò così nella realtà storica quando il suo sposo morì nelle prigioni di Londra a soli 55 anni. Purtroppo nelle ballate il lieto fine non esiste quasi mai, erano racconti per adulti per tempi freddi come la loro morale. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442703689">I costumi dei personaggi</a></h2> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-cCYFgBqBqQM/VriWGb8YxxI/AAAAAAAAoh4/YIk1QCRq2xw/The%252520Meeting%252520on%252520the%252520Turret%252520Stairs1%25255B11%25255D.jpg?imgmax=800" width="500" height="1296"></p> <p> </p> <p>I costumi non sono fedeli alla probabile storia di cronaca a cui sia la ballata sia la storia di Morris si ispirerebbero. Il costume di Hellelil è una variante del Bliaud del XII secolo con maniche svasate <a href="#_ftn8_8910" name="_ftnref8_8910">[8]</a>, foderate di pelliccia bianca e morbida che quasi toccano terra e la gonna verso il basso è decorata con ricami che ricordano motivi celtici, i cosiddetti knot celtici. <p> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-97GEJt-ZwO8/UH5x2Dk6IXI/AAAAAAAAXyk/6eePxa_2V6E/The%252520Meeting%252520on%252520the%252520Turret%252520Stairs1%25255B33%25255D.jpg?imgmax=800"> <p align="center"> <p>Hildebrand invece indossa un costume tipico del soldato di guardia: sopra il vestito intimo indossa la cotta di maglia con camaglio, e sopra a questo è indossata una tunica finemente elaborata con immagini di animali e creature mitologiche (vedi ingrandimento). <p align="center"> <p align="center"><img src="http://lh6.ggpht.com/-fkwWKom2-OY/UH5x3RSSPzI/AAAAAAAAXys/mUD1ApuDXtY/The%252520Meeting%252520on%252520the%252520Turret%252520Stairs1%25255B43%25255D.jpg?imgmax=800"> <img src="http://lh4.ggpht.com/-EwjeNG3eU9Q/UH5x4-Nu9XI/AAAAAAAAXy0/X4Lc708GOFY/The%252520Meeting%252520on%252520the%252520Turret%252520Stairs1%25255B52%25255D.jpg?imgmax=800"> <p align="center"><em>Figura 1 – Ingrandimento del dipinto. Si vede (anche se non troppo chiaramente) che la creatura raffigura entro il cerchio della tunica che compone la trama del tessuto, una sirena. La sirena è presente nell’araldica, anche se non si incontra molto spesso.</em> <p> <p>Da scavi di Londra degli anni ’80 sono riemersi alcuni frammenti simili di indumenti che facevano parte di una serie di reperti datati a partire dal XI fino al XV secolo. Qui di sotto si trova l’immagine di una tunica appartenuta ad Edoardo il Confessore e ritrovata nella sua tomba, nell’Abbazia di Westminster. In genere questo tipo di tuniche era realizzato con pura seta, proveniente dall’Oriente <a href="#_ftn9_8910" name="_ftnref9_8910">[9]</a>, e solo i sovrani potevano permettersela o chi comunque aveva buone possibilità economiche. <p> <p align="center"><img src="http://lh4.ggpht.com/-PTdWUHyrXBc/UH5x6VCc6YI/AAAAAAAAXy8/qVJy5PToIs0/image%25255B4%25255D.png?imgmax=800"> <p align="center"><em>Figura 2 - Textiles and Clothing, C.1150-C.1450 di Elisabeth Crowfoot, Frances Pritchard, Kay Staniland. Boydell Press, ed. 2006 – pag. 107. </em> <p> <p> <p>Infine nel dipinto il soldato indossa delle brache tenute saldamente stretta da lacci che partono dalle scarpe, fatte in pelle e appuntite sul davanti, e si intrecciano lungo il polpaccio fin circa al ginocchio. Realizzare una tunica con una trama simile non è facile e dunque l’alternativa per ricreare una riproduzione fedele è ricamare il disegno. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442703690">Fonti bibliografiche</a></h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Earl_of_Douglas">Earl of Douglas</a>, Wikipedia, ENG </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Fair_Margaret_and_Sweet_William">http://en.wikipedia.org/wiki/Fair Margaret and Sweet William</a>, Wikipedia, ENG </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/The_Knight_and_the_Shepherd%27s_Daughter">http://en.wikipedia.org/wiki/The Knight and the Shepherd's Daughter</a>, Wikipedia, ENG </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/William_the_Hardy,_Lord_of_Douglas">http://en.wikipedia.org/wiki/William_the_Hardy,_Lord_of_Douglas</a>, Wikipedia, ENG </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Willie%27s_Lady">http://en.wikipedia.org/wiki/Willie's Lady</a>, Wikipedia, ENG </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Child_Ballads">http://it.wikipedia.org/wiki/Child_Ballads</a>, Wikipedia, ITA </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Frederick_William_Burton">http://it.wikipedia.org/wiki/Frederick_William_Burton</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Guardiano_di_Scozia">http://it.wikipedia.org/wiki/Guardiano_di_Scozia</a>, Wikipedia, ITA </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/James_Douglas_%28condottiero%29">http://it.wikipedia.org/wiki/James Douglas condottiero</a>, Wikipedia, ITA </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Seta">http://it.wikipedia.org/wiki/Seta</a> - Wikipedia, ITA </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Sir_William_Douglas_the_Hardy">http://it.wikipedia.org/wiki/Sir_William_Douglas_the_Hardy</a>, Wikipedia, ITA </li> <li><a href="http://www.sacred-texts.com/neu/eng/child/ch007.htm">http://www.sacred-texts.com/neu/eng/child/ch007.htm</a> – altro sito per il testo della ballata </li> <li><a href="http://www.springthyme.co.uk/ballads/balladtexts/07_EarlBrand.html">http://www.springthyme.co.uk/ballads/balladtexts/07_EarlBrand.html</a> – testo della ballata, in due versioni possibile ricavate probabilmente da frammenti di manoscritti medievali </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/William_I,_Lord_of_Douglas">William I, Lord of Douglas</a>, Wikipedia, ENG </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/William_Morris">William Morris</a>, Wikipedia, ITA</li></ul> <p> <ul> <li><em>Textiles and Clothing, C.1150-C.1450</em> di Elisabeth Crowfoot, Frances Pritchard, Kay Staniland. Boydell Press, ed. 2006 - 223 pp. </li> <li>Dizionario Devoto-Oli, LeMonnier, 2000</li></ul> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_8910" name="_ftn1_8910">[1]</a> Componimento letterario in versi di origine popolare (detto anche canzone a ballo), , costituito da più stanze cui si alterna un ritornello. Può essere anche inteso come un racconto in versi di carattere fantastico, originario dell'Inghilterra (sec. XVIII), dove il termine ballad prese a designare gli antichi canti popolari narrativi scozzesi. In musica, componimento che prende il nome dal testo poetico su cui si svolge il canto. <p><a href="#_ftnref2_8910" name="_ftn2_8910">[2]</a> Impersonale, inespressivo. In linguistica, lo stesso che luogo comune o frase fatta. <p><a href="#_ftnref3_8910" name="_ftn3_8910">[3]</a> Riferimento metaforico volutamente alterato sul piano della quantità sia per eccesso sia per difetto. Sin. Esagerazione <p><a href="#_ftnref4_8910" name="_ftn4_8910">[4]</a> La sostituzione di un'espressione propria e abituale con una attenuata o alterata, suggerita da scrupolosità. Contrario dell’Iperbole. <p><a href="#_ftnref5_8910" name="_ftn5_8910">[5]</a> Secondo Jean Markale, l’incesto non era un argomento tabù più di quanto lo si creda oggi, in riferimento al periodo medievale. Anzi, secondo Markale, esso era l’argomento spesso mascherato tra le righe, volutamente, dai poeti dell’età cortese, in riferimento alle mitologie arturiane ed alla letteratura altomedievale e con più era trasgressivo e con più i lettori lo ricercavano. <p><a href="#_ftnref6_8910" name="_ftn6_8910">[6]</a> È una locuzione latina il cui significato letterale è occasione della guerra. L'espressione viene spesso usata per indicare un evento addotto a motivazione ufficiale per la dichiarazione di guerra, solitamente diverso o secondario, rispetto alle motivazioni economiche, politiche e sociali che gli storici indicano essere alla base di un determinato conflitto. <p><a href="#_ftnref7_8910" name="_ftn7_8910">[7]</a> I Guardiani di Scozia erano de facto i capi di stato scozzesi. <p><a href="#_ftnref8_8910" name="_ftn8_8910">[8]</a> Questo tipo di svasatura delle maniche è più comune nel XII secolo anche se la manica svasata in generale non è riferibile ad un periodo della moda medievale piuttosto che un altro. <p><a href="#_ftnref9_8910" name="_ftn9_8910">[9]</a> La seta era già nota dai tempi dei Romani anche se la sua cultura risale solo al VI secolo a partire da Bisanzio e poi dal XII secolo la sua produzione si estese anche al resto d’Europa. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-72547881163481780042012-10-16T08:32:00.001-07:002016-02-08T02:43:04.938-08:00La Belle Dame de Saint-Merci<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442694874">Il pittore</a></li> <li><a href="#_Toc442694875">L’opera che ispirò l’opera</a></li> <li><a href="#_Toc442694876">Il dipinto e i costumi</a></li> <li><a href="#_Toc442694877">Fonti bibliografiche</a></li></ul> <p> <p><em>La Belle Dame de Saint-Merci</em> è il solo titolo che abbiamo scelto tra le opere di Frank Dicksee. <p> <h2><a name="_Toc442694874">Il pittore</a></h2> <p><img style="float: left; margin: 0px 10px 5px 0px; display: inline" src="http://lh3.ggpht.com/-ppEOR-U9mvM/UH191QHcyQI/AAAAAAAAXv0/67nj2o-p93M/image%25255B3%25255D.png?imgmax=800" align="left">Sir Frank Bernard Dicksee fu un pittore e illustratore britannico, che divenne anche Presidente della Royal Academy. Nacque da una famiglia di artisti: il padre e il fratello erano entrambi pittori. Dicksee è principalmente noto per i suoi soggetti a carattere storico e mitologico. Sebbene non facesse parte della Confraternita dei Preraffaelliti, molti suoi lavori possono essere considerati come opere preraffaellite. Nel 1870 entrò alla Royal Academy ed ottenne i primi successi nazionali; nel 1891 entrò come membro della Royal Academy e nel 1924 ne divenne Presidente. Nel 1925 fu fatto baronetto e re Giorgio V lo ammise nell’Ordine Reale Vittoriano. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442694875">L’opera che ispirò l’opera</a></h2> <p>Il dipinto si ispira ad una ballata tardo medievale del XV secolo, scritta da Alain Chartier <a href="#_ftn1_4675" name="_ftnref1_4675">[1]</a>, un poeta francese e ripresa nel XIX secolo da John Keats in due versioni tra loro simili. Il poema di Chartier racconta di un cavaliere che durante una cavalcata si ritrova in una terra desolata e incontra una donna bellissima che gli si avvicina e se innamora all’istante dopo averla guardata: essa era bella come una fata ma aveva occhi selvaggi. La fa salire sul cavallo e la conduce e nel mentre lei canta, camminano ancora, senza meta e lui crea per lei corone e bracciali di fiori profumati e poi giungono davanti ad una grotta, forse dice il cavaliere nell’opera di Keats nella grotta degli elfi e li la donna piange e lo culla, dispera e dice in lingua straniera che lo ama. Il cavaliere cede alle carezze e si addormenta per poi svegliarsi tutto solo, infreddolito e con pallore di morte nella stessa landa dove l’aveva incontrata. Dice il cavaliere che vedeva come fantasmi, re e principi pallidi dirgli “La bella dama senza pietà ti ha reso schiavo”. Chartier sicuramente si rifece alla tradizione popolare ed orale per creare il suo poema, se non addirittura la mise direttamente in forma scritta; o forse voleva essere al suo tempo una sorta di “frecciata politica” rivolta verso gli uomini nobili e i principi che si facevano subdolamente sedurre da donne senza nome e senza terra, straniere che erano capaci per un capriccio di far fare agli uomini qualsiasi cosa. La mitologia celtica e non solo è ricca di queste creature e anche la cronaca storica, a dire il vero, perché è il periodo di Chartier è forse quello più delicato per la Francia afflitta della Guerra dei Cento Anni, una Francia venduta al nemico da una regina traditrice, secondo la profezia di una sibilla, Isabella di Baviera <a href="#_ftn2_4675" name="_ftnref2_4675">[2]</a>: una donna distruggerà la Francia ed una vergine la salverà. In vero ancora una volta, la verità è importante, di donne che tentarono di distruggere la Francia ce ne furono tantissime e anche dopo che venne la vergine a salvare la madre patria che per tutto ringraziamento l’arse al rogo per farla santa quasi cinquecento anni dopo. La figura della fata o creatura del popolo fatato è parte integrante della mitologia celtica, più delle Isole Britanniche che delle regioni della Gallia. Più si va indietro nel tempo, anche con la mitologia e più salterebbero fuori cose strampalate che ci porterebbero anche fuori tema, dunque meglio fermarsi e rimanere nel nostro contesto. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442694876">Il dipinto e i costumi</a></h2> <p align="center"><img src="http://lh3.ggpht.com/-f58n5F2jOoA/UH193xC-uGI/AAAAAAAAXv8/n4JZrut22WE/Dicksee-la%252520belle%252520dame%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800"></p> <p align="center"> </p> <p>Come Leighton e a differenza di Waterhouse anche Dicksee ci teneva molto al dettaglio nei suoi dipinti e nel ritrarre i personaggi, tanto che pare di vedere delle fotografie, anche se bisogna dire che l’abito della donna non è ricchissimo in dettagli, al contrario dell’armatura del cavaliere. Lo sfondo raffigurato è quello delle campagne inglesi descritte anche nelle poesie romantiche, in primo piano risaltano i cespugli di rose, fiore presente in tutte le specie e varietà nei giardini inglesi del XIX secolo, forse una nota romantica del pittore. L’abito della donna è una variante del bliaud del XII secolo, con maniche svasate e non a buffo; la scollatura dell’abito è caratterizzata da orlature dorate che scendono tra i seni e girano per ogni lato intorno alla vita alta fin sulla schiena. La gonna è ampia e svasata, con un poco di strascico; il colore del tessuto un inteso rosso carminio. In vita la fanciulla porta una sorta di ghirlanda di fiori, rose probabilmente, molto simile a quella che le cinge il capo come una corona e i capelli sono liberi, sciolti, colore del fuoco. <p> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-CLzSehxwUXw/UH1957KAzJI/AAAAAAAAXwE/SEQgX6Da9Ms/Dicksee-la%252520belle%252520dame%25255B26%25255D.jpg?imgmax=800"> <p> <p>Il cavaliere invece ha un’armatura tipica della fine del Medioevo e inizi del Rinascimento (non c’è alcuna sincronia tra i due costumi: cavaliere e donna). Se ne vedono i primi esempi alla fine del Trecento ma non tutti si potevano permettere armature del genere. Se ne videro più esempi nei tornei che nemmeno sui campi di battaglia e il discorso di base, cioè quello delle capacità economiche, rimaneva sostanzialmente lo stesso. Si trattava di armature costose, in quanto spesso e volentieri erano arricchite da elaborazioni, spesso a tema (motivo delle squame o delle onde). Gli esempi più belli sono certamente quelli di fine XV secolo. Sopra all’indumento intimo il cavaliere indossava una specie di tunica imbottita di protezione sopra la quale veniva indossata la cotta di maglia con camaglio e sopra ancora la vera e propria armatura <a href="#_ftn3_4675" name="_ftnref3_4675">[3]</a>. Il capo era protetto dal bacinetto che proteggeva la calotta cranica e poteva essere decorata come possiamo vedere nella prima immagine qui sotto. L’elmo non sempre era munito di visiera e nel dipinto è decorato da un drappo annodato. La parte alta del torace era protetta da diversi pezzi che venivano montati in un ordine preciso, andando tra loro come incastrati tramite perni. Nelle armature più semplici i pezzi erano da tre a più di tre: nelle versioni più semplici il braccio era protetto fino alle spalle tramite lo spallaccio ed il petto dalla corazza fatta in un pezzo unico; in versioni più complesse erano comprese anche le manopole e la cubitiera <a href="#_ftn4_4675" name="_ftnref4_4675">[4]</a> (gomito); alla corazza era attaccata la scarsella, una sorta di gonnellino metallico molto rigido in alcuni esemplari. Lo spallaccio si spingeva un poco in avanti sulla sinistra e verso il centro a proteggere anche il cuore ed era solo a sinistra. In alcuni casi gli spallacci erano grandissimi e simmetrici, identici e in altri casi riprendevano la forma del corpo, e davanti avevano come delle piastre, di forma spesso elaborata che dovevano avere una funzione difensiva, specie nei tornei, a deviare il colpo di punta della lancia che poteva arrivare a colpire il petto e uccidere l’avversario. Nel dipinto il cavaliere ha due specie di spirali, due piastre stellate. Anche le gambe erano protette da vari pezzi e alle scarpe d’arme (soleret) spesso potevano essere attaccati degli speroni (dietro) mentre la punta davanti spesso era molto lunga e appuntita. Il tutto non rendeva certo facile il movimento e non ci dobbiamo lasciar ingannare dai film in cui vediamo questi uomini interamente vestiti d’acciaio correre e saltare i fossi alla lunga. La maggior parte dei combattimenti, ancora nel XV secolo venivano fatti con soldati armati certamente più di prima, ma non a questi livelli. L’armatura al completo veniva utilizzata soprattutto nei tornei e le più elaborate sono rarissime e fatte costruire da personaggi che disponevano di un certo reddito. <p align="center"> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-suJZZpE5Tuc/UH198msNeuI/AAAAAAAAXwM/5ojZdEcOiNY/image%25255B6%25255D.png?imgmax=800"><img src="http://lh6.ggpht.com/-p1pJXYMa5aA/UH19_I48h-I/AAAAAAAAXwU/muTQKNVLEIc/image%25255B9%25255D.png?imgmax=800"> <p align="center"><em>Figura 1 – Cavaliere inglese del 1425. Della vera composizione di queste armature rimangono solo descrizioni di manoscritti ritrovati e risalenti all’epoca. Immagine tratta da English Medieval Knight 1400-1500 di Christopher Gravett. Osprey ed., 2001 (Warrior 35) – p. 49. Ill. di Graham Turner. A destra invece l’armatura del 1450.</em> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442694877">Fonti bibliografiche</a></h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Alain%20Chartier">http://en.wikipedia.org/wiki/Alain Chartier</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/La%20Belle%20Dame%20sans%20Merci">http://en.wikipedia.org/wiki/La Belle Dame sans Merci</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Frank%20Dicksee">http://it.wikipedia.org/wiki/Frank Dicksee</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Isabella%20di%20Baviera">http://it.wikipedia.org/wiki/Isabella di Baviera</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/La Belle Dame sans Merci">http://it.wikipedia.org/wiki/La Belle Dame sans Merci</a></li></ul> <h3>Libri</h3> <ul> <li><i>Byzantine Armies AD 1118–1461</i> di Ian Heath. Ill. di Angus McBride. Osprey ed. 1995 (Man-at-arms 287) – 48 pp.</li> <li><i>Condottiere 1300–1500. Infamous medieval mercenaries</i> di David Murphy. Ill. di Graham Turner. Osprey ed. 2007 (Warrior 115) – 64 pp.</li> <li><i>English Medieval Knight 1400-1500</i> di Christopher Gravett. Ill. di Graham Turner. Osprey ed., 2001 (Warrior 35) – 63 pp.</li> <li><i>French Armies of the Hundred Years War</i> di David Nicolle. Ill. di Angus McBride. Osprey ed. 2000 (Man-at-arms 337) – 48 pp.</li> <li><i>Henry V and the Conquest of France 1416–53</i> di Paul Knight. Ill. di Graham Turner. Osprey ed. 1998 (Man-at-arms 317) – 48 pp.</li> <li><i>Orléans 1429. France turns the tide</i> di David Nicolle. Ill. di Graham Turner. Osprey ed. 2001 (Campaign 94) – 96 pp.</li></ul> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_4675" name="_ftn1_4675">[1]</a> Nacque a Bayeux nel 1385, in una famiglia ricca e numerosa. Come uno dei suoi fratelli anche Alain studiò presso l'Università di Parigi. Iniziò a comporre poesie solo agli inizi del XV secolo, nel 1416 dopo la battaglia di Agincourt (durante la Guerra dei Cent’anni e fu uno dei momenti più cupi della storia della Francia e al contrario uno dei più fulgidi della storia dell'Inghilterra e del suo re Enrico V). <i>La Belle Dame de Saint-Merci </i>fu scritta sul finire della Guerra dei Cento Anni, nel 1424 e purtroppo, come le opere precedenti non riscosse un grande successo né nel suo ambiente né a corte, anche perché ormai il tempo della poesia del <i>fin amour</i> era finita ed erano in voga poesie di natura patriottica. L’opera di Chartier non mostrava sentimenti di patriottismo anche se egli certo non era indifferente alle disgrazie che andavano capitando al suo regno. Seguì il Re di Francia Carlo VII facendogli da cancelliere, notaio e segretario finanziario. Nel 1422 scrisse un’opera nota come <i>Quadrilogue invectif</i> di stampo decisamente rivoluzionario per i suoi tempi, in cui rivelava tutti gli abusi dell’esercizio feudale e la sofferenza del popolo, era un’opera certamente rivolta contro gli inglesi più che ai propri signori. Nel 1424 andò ambasciatore in Germania e dopo tre anni andò in Scozia per negoziare le nozze dei due eredi al trono di Francia e Scozia – dispetto al nemico comune. Nel 1429, anno in cui la Francia, grazie a Giovanna d’Arco, iniziava a segnare a danno degli inglesi numerose vittorie respingendo il nemico, Chartier scrisse <i>Livre Esperance</i>, un testo che rappresentava un feroce attacco contro la nobiltà ed il clero. Fu autore di una diatriba sui cortigiani di Charles VII, intitolata <i>Le Curial</i>, tradotto in inglese da William Caxton circa nel 1484. Chartier morì nel 1430 anche se tale data non è certa essendo stato scoperto nel XVIII secolo un epitaffio con su scritto che era arcidiacono a Parigi ed era morto ad Avignone nel 1449. La sua opera <i>La Belle Dame de Saint-Merci</i> fu “riscoperta” solo dopo che Keats ne rielaborò una ballata per il suo pubblico di inguaribili romantici e nostalgici; a tale ballata o forse alla leggenda stessa scritta da Chartier, che sicuramente si servì dei racconti della tradizione popolare ed orale si ispirò Dicksee per il suo dipinto. <p><a href="#_ftnref2_4675" name="_ftn2_4675">[2]</a> Isabella avrebbe infatti firmato il trattato di Troyes con gli inglesi, riconoscendo re Enrico V d'Inghilterra come erede alla corona di Francia. Nella storiografia e nella narrativa francese, Isabella ha la reputazione di donna lussuriosa, anche se gli studiosi moderni ritengono che gran parte di questa reputazione potrebbe essere il risultato della propaganda avversaria. L'odio contro Isabella, perpetrato attraverso i secoli, fu tale che, durante la Rivoluzione francese, la celebre regina Maria Antonietta (1755-1793) fu paragonata a lei e a Fredegonda, una regina germanica. <p><a href="#_ftnref3_4675" name="_ftn3_4675">[3]</a> Il discorso che faremo qui è semplificativo, essendo rivolto soprattutto alle famiglie ed al pubblico genere. <p><a href="#_ftnref4_4675" name="_ftn4_4675">[4]</a> A sinistra vi era la <i>gran cubitiera </i>mentre a destra solo la <i>cubitiera semplice</i>. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-64396143881867165052012-10-15T14:15:00.001-07:002014-03-14T10:39:15.396-07:00Fair Rosamund<p align="justify">Questa volta Waterhouse si ispirò alla storia medievale e alla cronaca inglese del XII secolo, ma mentre il suo contemporaneo Lieghton probabilmente parteggiava per Eleonora, Waterhouse decise di raffigurare la sua peggiore rivale: Rosamund Clifford. <p align="justify"> <h1 align="justify">Rosamund vs Eleonora</h1> <p align="justify">Rosamund era figlia del nobile anglonormanno Walter de Clifford <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftn1_5728" name="_ftnref1_5728">[1]</a> e sua moglie Margaret Isobel de Tosny, anch’ella di famiglia normanna. Rosamund nacque nel 1150, ultima di sei figli. Rosamund conobbe Enrico II probabilmente nel 1163 quando egli si trovava in Galles per una campagna militare e avrebbe soggiornato proprio presso il castello di Clifford. Enrico II aveva trent’anni e Rosamund appena tredici, una notevole differenza anche se a quei tempi era relativa tra uomo e donna, salvo alcuni casi. <p align="justify">Enrico II era però già sposato con Eleonora d’Aquitania da undici anni (1152) ed aveva già sette figli <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftn2_5728" name="_ftnref2_5728">[2]</a>. Tuttavia Rosamund fece colpo sul re e non più tardi di tre anni dopo andò a vivere presso la corte con Enrico II. <p align="justify">Eleonora in quel periodo sarebbe rientrata nei suoi possedimenti in Aquitania e dunque mai avrebbe potuto sapere, eppure sembra proprio che di tante corna del marito, queste non gliele avesse affatto perdonate, tanto che la sua rivalità con la bella e giovane Rosamund è passata insieme a lei alla storia entrando a far parte anche della leggenda. Enrico era più giovane di Eleonora di undici anni e più vecchio di Rosamund di diciassette, era plausibile che provasse più attrazione per donne più giovani che più vecchie anche se i cronisti riportano che Eleonora fosse molto bella. Rosamund divenne ufficialmente l’amante di Enrico II dal 1166 e pare che nonostante tra i due ci fosse un intenso rapporto, lei non gli abbia dato alcun figlio (ma non è un dato certo). Nel mentre iniziarono anche tra Eleonora ed Enrico degli attriti di natura politica per quanto riguardava i feudi da passare in eredità ai figli. Mentre Eleonora si trovava presso la sua corte con i figli Riccardo e Goffredo, in Inghilterra il debole ed ingenuo Enrico il Giovane, secondogenito di Enrico ed Eleonora, istigato dai nemici del padre si ribellava al re e giunse fino in Francia per farsi aiutare dai fratelli; secondo alcune fonti la stessa Eleonora non sarebbe stata solo a guardare, ma li incoraggiò. Enrico tutto questo non lo poteva tollerare, si organizzò e fece catturare Eleonora per poi imprigionarla <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftn3_5728" name="_ftnref3_5728">[3]</a>. Eleonora rimase in carcere in Inghilterra per circa 15 anni, dal 1174 circa trasferita continuamente in diverse prigioni. Durante la prigionia fu tenuta separata dai figli, specialmente da Riccardo, che era sempre stato il suo favorito; non ebbe modo di incontrarli spesso, anche se in speciali occasioni come il Natale, le fosse permesso di uscire liberamente. Nel 1176 Rosamund, il grande amore di Enrico, e da tre anni ormai il re covava l'idea di divorziare da Eleonora; nel 1175 pensò addirittura di chiuderla nel convento di Fontevraud, facendole prendere i voti di povertà e quindi costringendola a rinunciare a tutti i suoi titoli ed ai suoi domini. Alla morte di Rosamund Enrico credette che fosse stata avvelenata con la complicità di Eleonora, che si professò sempre innocente (era solita ripetere che quando Dio si era preso Rosamund lei era costantemente sorvegliata dalle spie di Enrico e quindi anche volendo nell'impossibilità di avvelenarla). <p align="justify">Più di un film ha celebrato il periodo di prigionia di Eleonora mentre Enrico se la spassava con la bella Rosamund e anche dopo la sua morte, quando ormai Enrico non era più giovane anche per i suoi tempi, Eleonora era certamente vecchia e al re non restava che divertirsi con qualche giovane che certo non avrebbe badato alle sue rughe quanto al suo potere ed alla sua corona. Tra le sue amanti ci sarebbe stata infatti, dopo Rosamund , Alice <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftn4_5728" name="_ftnref4_5728">[4]</a>, la promessa sposa del figlio Riccardo, che però poi sposò Berengaria di Navarra senza avere figli da lei <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftn5_5728" name="_ftnref5_5728">[5]</a>. Eleonora forse era consapevole del fatto che essendo molto più vecchia del marito, più il tempo passava e più in lei egli trovava sempre minor interesse preferendole giovincelle ingenue con cui giaceva per sfogare il proprio piacere fisico e forse entro certi limiti i primi tempi sopportò con pazienza, forse fu persino indifferente: esse erano solo uno sfogo. <p align="justify">L’amore che Enrico ebbe per Rosamund fu l’affronto peggiore però, non fu solo piacere carnale, Eleonora capì che quella donna l’aveva sconfitta su tutti i fronti, almeno sul piano dei rapporti personali con Enrico. Nel film <i>Lion in winter</i> con la grandiosa Glenn Close nel ruolo di Eleonora si sente molto l’astio della vecchia regina nei confronti dell’amante di Enrico, anche dopo la sua morte. <p align="justify"> <p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="Eleanor" border="0" alt="Eleanor" src="http://lh5.ggpht.com/-Q5tcF9V8teU/UHx83ak_PJI/AAAAAAAAXt0/lTtNcZ6R77Q/Eleanor10.jpg?imgmax=800" width="500" height="392"> <p align="center">Glenn Close nel ruolo di Eleonora d’Aquitania nel film <em>Lion in winter</em> del 2003 con Patrick Stewart nel ruolo di Enrico II. La scena è quella del momento in cui Eleonora manifesta tutto il suo tormento per il fatto che Enrico avesse preferito la giovane Rosamund. Nel film i due sovrani vengono fatti apparire come coetanei o quasi. Enrico non aveva vent’anni quando si sposarono e lei ne aveva trenta (1152); nel 1174 al tempo della prigionia di Eleonora, lei ne aveva cinquantadue e lui era poco più che quarantenne mentre nel film l’attore scelto supera di molto i settanta! <p align="center">“<em>Aveva denti gialli come avorio, sorrideva fino a slogarsi le mascelle ma masticava con regale distinzione</em>” <p align="center"> <p align="justify">Queste le parole crudeli di Eleonora al solo pensare a quella donna della cui morte si era spesso consolata ma della quale non si era sporcata le mani, se le sarebbe forse sporcate più volentieri e facilmente per un figlio, ma non per un’amante che si sarebbe potuta annientare, se solo fosse stata libera, più facilmente e senza intoppi, magari suggerendo una qualche politica matrimoniale. Nel dipinto di Waterhouse vediamo Rosamund intenta a guardare fuori da una finestra, cerca Enrico con gli occhi o forse lo sta segretamente guardando, ma non sa che alle sue spalle è osservata dalla regina, da Eleonora, dalla sua ombra in vero perché Eleonora i primi anni era in Francia e al suo ritorno non andò a corte ma fu imprigionata, dunque è difficile che abbia avuto contatti con l’amante di Enrico. <p align="justify"> <h1 align="justify">I costumi dei personaggi</h1> <p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh6.ggpht.com/-4itRD6ZJj3E/UHx85wl2IgI/AAAAAAAAXt8/biIuhCk3s4M/John_william_waterhouse_fair_rosamun%25255B1%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1097"></p> <p align="justify"> </p> <p align="justify">Rosamund come tutti i soggetti femminili medievali di Waterhouse indossa il classico abito, il <em>bliaud</em>, del XII secolo, di colore blu, con la cintura in vita. Le maniche sono svasate e si intravede la sottoveste carminio. In testa porta un velo, mosso probabilmente dal vento. Nell’ombra, nascosta dietro ad una tenda vediamo Eleonora ormai vecchia, il viso poco nitido e coperto da un velo di lino bianco. L’abito di Eleonora nemmeno si vede ma è molto semplice e di colore viola. </p> <p align="justify"> </p> <h1 align="justify">Fonti bibliografiche:</h1> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Clifford%20Castle">http://en.wikipedia.org/wiki/Clifford Castle</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Clifford%20Herefordshire">http://en.wikipedia.org/wiki/Clifford Herefordshire</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Rosamund%20Clifford">http://en.wikipedia.org/wiki/Rosamund Clifford</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Walter%20de%20Clifford">http://en.wikipedia.org/wiki/Walter de Clifford</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Eleonora%20d'Aquitania">http://it.wikipedia.org/wiki/Eleonora d’Aquitania</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Enrico%20II%20Plantageneto">http://it.wikipedia.org/wiki/Enrico II Plantageneto</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Riccardo%20Cuor%20di%20Leone">http://it.wikipedia.org/wiki/Riccardo Cuor di Leone</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Rosamund%20Clifford">http://it.wikipedia.org/wiki/Rosamund Clifford</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Rosamund%20Clifford">http://it.wikipedia.org/wiki/Rosamund Clifford</a></li></ul> <p align="justify"> <h1 align="justify">Note </h1> <h2 align="justify"> <hr align="left" size="1" width="33%"> </h2> <p align="justify"><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftnref1_5728" name="_ftn1_5728">[1]</a> Un castello situato nell’odierna Inghilterra, nel villaggio di Clifford, se ne trova menzione già nel Domesday book di Guglielmo il Conquistatore. Clifford in realtà si trova in una regine di confine tra Inghilterra e Galles e anche storicamente questa regione ebbe una certa importanza geopolitica nei rapporti tra i due stati. <p align="justify"><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftnref2_5728" name="_ftn2_5728">[2]</a> Il primogenito Guglielmo morì infante a soli tre anni, ne rimanevano cinque e dovevan ancora nascere Giovanna e Giovanni. <p align="justify"><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftnref3_5728" name="_ftn3_5728">[3]</a> Fu segretamente imprigionata a Chinon e per circa un anno il segreto fu mantenuto. L'8 luglio 1174, il re si imbarcò per l'Inghilterra a Barfleur, portando Eleonora con sé ed appena furono sbarcati a Southampton, fu imprigionata nel castello di Winchester e poi anche in quello di Sarum. I tre figli dopo poco fecero atto di sottomissione al padre e la ribellione finì. <p align="justify"><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftnref4_5728" name="_ftn4_5728">[4]</a> Enrico II ebbe molte amanti e anche diversi bastardi che Eleonora, con indifferenza o con dolore, per forza e non per amore, vide crescere a corte insieme ai suoi e alcuni ebbero anche un futuro importante divenendo nobili, se pur poco titolati o prelati, uno addirittura vescovo. <p align="justify"><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftnref5_5728" name="_ftn5_5728">[5]</a> Pare che Riccardo fosse omosessuale e come dice anche Markale, in un periodo di cambiamento di tendenze avrebbe generato un figlio illegittimo con una donna, e su questo figlio e nipote Eleonora avrebbe fatto molto conto, soprattutto nel periodo in cui la possibilità che Giovanni salisse al trono era reale più che mai. </p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-66204167134585418022012-10-15T08:15:00.001-07:002014-03-14T10:38:07.797-07:00Undine<h1 align="justify">Una creatura simile alla sirena</h1> <p align="justify">Il dipinto si ispira alla protagonista di una leggenda, o meglio ancora di una serie di leggende facenti parte del folklore germanico. Undine o Ondina sarebbe una figura mitologica femminile le cui origini non sono del tutto chiare, ma già nel Medioevo ne faceva menzione l’opera meglio nota come <i>Nibelungenlied </i><a href="#_ftn1_3037" name="_ftnref1_3037">[1]</a> o <i>Saga dei Nibelunghi. </i>Undine viene usato erroneamente come nome proprio, quando invece è il nome della creatura. L’ondina sarebbe l’equivalente della sirena come noi oggi la immaginiamo e come la dovevano immaginare anche nel Medioevo, non come il mostro dell’età classica ma come una chimera metà donna e metà pesce. Come le sirene anche le ondine erano figlie del Dio del Mare ed incantavano uomini e marinai col loro canto fino a farli impazzire e morire. La prima ondina nota al folklore germanico è Lorelei, si racconta che ella viveva presso il Reno ed attirava a sé gli uomini col suo canto e con il suo aspetto, causando naufragi e sciagure. Un giorno, per vendicare il figlio morto, un nobile inviò i suoi soldati ad uccidere la fanciulla, soldati che seppero resistere al suo incanto e che l'avrebbero uccisa, se lei non avesse chiamato suo padre in aiuto: egli mandò un cavallo di schiuma che condusse la ninfa nelle profondità del fiume, da cui ella non fece più ritorno. Le ondine sono descritte come esseri benigni o maligni e qualche volta anche innocui. Nel XIII secolo vengono descritte come esseri benevoli nell’opera <i>Nibelungenlied </i>in cui i Burgundi <a href="#_ftn2_3037" name="_ftnref2_3037">[2]</a> vengono avvisati dalle ondine, mentre attraversano il Danubio, della pericolosità del loro viaggio. <p align="justify">Probabilmente, sempre durante il Medioevo, sarebbe nata anche la leggenda a cui si ispirò il poema di Friedrich de la Motte Fouqué nel XIX secolo. Nell’opera di Fouqué Undine, figlia del Re del Mare, abbandona il suo ambiente per cercare un amore umano che le consentirà di ottenere un'anima immortale. Ritrovatasi bambina sulla terra, viene allevata da un pescatore e da sua moglie. Cresciuta, trova l'amore nel cavaliere Hulbrand, che presto sposa. Hulbrand, anche dopo essere venuto a conoscenza della vera natura di Undine, le giura amore eterno. Lo zio di Undine, Kuhleborn, la mette in guardia contro il suo amore umano: se mai subirà un torto da Hulbrand, lei dovrà tornare al mare per sempre e lui dovrà morire. La loro vita insieme sarebbe felice, ma la ex fidanzata di Hulbrand interviene a guastare l'idillio, finché Hulbrand torna al vecchio amore ed arriva a trattare male Undine. Questo segna il destino di entrambi: gli spiriti dell'acqua esigono la loro vendetta e dovrà essere proprio Undine a uccidere Hulbrand con un bacio mortale. Il racconto somiglia moltissimo ad un’altra opera facente sempre parte del folklore germanico e noto anche come <i>Sonno dell'Ondina.</i> Ondina è una ninfa acquatica, molto bella e, come tutte le ninfe, immortale. Tuttavia, se si fosse innamorata di un mortale e avesse dato alla luce suo figlio, avrebbe perso la sua immortalità <a href="#_ftn3_3037" name="_ftnref3_3037">[3]</a>. Ondina si innamorò di un bel cavaliere, sir Lawrence, e i due si sposarono. Al momento di scambiarsi i voti, Lawrence giurò che l'avrebbe sempre amata e le sarebbe stato fedele. Un anno dopo il loro matrimonio, Ondina partorì suo figlio, e da quel momento cominciò ad invecchiare. Come l'attrattività fisica di Ondina diminuiva, Lawrence perdeva interesse verso di lei. Un pomeriggio, Ondina camminando vicino alle scuderie udì il russare familiare di suo marito. Entrata nelle scuderie, trovò Lawrence addormentato fra le braccia di un'altra donna. Furiosa, Ondina puntò un dito verso di lui che si svegliò sorpreso come se il gesto l'avesse colpito realmente. Ondina lo maledisse proclamando: <p align="justify"> </p> <blockquote style="width: 1323px; height: 59px"> <p align="justify">"Tu mi hai giurato fedeltà con ogni tuo respiro, ed io ho accettato il tuo voto. Così sia. Finché sarai sveglio, potrai avere il tuo respiro, ma dovessi mai cadere addormentato, allora esso ti sarà tolto e tu morirai!"</p></blockquote> <p align="justify"> <p align="justify">Se da queste leggende germaniche sia nata la creatura che Andersen celebrò come <i>La piccola sirena</i> ed esattamente a quale delle leggende si ispirò Fouqué non lo sappiamo, ma Waterhouse certamente conosceva queste storie e potrebbe aver cercato un elemento comune a tutte per raffigurare la sua <i>Undine</i>. <p align="justify"> <p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/--KGD3ZvbLV8/UHwoqgt0YLI/AAAAAAAAXsY/1O4AHVJkb8E/John_William_Waterhouse_-_Undine%25255B3%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1050"> <p align="justify"> <p align="justify">La fanciulla è raffigurata in una scena di vita quotidiana ma al contempo intima, essa sta in piedi sul bordo di una fontana intenta probabilmente a lavarsi, ma l’acqua non viene da un rubinetto bensì da una nube. Il suo abito è un indumento intimo, stretto in vita e aperto sul petto con le maniche candide arrotolate. In epoca medievale le donne non indossavano le mutande e il reggiseno come oggi ma portavano una camicia, aperta sul davanti molto spesso e tenuta chiusa con dei lacci e fu così per gran parte del periodo medievale, solo l’abito di sopra cambiò a partire dal XII secolo con il <i>bliaud</i>. Non è certo che Waterhouse abbia voluto ispirarsi proprio al Medioevo anche se la figura era nota nelle saghe germaniche come abbiamo detto prima, certo è invece che egli abbia rappresentato l’ondina nella sua simbologia: essa infatti era considerata simbolo dell’elemento acqua. <p align="justify"> <h1 align="justify">Fonti bibliografiche:</h1> <ul> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Burgundi">http://it.wikipedia.org/wiki/Burgundi</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Lorelei">http://it.wikipedia.org/wiki/Lorelei</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Nibelungenlied">http://it.wikipedia.org/wiki/Nibelungenlied</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ondina%20mitologia">http://it.wikipedia.org/wiki/Ondina mitologia</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Undine">http://it.wikipedia.org/wiki/Undine</a></li></ul> <h1>Note </h1> <h2> <hr align="left" size="1" width="33%"> </h2> <p align="justify"><a href="#_ftnref1_3037" name="_ftn1_3037">[1]</a> È un poema epico scritto in alto tedesco medio nella prima metà del XIII secolo. Narra le vicende dell'eroe Sigfrido alla corte dei Burgundi e la vendetta di sua moglie Crimilde, che porta ad una conclusione catastrofica e alla morte di tutti i protagonisti. Il poema andò perduto nel XVI secolo ed è giunto a noi in diversi manoscritti che presentano un insieme di differenze e varianti. <p align="justify"><a href="#_ftnref2_3037" name="_ftn2_3037">[2]</a> Erano una tribù germanica dell'Est che potrebbe aver migrato dalla Scandinavia verso l'isola di Bornholm. La traduzione di Alfredo il Grande di Orosio usa il nome <i>Burgenda land</i>. poeta e antico mitologo Viktor Rydberg (1828-1895) asserisce da un'antica fonte medioevale <i>Vita Sigismundi</i>, che gli stessi Burgundi mantenevano tradizioni orali sulla loro origine Scandinava. Intorno all'anno 270 popolazioni burgunde entrano per la prima volta in contatto con l'Impero romano. Nel III secolo dopo lo sfondamento del limes da parte degli Alemanni i Burgundi si stabilirono nella regione fra Reno e Meno. Nell'anno 369 l'imperatore Valentiniano I ottenne il loro aiuto nella guerra contro un'altra tribù germanica, gli Alemanni Tuttavia, i Burgundi sembrano aver avuto relazioni tempestose anche con i Romani, poiché razziavano anche le regioni di frontiera e allargavano la loro influenza più che potevano. I riferimenti che troviamo nelle fonti romane situano i Burgundi ad est del Reno e ritenevano i Burgundi semplicemente una tribù germanica orientale. Qualche tempo dopo la guerra contro gli Alemanni, i Burgundi vennero sconfitti in battaglia da Fastida, re dei Gepidi e furono quasi annientati. All'incirca quaranta anni dopo (fine del IV secolo), i Burgundi riappariono e seguendo le truppe di Stilicone che si ritiravano per combattere Alarico I dei Visigoti negli anni 406-408, le tribù settentrionali scavalcarono gli Alemanni a ovest e varcarono il Reno ed entrarono nei territori imperiali in quella che è stata definita come la Völkerwanderung, ovvero la migrazione dei popoli germanici. Il primo regno dei Burgundi, da cui derivò il regno medievale della Borgogna, risale al V secolo d.C. e alcuni personaggi del <i>Nibelungenlied</i> sarebbero personaggi reali come il re burgundo Gundecario che sarebbe il Gunther della saga dei Nibelunghi. <p align="justify"><a href="#_ftnref3_3037" name="_ftn3_3037">[3]</a> In altre versioni è esattamente il contrario, cioè la creatura è mortale ma longeva e senz’anima, la può conquistare solo sposando un mortale. </p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-61690283666470715652012-10-15T07:32:00.001-07:002014-03-14T10:37:25.358-07:00Windswept o Windflowers<p align="justify">Il dipinto in sé non rappresenterebbe un personaggio particolare e sarebbe ispirato liberamente al mondo medievale come Waterhouse lo immaginava. L’abito non presenta dettagli come tutte le opere di Waterhouse e anche l’abito è sempre il <em>bliaud</em> di colore bianco con bordature sul davanti color violetto che si intonano alla sottoveste. I capelli sono sciolti, liberi. Inoltre la fanciulla è scalza, non porta nulla ai piedi. Potrebbe essere dunque un quadro liberamente ispirato al Medioevo, e se osserviamo attentamente la fanciulla, il suo viso somiglia molto a quello raffigurato nella Dama di Shalott. Potrebbe essersi dunque ispirato ad una donna realmente esistita nel suo tempo, ma non avendo altre fonti che lo supportino le nostre rimangono solo teorie. </p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-Rb1tgrDZ4ZE/UHweZ_zX_oI/AAAAAAAAXq8/rg4A4MKa6mE/John_William_Waterhouse_%2525281903%252529_Windflowers%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1159"></p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-20865705830594122382012-10-15T07:19:00.001-07:002016-02-08T02:05:03.335-08:00The Lady of Shalott<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442692419">Dal dipinto alle origini della storia</a></li> <li><a href="#_Toc442692420">Tessitura del mondo reale attraverso un riflesso</a></li> <li><a href="#_Toc442692421">Elaine vede Lancillotto</a></li> <li><a href="#_Toc442692422">Firmato “La Dama di Shalott”</a></li> <li><a href="#_Toc442692423">Fonti bibliografiche</a></li></ul> <p> <h2><a name="_Toc442692419">Dal dipinto alle origini della storia</a></h2> <p>The Lady of Shalott è un dipinto ad olio su tela realizzato nel 1888 dal pittore preraffaellita inglese John William Waterhouse. Il lavoro è una rappresentazione di una scena ispirata ad una leggenda medievale ambientata all’interno del Ciclo Arturiano. A dire il vero il pittore fece tre dipinti riguardanti la protagonista della leggenda, ispirandosi a momenti diversi del racconto. La storia di The Lady of Shalott è nota in quanto fu messa per iscritto in una ballata durante il periodo romantico da Sir Alfred Tennyson <a href="#_ftn1_2706" name="_ftnref1_2706">[1]</a> che si ispirò alle ultime opere scritte in epoca medievale sulle leggende arturiane, in particolare al tardo medievale La Morte d'Arthur di Thomas Malory <a href="#_ftn2_2706" name="_ftnref2_2706">[2]</a>. La protagonista del poema di Tennyson e della leggenda sarebbe una certa Elaine di Astolat. La leggenda racconta che Elaine, figlia di Bernard di Astolat che vive in una torre presso la città di Shalott. Ella è vittima di una tremenda maledizione e non può guardare assolutamente verso Camelot, qualora lo facesse morirebbe. Per scavalcare i limiti della magia, Elaine guarda all'esterno attraverso uno specchio, e tesse ciò che vede in una tela magica. Sebbene sia tentata dall'osservare la vita reale che c'è fuori dalla sua finestra, deve resistere finchè, un giorno, vedendo Lancillotto attraverso il suo specchio, se ne innamora subito e capisce di essere stanca di vivere di ombre e riflessi, illusioni per colpa di una maledizione. Dunque cede alla tentazione di guardare direttamente fuori e per vedere meglio il bel cavaliere posa anche gli occhi su Camelot che è dietro, nel paesaggio circostante. Viene colpita dal dolore, consapevole che morirà e non potrà avere Lancillotto, lascia la torre e trova una barca dove scrive il suo nome e poi si lascia morire. La corrente porta la barca con il corpo fino a Camelot dove Lancillotto e i cavalieri la trovano e tutto quello che Lancillotto riesce a dire è:</p> <blockquote style="height: 49px; width: 1482px"> <p> <p>Costei ha un viso grazioso; Dio nella sua misericordia le conceda la grazia.</p></blockquote> <p> <p>Elaine di Astolat non va confusa con un’altra Elaine che alla pari di questa avrebbe provato amore per Lancillotto sottraendolo persino per poco alle grazie di Ginevra, la vera e storica amante del cavaliere arturiano. Si tratterebbe in questo caso di Elaine di Corbenic, figlia di Re Pelles il quale sa che Elaine è predestinata a divenire madre di Sir Galahad, colui che avrebbe ripristinato ordine e pace nel regno di Artù dopo il caos portato dal figlio Mordred <a href="#_ftn3_2706" name="_ftnref3_2706">[3]</a>. Si tratta in vero di due leggende diverse. Waterhouse si ispirò al poema di Tennyson per realizzare tre dipinti che ritraggono la vita di Elaine. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h3><a name="_Toc442692420">Tessitura del mondo reale attraverso un riflesso</a></h3> <p>Sarebbe la prima opera in ordine cronologico della storia, ma fu l’ultimo ad essere realizzato, nel 1916, realizzato con olio su tela, il dipinto ritrae la vita di Elaine nella sua torre presso Shalott, vicino a Camelot. <p> <p align="center"><img src="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/92/John_William_Waterhouse_-_I_am_half-sick_of_shadows%2C_said_the_lady_of_shalott.JPG" width="800" height="1093"> <p> <p>Elaine si trova davanti un grande specchio in cui guarda Camelot e il mondo esterno e nel mentre tesse la sua realtà, quella che lei vorrebbe vivere, ma non può. Il suo abito è un Bliaud del XII secolo di colore rosa, con maniche un poco a sbuffo. Il colore è significativo, è un rosa molto acceso e intenso, anzi, più un rosso carminio, colore legato alla passione. Mentre nei dipinti di Leighton erano ben visibili tutti i dettagli e gli abiti erano un poco decorati, qui non vi è decorazione alcuna, Elaine sarebbe dunque vestita “da casa”, come diremmo oggi, con abiti da uso quotidiano, e non di chi vive in una corte. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442692421">Elaine vede Lancillotto</a></h2> <p align="center"><img src="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/6b/The_Lady_of_Shallot_Looking_at_Lancelot.jpg" width="800" height="1361"></p> <p> <p>I dipinti di Waterhouse sembrano più schizzi che opere lavorate nel dettaglio, rispetto a Leighton che invece creò opere simili a fotografie, almeno con lo stesso realismo. In questa scena Elaine indossa sempre un bliaud senza troppi ricami o elaborazioni, di colore bianco. Solamente l’orlo della scollatura sembra decorato con motivi dorati a forma circolare. Le maniche del bliaud sono svasate mentre la sottoveste o camicia ha maniche lunghe e strette ai polsi. La scena raffigura il momento in cui Elaine ha già visto Lancillotto attraverso lo specchio e lo vuole vedere anche dal vero, sapendo però la fine che farà. <p> <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442692422">Firmato “La Dama di Shalott”</a></h2> <p align="center"><img src="http://lh3.ggpht.com/-wsI7uLfieEM/UyM-MOELgOI/AAAAAAAAhNE/L2Fs_ePJj1A/Lady_of_Shalott%25255B2%25255D.jpg?imgmax=800"></p> <p align="center"> </p> <p>Questa l’ultima scena, in cui Elaine distrutta e morente decide di raggiungere Camelot e salita sulla barca vi scrive il suo nome e preso il suo arazzo appena tessuto parte, lasciandosi trasportare dalla corrente. Vediamo quasi una donna diversa, un volto afflitto e carico di morte. Anche qui ella non indossa un abito molto raffinato e piuttosto semplice, con poche decorazioni, i capelli sono rossastri e non castani e tutti ispidi e brutti. Il dettaglio che colpisce maggiormente è il disegno che si vede nell’arazzo in cui si vedono dei cavalieri a cavallo. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442692423">Fonti bibliografiche</a></h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Elaine%20of%20Astolat">http://en.wikipedia.org/wiki/Elaine of Astolat</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Elaine%20of%20Corbenic">http://en.wikipedia.org/wiki/Elaine of Corbenic</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/The%20Lady%20of%20Shalott">http://en.wikipedia.org/wiki/The Lady of Shalott</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Thomas%20Malory">http://en.wikipedia.org/wiki/Thomas Malory</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/The%20Lady%20of%20Shalott">http://it.wikipedia.org/wiki/The Lady of Shalott</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas Malory">http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas Malory</a></li></ul> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_2706" name="_ftn1_2706">[1]</a> Lo stesso Tennyson affermò che il poema era basato su una novella italiana del tredicesimo secolo intitolata Donna di Scalotta, incentrata sulla morte della ragazza e sulla sua accettazione a Camelot piuttosto che sul suo isolamento nella torre e sulla sua decisione di partecipare al mondo esterno, due elementi non menzionati nella Donna di Scalotta, ma presenti nel <i>La Morte d’Arhur. </i>Se anche l’oggetto della novella italiana era il ciclo arturiano è più facile che l’autore della novella si fosse ispirato alle prime leggende arturiane e dunque l’opera originale era di origini britanniche e non italiane, tanto più che la protagonista della leggenda sarebbe Elaine di Astolat e il nome Elaine è ricorrente nelle prime leggende celtiche riguardanti il mondo arturiano. <p><a href="#_ftnref2_2706" name="_ftn2_2706">[2]</a> Di Malory non abbiamo fonti certissime, almeno per quanto riguarda la sua nascita. Viene identificato con certezza grazie ad un manoscritto di Winchester in cui viene distinto da altri sei omonimi. A fare l’identificazione dell’autore di opere medievali tra cui <i>La Morte d’Arthur</i> sarebbe stato un tale William Caxton un tipografo, traduttore e diplomatico inglese praticamente contemporaneo di Malory che dopo la sua morte ne riportò le opere scritte in prigione. In passato si credeva che Malory fosse gallese, ma oggi si è più propensi a credere che venisse da Newbold Revel nel Warwickshire. La sua data di nascita è incerta, anche se molti propendono per il 1416. Fu eletto due volte al Parlamento, ma fu anche denunciato più volte negli anni cinquanta per furto, violenza, stupro e tentato omicidio ai danni del Duca di Buckingham. Scappò due volte dalla prigione, una volta aprendosi la strada a colpi d'arma da fuoco e una navigando nel fossato attorno al carcere. Fu incarcerato a Londra e in alcuni altri posti e spesso uscì su cauzione e le accuse a suo carico non furono mai dimostrate in un processo. Negli anni sessanta fu perdonato dal re Enrico VI, ma successivamente il perdono gli fu ritirato sia da Enrico che da Edoardo IV. Scrisse parte della sua opera in prigione, e dalla sua descrizione si può credere che fosse un cavaliere e anche un prete. La sua opera fu terminata nel 1469 e fu pubblicata per la prima volta da William Caxton nel 1485. Molto probabilmente questo romanzo è il testo che ha più influenzato la visione dei posteri della leggenda del re bretone e a quest’opera si ispirò anche Tennyson per realizzare <i>The Lady of Shalott. </i> <p><a href="#_ftnref3_2706" name="_ftn3_2706">[3]</a> Secondo la leggenda Elaine era così innamorata di Lancillotto che sarebbe ricorsa alla magia e grazie ad una serva (in altre versioni chiese direttamente a Morgana) avrebbe ordito l’inganno e Lancillotto avrebbe giaciuto con lei credendo di giacere con Ginevra. Una volta compiuto il misfatto Lancillotto si accorge di essere stato raggirato e vorrebbe uccidere Elaine che però gli rivela di portare in grembo suo figlio. Mosso a compassione Lancillotto decide di risparmiarla e anzi le sta accanto fino alla nascita del figlio. Sono molte le leggende che si basano su questa versione dei fatti riguardo la nascita dell’eroe del Graal che non sarebbe Percival o Parsifal ma Galahad. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-52532657387806393812012-10-15T01:42:00.001-07:002016-02-08T05:00:50.834-08:00The accolade<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442702722">Chi era il cavaliere medievale?</a></li> <li><a href="#_Toc442702723">I costumi dei personaggi</a></li> <li><a href="#_Toc442702724">Fonti</a></li></ul> <p> <p>L’ultimo dipinto di Leighton che andiamo ad analizzare trae spunto da una delle cerimonie più riprodotte anche in ambiente cinematografico quando a film medievali: si tratta dell’investitura di un cavaliere. In realtà i primi tempi l’investitura non consisteva in questo. <p> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-6jvSy4cB07U/UHvMFkmXdSI/AAAAAAAAXm8/25o80W-p8tE/Edmund_blair_leighton_accolade%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="700" height="998"> <p> <h2><a name="_Toc442702722">Chi era il cavaliere medievale?</a></h2> <p>Nell’Alto Medioevo, specie sotto il dominio franco, s’iniziò a formare la struttura sociale tipica del feudalesimo come noi lo conosciamo e tale struttura era in vero una rete formata da legami di dipendenza personale dove un uomo diveniva l’uomo di un altro uomo, per mezzo di un giuramento di fedeltà. Così il conte era il diretto dipendente del re e il servo era il diretto dipendente del signore del villaggio. Nelle classi più agiate tale legame era spesso supportato da legami di natura famigliare, vincoli di sangue. Col passare del tempo le cose un poco evolsero e tale legame si formava anche per altri motivi: o perché prevaleva la legge del più forte (dove uno si sottometteva all’altro che veniva riconosciuto come nuovo capo) o per le necessità del momento (ci si sottometteva perché si rischiava la fame, perché non si aveva più nulla). Fatto sta che via via che il tempo passava e la società evolveva il numero e la natura dei legami formavano non solo il tessuto sociale, ma anche una precisa gerarchia dove all’apice vi era solitamente un sovrano. Per i soldati e comunque coloro che prestavano servizio militare il discorso era pressoché identico, essi erano alle dipendenze del capo militare, erano i <i>guerrieri domestici</i> e il termine <i>cavaliere</i> era essenzialmente un termine tecnico, almeno i primi tempi, successivamente divenne anche una sorta di titolo, essere cavalieri volle dire ad un tratto essere parte di una casta. <p> <p>Quando i Franchi si impadronirono della Gallia ereditarono anche due diversi sistemi che, per formare gli eserciti, facevano entrambi appello alle masse: in Germania ogni uomo libero era un guerriero mentre a Roma nei limiti in cui ancora si faceva uso di truppe indigene, esse venivano reclutate principalmente tra i contadini. Sotto i Merovingi le ordinanze regie si industriavano invano di proporzionare l’obbligo al censo in modo tale che le classi più povere dovessero fornire un soldato per gruppo. Questi criteri variavano a seconda dell’esigenza del momento e si finiva spesso per arruolare, specie nelle contese di natura personale tra signori, anche i contadini <a href="#_ftn1_4626" name="_ftnref1_4626">[1]</a>. Inizialmente, insomma, ci fu un po’ di confusione e non vi era un metodo preciso di arruolamento e ci si ritrovava a scendere in campo con dei contadini e non dei soldati esperti, dunque la sconfitta, salvo una botta di fortuna, era certa. Per un franco questa cosa col tempo divenne inaccettabile <a href="#_ftn2_4626" name="_ftnref2_4626">[2]</a>, specie durante la dinastia Carolingia che aveva soppresso la precedente deponendone l’ultimo sovrano e sostituendo un po’, diciamo, tutto il personale. Fu sotto i Carolingi che nacque la cavalleria vera e propria, come arma di guerra; la prima forma di cavalleria almeno. I Carolingi capirono subito l’importanza di una riforma nella formazione e organizzazione dell’esercito e soprattutto decisero di impostare più precisamente possibile la figura del cavaliere, ma incontrarono anche loro delle difficoltà. La prima difficoltà era di natura economica, non tutti potevano permettersi cavallo ed armatura <a href="#_ftn3_4626" name="_ftnref3_4626">[3]</a>. La seconda difficoltà constava nel trovare un metodo di addestramento: il cavaliere doveva essere una figura preparata e doveva essere giovane <a href="#_ftn4_4626" name="_ftnref4_4626">[4]</a>. Il cavaliere era dunque essenzialmente un soldato che combatteva a cavallo e la sua evoluzione nel VIII secolo, nonché la formazione di un esercito formato da un corpo di cavalleria, furono necessarie e fondamentali per contrastare i soldati arabi che guidavano invasione dalla Penisola Iberica e che combattevano essenzialmente a cavallo. Fino al IX secolo i cavalieri però combattevano ancora senza la staffa (fondamentale per la stabilità dell’uomo a cavalcioni sul dorso dell’animale) e gli zoccoli del cavallo non erano ferrati <a href="#_ftn5_4626" name="_ftnref5_4626">[5]</a>. Il cavaliere inoltre non combatteva con una spada come avverrà successivamente, ma con una lancia. La terza ed ultima difficoltà maggiore che incontrò la figura del cavaliere era il mantenimento del cavallo, il suo unico patrimonio in moltissimi casi, e questo dipendeva dalla quantità di foraggio disponibile e soprattutto dall’andamento dell’annata, in tempi di carestia il rischio che l’animale morisse era elevato. Il cavaliere era sostanzialmente un soldato a cavallo, un soldato che via via diventava sempre migliore e inoltre la cavalleria era l’arma micidiale di molti eserciti europei, era la forza del signore che la guidava. Poiché come abbiamo detto per essere cavalieri bisognava disporre di un certo reddito, è da sottintendere che non tutti avevano certe capacità e per buona parte dell’Alto Medioevo ad avere il denaro era anche la classe nobile, dunque il cavaliere era anche un uomo di classe sociale elevata. Chi aveva un figliolo tra i nobili, essendo inizialmente la classe nobile una classe di guerrieri, aveva tutto l’interesse a far si che il figlio diventasse un cavaliere. Inoltre, in virtù del vincolo di sangue col figlio e del rapporto di vassallaggio col proprio re o signore, trasmetteva al primo non solo il titolo, ma anche il vincolo unilaterale di vassallaggio col signore stesso. Inizialmente il vincolo di vassallaggio si formava per giuramento unilaterale di un uomo al proprio signore, giuramento fatto spesso su sacre reliquie o testi sacri e si trattava di una cerimonia breve e a valenza sia simbolica sia pratica; successivamente quando prese piede il fenomeno dell’ereditarietà, anche il giuramento diveniva automaticamente valido alla morte del padre per il figlio nei confronti del signore o di suo figlio. La cerimonia con la spada è rara, appartiene più al mondo fantastico e letterario che alla realtà storica, è nei romanzi che il cavaliere si sottomette ad una donna mentre nella realtà al posto della bella dama c’era un lord o un potente signore che tutto aveva fuorché bell’aspetto e grazia. La scena del dipinto potrebbe essere dunque ispirata a quel periodo, il XII secolo, in cui la donna divenne per il cavaliere il sole di giorno e la luna di notte, ma ripeto, sempre in termini teorici. E chi sarà la donna ritratta da Leighton? Eleonora d’Aquitania forse? Perché no, fu patrona delle arti e delle lettere sia come regina di Francia sia come consorte di Enrico II, Eleonora ispirò gli scrittori ed i poeti dei suoi sostenitori ma anche quelli dei suoi avversari, comunque la si guardasse, ella era il centro del suo piccolo mondo. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442702723">I costumi dei personaggi</a></h2> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh5.ggpht.com/-J_OW4skOF9I/UHvMJE6tBnI/AAAAAAAAXnE/yVqnKwmpPPs/Edmund_blair_leighton_accolade%25255B14%25255D.jpg?imgmax=800" width="600" height="1171"></p> <p> <p><img style="float: left; margin: 0px 10px 5px 0px; display: inline" src="http://lh5.ggpht.com/-arpHDqhcRw0/UHvMKnGXo3I/AAAAAAAAXnI/x-q0EjR2oeo/Edmund_blair_leighton_accolade%25255B27%25255D.jpg?imgmax=800" width="150" align="left" height="902">Nella cerimonia rappresentata si vedono in primo piano la dama che si accinge ad investire il cavaliere, servendosi di una spada ad una mano. La dama indossa un <i>bliaut</i> del XII secolo, un abito aderente che metteva in risalto soprattutto le forme dei fianchi e la vita bassa; le maniche sono svasate e chiuse ad altezza dell’avambraccio da una spessa striscia dorata che crea un leggero sbuffo della parte alta della manica. </p> <p> </p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh3.ggpht.com/-7IhtmPiEbYk/UHvMMMmrbiI/AAAAAAAAXnU/B6ilePRJE20/Edmund_blair_leighton_accolade%25255B39%25255D.jpg?imgmax=800"></p> <p> </p> <p align="justify">Lo scollo è molto ampio e lascia intravedere la sottoveste candida, bianca, la cui manica viene scoperta a livello del braccio da quella svasata del <em>bliaut</em>. L’abito della dama è un abito tutto sommato di fattura semplice con magnifiche decorazioni agli orli della gonna e della maniche, ricami dorati a motivi ripetuti. Anche la scollatura davanti dell’abito è decorata al bordo con passamaneria dorata. In vita non è portata la cintura intrecciata sulla schiena, ma una semplice cintura che si allacciava sul davanti, realizzata in placche metalliche tutte unite tra loro che scendevano poi con un cordone dal punto vita verso il basso.</p> <p align="center"> </p> <p align="center"><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh4.ggpht.com/-Tj4xNsmy3OU/UHvMN9FVwLI/AAAAAAAAXnc/tIrlx614uHo/Edmund_blair_leighton_accolade%25255B51%25255D.jpg?imgmax=800"></p> <p align="center"> </p> <p align="center"><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh6.ggpht.com/-UQ8HXPG3fpA/UHvMPYLpUdI/AAAAAAAAXnk/ios0rAmY4-E/Edmund_blair_leighton_accolade%25255B61%25255D.jpg?imgmax=800"></p> <p> </p> <p>Il cavaliere davanti a lei invece indossa una cotta di maglia <a href="#_ftn6_4626" name="_ftnref6_4626">[6]</a> con camaglio cucito ad un tessuto di pelle e anche le gambe sono protette da una specie di braca costruita con maglia in ferro. </p> <p align="center"> <p align="center"><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh4.ggpht.com/-V6_CnRrjTgI/UHvMR6ndtBI/AAAAAAAAXns/z68nLENDmgc/Edmund_blair_leighton_accolade%25255B72%25255D.jpg?imgmax=800" width="600" height="976"> <p align="center"> <p align="center"> </p> <p align="center"> <img src="http://lh5.ggpht.com/-kHY_VciZGDY/UHvMTTeAJ9I/AAAAAAAAXn0/aOeiqfAZJH8/image%25255B3%25255D.png?imgmax=800"> <img src="http://lh4.ggpht.com/-xDdfsrtcyEU/UHvMVJGsl6I/AAAAAAAAXn8/nCwpezVp1eM/image%25255B8%25255D.png?imgmax=800"> </p> <p align="center"> <p align="center"><em>Figura 1 - La protezione in termini di armatura dei cavalieri medievali fino al XII secolo, a partire da questo periodo comparirono le prime forme di protezione imbottite per capo e corpo. </em> <p> <p>Sopra il tutto egli indossa una tunica senza maniche che reca sia sul davanti (probabilmente) sia sul di dietro la sua insegna, un’aquila con una specie di quarto di luna con la gobba rivolta verso il basso. L’orlo del gonnellino della tunica è decorato con motivi geometrici ripetuti. In vita egli porta una magnifica cintura, finemente elaborata. I capelli del cavaliere sono portati lunghi con taglio a casco secondo la moda dell’epoca e nell’ombra creata dai colori, possiamo vedere che è un giovane di non più di trent’anni, privo di rughe e certamente molto bello; il viso sbarbato; il viso è liscio e sbarbato e infine, se osservate attentamente lo noterete anche voi, ha ciglia molto lunghe. Del suo viso altro non possiamo vedere, ma scendiamo sulle mani giunte in segno quasi di preghiera, ha mani belle e lisce, prive di ferite e cicatrici lasciate nella realtà storica da una carriera militare e le unghie non sono mangiucchiate o rovinate. Egli è certamente il modello per eccellenza del cavaliere come lo volevano le dame che leggevano i romanzi e dunque come se lo immaginavano…un sogno ad occhi aperti, perché nella realtà storica i cavalieri erano tutto fuorché belli e curati nell’aspetto e soprattutto fini, anche se non estranei al mondo letterario, quelli almeno di nobili natali. <p> <p>Sullo sfondo vediamo un gruppo di uomini, uno anziano, praticamente in ombra del quale vediamo poco distintamente la tunica, rossa con tre animali. Sono forse i tre leoni Plantageneti? I leoni o leopardi, a seconda del testo di riferimento non sono sempre stati tre nello stemma reale inglese, il numero tre fu raggiunto solo alla fine del XII con il regno di Riccardo I, Cuor di Leone. Allora potrebbe essere una Eleonora, magari ringiovanita in segno di omaggio da parte del pittore, che investe l’amato figlio Riccardo? Le cronache hanno sempre riportato che Eleonora aveva per questo figlio una predilezione che le costò l’odio del figlio minore Giovanni, che arriverà a cospirare contro il fratello per usurparne il trono. Eleonora inoltre era descritta come una donna bella che amava cose belle, le cose alla moda e i suoi costumi che all’austera corte parigina avevano incontrato disapprovazione e sgomento, furono un poco più apprezzati alla corte di Enrico II del quale era la moglie e ad una bella donna, ad Eleonora, i contemporanei non potevano perdonare nulla, alcun errore. Essa aveva tuttavia anche tanti ammiratori e ne ebbe anche dopo la sua morte, dunque Leighton potrebbe averle voluto rendere omaggio, ringiovanendo l’ormai regina madre che aveva quasi settant’anni <a href="#_ftn7_4626" name="_ftnref7_4626">[7]</a> quando il figlio fu incoronato (1189, a 32 anni) e ne aveva dieci anni in più quando Riccardo morì (nel 1199). Non sarebbe tanto strano se fosse proprio la bellissima Eleonora la donna ritratta da Leighton, anche se giovane, ella era pur sempre il simbolo della donna a cui il cavaliere doveva tutto <a href="#_ftn8_4626" name="_ftnref8_4626">[8]</a> e Riccardo soprattutto le doveva tutto, a cominciare dalla disperata battaglia per l’Aquitania che Eleonora combatté per lui <a href="#_ftn9_4626" name="_ftnref9_4626">[9]</a>. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442702724">Fonti</a></h2> <ul> <li><a href="http://fr.wikipedia.org/wiki/Broigne">http://fr.wikipedia.org/wiki/Broigne</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Eleonora%20d'Aquitania">http://it.wikipedia.org/wiki/Eleonora d’Aquitania</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Riccardo">http://it.wikipedia.org/wiki/Riccardo</a> Cuor di Leone</li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Sarmati">http://it.wikipedia.org/wiki/Sarmati</a></li></ul> <p> <ul> <li><i>Eleonora d'Aquitania. La regina dei trovatori</i>, di Jean Markale. Rusconi Editore, 1980, p. 305.</li> <li><i>Graal</i> di Richard Barber, Piemme ed., 2004 – 542 pp.</li> <li><i>La società feudale</i>, di Marc Bloch, IV ed. a cura di, Torino: Einaudi ed., 1962, p. 669.</li> <li><i>Norman night 950 – 1204 AD</i> di Christopher Gravett. Osprey ed., 1993 – 64 pp.</li></ul> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_4626" name="_ftn1_4626">[1]</a> Non c’era dunque una leva simile a quella moderna, dove il combattente riceve una formazione. La leva volontaria era poi molto apprezzata ma per potersi armare i costi erano esorbitanti e dunque conveniva sottomettersi a qualcuno, giurandogli fedeltà, per poter servire nel suo esercito. <p><a href="#_ftnref2_4626" name="_ftn2_4626">[2]</a> I difetti del sistema di reclutamento dei Merovingi pesò notevolmente sul campo di battaglia ed era tanto più evidente quando la preponderanza passò dal fante al cavaliere fornito di un’importante armamento offensivo e difensivo. <p><a href="#_ftnref3_4626" name="_ftn3_4626">[3]</a> Un cavallo costava sei volte un bove ed era il medesimo prezzo per una <em>broigne</em>, una specie di armatura composta da anelli metallici uniti e cuciti ad un supporto in pelle o cuoio. Non era proprio una cotta di maglia, come la intendiamo noi. Si trattava in sostanza di due tessuti: uno metallico esterno composto da anelli uniti tra loro o piastre, cuciti al contempo al tessuto sottostante che era di pelle o più probabilmente cuoio. Si trattava di un lavoro lungo e meticoloso e dunque molto costoso. Ne esistono traccia fin dal tempo dei Merovingi. Il prezzo di un elmo, invece, era la metà di quello di un cavallo. Nell’VIII secolo un piccolo proprietario dell’Alemannia dovette cedere i campi paterni ed uno schiavo per cavallo e spada. <p><a href="#_ftnref4_4626" name="_ftn4_4626">[4]</a> In un mondo e un’epoca in cui la vita media raramente superava i quarant’anni, presso i Carolingi l’età per l’arruolamento a cavaliere, cioè a soldato che combatte a cavallo si aggirava attorno ai quattordici anni. <p><a href="#_ftnref5_4626" name="_ftn5_4626">[5]</a> Staffa e ferro di cavallo erano ignorati dai popoli mediterranei ed europei prima del IX secolo quando furono importati grazie all’interazione con l’Oriente. La staffa fu probabilmente inventata dai Sarmati (un popolo iranico, in origine abitavano le steppe lungo il Volga, poi in diversi periodi e a diverse ondate essi si spinsero verso occidente). Il ferro di cavallo invece permetteva maggiore stabilità, specie durante la carica, anche nei terreni più instabili. <p><a href="#_ftnref6_4626" name="_ftn6_4626">[6]</a> Sotto la cotta di maglia e sotto la parte di armatura fatta con anelli era solitamente indossata i primi tempi la normale camicia con brache di tessuto normale (lino o lana), solo successivamente si provvide a creare uno strato intermedio tra indumento intimo e armatura, realizzato con imbottitura che serviva soprattutto ad attutire i colpi. Le prime forme di imbottitura di protezione risalgono alla fine del XII secolo e agli inizi del XIII. Anche la testa veniva protetta con una cuffia imbottita sopra la quale veniva indossato il semplice camaglio, non più attaccato come i primi tempi ad un lembo di pelle, ma costituito dei semplici anelli metallici. <p><a href="#_ftnref7_4626" name="_ftn7_4626">[7]</a> Eleonora d’Aquitania ebbe in tutto undici figli (due figlie dal primo marito, Luigi VII avute che aveva superato la ventina di anni; e altri nove dal secondo marito, Enrico II e il primo figlio da lui lo ebbe superata la trentina). <p><a href="#_ftnref8_4626" name="_ftn8_4626">[8]</a> Non è da confondere la donna dei romanzi di Chretien per la quale ogni cavaliere perde praticamente il senno con quella lontana ed eterea, irraggiungibile del dolce stil novo nato nel XIII secolo. Pur essendo al centro la donna era vista sotto due aspetti diversi: quello di Chretien e dei trovatori era un aspetto anche erotico, mentre quello dei poeti del dolce stil novo era un aspetto soprattutto spirituale. <p><a href="#_ftnref9_4626" name="_ftn9_4626">[9]</a> Ci fu una lotta lunga e dolorosa in cui Eleonora si batté soprattutto psicologicamente contro il marito Enrico II che voleva l’Aquitania come feudo per Giovanni, mentre Eleonora che si riteneva a tutti gli effetti signora di Aquitania la voleva per il figlio prediletto Riccardo. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-12396015826627981402012-10-13T02:16:00.001-07:002016-02-08T04:47:21.062-08:00The Fame<p>Il titolo del dipinto di Edmund Blair Leighton si ispira ad un ambiente di corte altomedievale e i costumi sono quelli tipici delle corti altomedievali francesi dei secoli dal X al XII secolo. <p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh3.ggpht.com/-IXUg4loqw5A/UHkxdqwPwQI/AAAAAAAAXlQ/iwZfRsy6Vrk/Edmund-Blair-Leighton%252520-%252520Fading%252520laurels.%25255B3%25255D.jpg?imgmax=800" width="700" height="1045"> <p> <p><img style="float: left; margin: 0px 10px 5px 0px; display: inline" src="http://lh5.ggpht.com/-bULnl4NtZH8/UHkxe7bgMTI/AAAAAAAAXlU/0XQ5P5EhOyk/Edmund-Blair-Leighton%252520-%252520Fading%252520laurels.%25255B12%25255D.jpg?imgmax=800" width="100" align="left" height="342">Le dame (sono soprattutto sullo sfondo e non si vedono bene) e quella in primo piano soprattutto indossano l’abito tipico delle classi agiate del periodo suddetto. La dama con abito bianco indossa una tunica di fattura semplice con maniche strette ai polsi sopra la quale è indossato il bliaud, un tipo di abito indossato caratterizzato dalla gonna e dalle maniche svasate. In vita veniva portata una cintura che rispecchiava la moda francese altomedievale. La cintura fu un vero e proprio trionfo della moda francese, morbida e girata intorno alla vita, incrociata dietro, la cintura tornava sul davanti della figura per annodarsi con eleganza e con falsa negligenza verso il basso, risaltando la forma dei fianchi. Questo nodo metteva in evidenza la vita bassa ed era simbolo di eleganza, ma solo le dame di rango maggiore e le più ricche potevano permetterselo e questa tendenza moda era diffusa soprattutto nel sud della Francia; molte donne infatti continuavano ad usare la cintura che segnava la vita ed anche più pratica dal momento che permetteva di portare la piccola sacca nota anche come elemosiniera. I capelli erano raccolti in lunghe trecce abbellite da nastri intrecciati coi capelli e in testa poteva essere indossato anche un velo o delle piccole corone, ma questo solo le donne di sangue reale potevano permetterselo. Le dame giovani del dipinto rappresentate sullo sfondo sono vestite alla stessa maniera mentre le donne più anziane hanno il capo coperto da un velo. </p> <p> </p> <p align="center"><img src="http://lh3.ggpht.com/-jUvKWlEfGMw/UHkxf3DmBUI/AAAAAAAAXlg/8toILW3J8vQ/Edmund-Blair-Leighton%252520-%252520Fading%252520laurels.%25255B31%25255D.jpg?imgmax=800"></p> <p> </p> <p>I costumi maschili sono quelli tipici dei secoli dell’Alto Medioevo con tuniche per lo più corte, anche se non mancavano uomini che le portavano lunghe fino al polpaccio o poco sopra le caviglie; con orli magnificamente decorati. Le brache o calzamaglie erano tenute ferme in vita con un laccio inserito in una specie di coulisse, mentre ai polpacci erano tenute strette da lacci che partivano dalle scarpe e si intrecciavano. Se ne trova traccia anche nell’Arazzo di Bayeaux. I mantelli erano portati a scelta sia su di un lato che allacciati davanti sul petto. </p> <p> <h1>La corte</h1> <p>Il termine corte non si riferisce alla corte principesca dove sollazzavano e vivevano i nobili nel Medioevo, facevano anche questo, ma non inizialmente. La corte deve il suo nome inizialmente ad una situazione che tutto è fuorché nobile. Inizialmente la corte, dal latino romano cohors, chors, o cors ed indicava anzitutto il cortile, il terreno adiacente alla villa; da questo significato derivò quello di gruppo d'animali o di uomini e successivamente ancora quello di parte della legione, di coorte <a href="#_ftn1_7049" name="_ftnref1_7049">[1]</a>. In epoca medievale il termine divenne curtis ed era sempre legato alla terra agricola, in particolare all’insieme di terreni ed edifici adiacenti. Il sistema della curtis era oltretutto un sistema chiuso, caratterizzato nell’Alto Medioevo da fortificazioni poco rilevanti, altro non era che l'erede della villa romana, dominata da un signore o da un cavaliere che esercitavano un potere delegato dal concessore del beneficium e che tendevano a rimanere piuttosto isolati dai vicini. Con l’affermarsi delle monarchie europee però questo sistema cambiò favorito dal fenomeno dell’incastellamento e dal formarsi di alleanze tra i vari feudatari attraverso – soprattutto in quest’ultimo caso – politiche di natura matrimoniale. La corte, in particolare quella regia, divenne il luogo dove si concentravano non più solo i poteri legislativo, amministrativo, esecutivo, ma dove giungevano e da cui partivano trovatori, musici e scrittori raccontando ballate e storie e divenne anche il luogo dove la donna era il vero centro di un piccolo universo, dove essa vestiva alla moda con colori vivaci e sgargianti. La storia della corte e del sistema curtense sarebbe a dire il vero molto molto più lunga e dettagliata e non sarebbe pertinente trattare un tema storico sulla corte in una pagina dedicata alla storia del costume <a href="#_ftn2_7049" name="_ftnref2_7049">[2]</a>. <p> <p> <h2>Fonti:</h2> <p>L’enciclopedia della donna, Fabbri Editori ed., 1963 pp. 516 <p><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/coorte/">http://www.treccani.it/enciclopedia/coorte/</a> <p><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/corte_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/Corte</a> <p><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Corte_%28storia%29#I_vassi">http://it.wikipedia.org/wiki/Corte</a> <p><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Corte_feudale">http://it.wikipedia.org/wiki/Corte_feudale</a> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_7049" name="_ftn1_7049">[1]</a> Unità tattica dell’esercito romano. Composta da un numero di uomini oscillante tra 300 e 600, in seguito alla riforma di Mario divenne il cardine della suddivisione operativa della legione, prima impostata su unità più piccole, i manipoli. <p><a href="#_ftnref2_7049" name="_ftn2_7049">[2]</a> Questo paragrafo ha soprattutto un ruolo semplificativo nel trattare la storia della corte medievale e altri approfondimenti saranno in futuro trattati nella home del sito. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-11272154194978117932012-10-09T08:47:00.001-07:002016-02-08T04:31:58.512-08:00Il re cui non piaceva alcuna donna<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442700541">L’opera</a></li> <li><a href="#_Toc442700542">La leggenda racconta che…</a></li> <li><a href="#_Toc442700543">…forse un fatto di cronaca…mistero aperto</a></li> <li><a href="#_Toc442700544">Fredegonda, la serva che sfidò la regina</a></li> <li><a href="#_Toc442700545">I costumi dei personaggi</a></li> <li><a href="#_Toc442700546">Fonti bibliografiche</a></li></ul> <p> <h2><a name="_Toc442700541">L’opera</a></h2> <p>Il dipinto di Leighton questa volta si rifà ad un mito, raccontato nelle ballate medievali <a href="#_ftn1_7680" name="_ftnref1_7680">[1]</a> e citato per la prima volta solo verso la fine del XVI secolo quando fu citata in alcune opere di William Shakespeare <i>Love's Labour's Lost</i>, <i>Romeo and Juliet</i>, <i>Richard II</i>, ed <i>Henry IV</i>. Successivamente nel 1612 fu citata anche da Richard Johnson, uno scrittore inglese contemporaneo a Shakespeare <a href="#_ftn2_7680" name="_ftnref2_7680">[2]</a>. La ballata fu riportata anche da altri autori nei due secoli successivi e divenne così nota al pubblico cui Leighton si rivolgeva. La leggenda ha del fantastico, è un po’ rocambolesca e quasi paradossale se consideriamo che in epoca medievale – come oggi del resto – è difficile che esista un uomo, un esemplare di sesso maschile della razza umana, incapace di provare attrazione per il sesso opposto. <p> <p align="center"><img title="" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-jQKw5c7r9v0/VriKtNDdIGI/AAAAAAAAohg/ROnuQhlcYMc/Leighton-The_King_and_the_Beggar-maid%25255B9%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1089"> <p align="right"> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442700542">La leggenda racconta che…</a></h2> <p>…c’era una volta un re: Copethua, un re africano, famoso per non provare attrazione alcuna e di alcun genere per il gentil sesso. Strano ma vero, finchè non gli capitò, un giorno come tanti, di guardare fuori dalla finestra e vide una mendicante, Penelophon <a href="#_ftn3_7680" name="_ftnref3_7680">[3]</a>, un po’ malconcia. Come direbbero Chretien o Maria di Francia, Amore mai lo aveva toccato, si era ben guardato dal farlo e improvvisamente cambiò idea: lo volle schiavo a tutti i costi e lo ottenne. Copethua si innamorò all’istante e giurò, se non l’avesse avuta, che si sarebbe tolto la vita. Scese per le strade ed elargì denaro ai poveri giungendo a pieni fino a lei, inginocchiatosi le chiese di essere sua moglie e la sua regina. E lei accettò. Da quel giorno lei non fu più povera e visse al fianco del re come una regina degna di ogni onore, amata dal popolo. La storia termina con la morte serena dei due protagonisti che vengono anche sepolti insieme. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442700543">…forse un fatto di cronaca…mistero aperto</a></h2> <p>La ballata potrebbe benissimo essere stata a suo tempo ispirata ad un fatto di cronaca anche se non se ne hanno le prove. L’Africa del Medioevo era occupata a nord prevalentemente dai musulmani e più a sud vi erano altri regni che subirono più o meno indirettamente l’influenza della dominazione araba. La storia di Re Copethua è scritta però secondo uno stile più noto nelle corti occidentali, cristiane, dove certamente l’amore impossibile raccontato nelle ballate attirava più ascoltatori, e anche un sovrano che perde la testa per una mendicante era un tema che doveva fare audience, almeno quanto ne farebbe oggi. Provate a pensare ad un principe di una odierna monarchia che scende in strada e vuole sposare la mendicante accovacciata sotto la sua torre e vedete che audience! Specialmente oggi un caso del genere sarebbe anche una scoperta scientifica allucinante! Scherzi a parte, abbiamo analizzato i costumi del dipinto: Copethua indossa costumi tipici del periodo altomedievale con un mantello realizzato a motivi cruciformi, che è dubbio esistessero nell’Africa medievale sotto il dominio musulmano. L’ambiente rappresentato è senz’altro molto ricco, sullo sfondo si vede anche steso sul pavimento un tappetto di pelliccia leopardata o tigrata. Il baldacchino del trono sotto il quale il Re offre la corona alla fanciulla assomiglia molto ai baldacchini europei dunque il dipinto potrebbe ispirarsi a qualcosa di più vicino all’autore piuttosto di qualcosa così remoto e lontano. L’uomo di sottofondo, quello un po’ in ombra indossa un costume tipico dell’Alto Medioevo, con il mantello allacciato su di una spalla. A chi mai potrebbe essersi ispirato il primo autore della ballata medievale? E il pittore ha voluto coscienziosamente celare questa storia in un dipinto? <p> <p>Abbiamo trovato alcune storie interessanti ma la maggior parte delle protagoniste erano donne divenute amanti di sovrani o nobili o condottieri famosi. Non era una cosa rara per l’epoca medievale che una donna di umili origini divenisse l’amante di un nobile e non ci sono periodi in cui questo andazzo scomparve, non nel Medioevo soprattutto. Abbiamo iniziato a guardare tanto per cominciare nell’Alto Medioevo e ci son capitati per le mani due casi simile a quello cantato dalla ballata e dunque una probabile fonte di ispirazione per il primo autore della ballata medievale <a href="#_ftn4_7680" name="_ftnref4_7680">[4]</a> potrebbe essere stato il caso di Fredegonda o quello Santa Batilde (se non entrambi). <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442700544">Fredegonda, la serva che sfidò la regina</a></h2> <p>Oh una rivalità in salsa medievale e oltretutto tra donne! Cominciò male questa storia. Fredegonda, di cui non si conoscono gli ascendenti, era di umilissimi natali ed entrò come serva alla corte di Soissons, dove venne delegata al servizio della regina Audovera <a href="#_ftn5_7680" name="_ftnref5_7680">[5]</a>, ma la sua grande bellezza venne notata dal re Chilperico, che ne fece la sua favorita, e, col tempo, divenne anche uno dei più ascoltati consiglieri del sovrano, e la sua influenza politica crebbe a dismisura. Chilperico I, inoltre, nel quadro di una politica di amicizia con il confinante Regno dei Visigoti e invidioso del suo fratellastro Sigeberto I che aveva sposato la figlia Brunechilde decise di unirsi in matrimonio alla sorella di quest'ultima, Galsuinda <a href="#_ftn6_7680" name="_ftnref6_7680">[6]</a> e chiese ad Atanagildo la sua mano, ottenendola. Per sposare Galsuinda bisognava togliersi dai piedi però la prima moglie e così Chilperico I ripudiò Audovera; allontanò persino l’amante Fredegonda, la sua concubina favorita, e sposò Galsuinda. Evidentemente Chilperico doveva aver preso una bella sbandata o aveva fatto male i conti e tra i due sposi non doveva certo scorrere il fiume della passione, era palesemente un matrimonio di interesse e presto Chilperico richiamò Fredegonda e per Galsuinda iniziarono i guai, tanto da portare non solo quest’ultima all’esasperazione ma le due donne giunsero persino alle mani. Il marito, con giuste parole, la riuscì a lusingare e a farla desistere dal suo proposito, ma forse istigato dall'amante, Chilperico, nel 568 la fece uccidere; secondo Gregorio di Tours la fece strangolare nel letto da un servo. Tutto questo per una serva, una donna del popolo, comune, dall’intenzione e intelletto certo all’epoca non comuni. Galsuinda moriva senza figli e dal suo sangue sgorgò una guerra tra Neustria e Austrasia che si concluse con la vittoria del figlio di Fredegonda e Chilperico I contro Brunechilde. Tolti tutti gli ostacoli Fredegonda divenne regina, sposò Chilperico nel 568 d.C. ma doveva fare i conti con la sorella di Galsuinda, e poco dopo, infatti, scoppiò una sanguinosa guerra in cui queste due regine fecero più danni dei soldati mandati a combattere e questo perché si fecero anche la guerra psicologica. Fredegonda avrebbe fatto infatti assassinare Sigeberto, marito di Brunechilde dopo che questi a seguito della guerra aveva ottenuto la dote portata da Galsuinda e che Chilperico non voleva restituire. Fatta vedova la rivale, Chilperico su istigazione della moglie probabilmente, fece rapire Brunechilde che però riuscì a fuggire e a recuperare il trono per il figlioletto. Fredegonda non si diede pace, la volle sconfitta a tutti i costi e prima tentò di far scoppiare uno scandalo prendendo quale pretesto il matrimonio celebrato segretamente tra Brunechilde e il secondogenito di Audovera, Meroveo, verso il 576, e lo fece uccidere e poi fece esiliare san Pretestato, colpevole di aver celebrato le nozze e di aver pubblicamente denunciato i crimini di Fredegonda. Non ottenendo niente Fredegonda pensò, mentre probabilmente meditava delle alternative, di eliminare la prima moglie Audovera e l’ultimo figlio di Chilperico avuto da lei <a href="#_ftn7_7680" name="_ftnref7_7680">[7]</a>; avrebbe fatto poi assassinare anche Chilperico <a href="#_ftn8_7680" name="_ftnref8_7680">[8]</a> e diventua unica regina provvide a riprendere la guerra contro la rivale, riuscì ad invadere la Borgogna annettendola all’Austrasia, nonostante il regno di Borgogna avesse già un proprio re legittimato a succedere a Sigeberto. L’anno dopo, così raccontano le cronache, Fredegonda morì e al trono salì Clotario II. Anche per costui le cose non cominciarono affatto bene e in un primo tempo fu sconfitto, per vincere successivamente contro i figli di Brunechilde e contro lei stessa. Brunechilde fu infatti tradita e abbandonata da tutti, venne catturata, nei pressi del lago di Neuchatel, e consegnata a Clotario II. Dopo tre giorni di torture, Brunechilde venne legata alla coda di un cavallo per i capelli, per un braccio e per un piede. Il cavallo fu fatto correre finché Brunechilde ripetutamente colpita dagli zoccoli dei cavalli morì. Tutto questo era la conseguenza del potere di una serva. Fredegonda. <p> <p>La seconda storia è un po’ più tranquilla ed è quella di Santa Batilde, vissuta quasi due secoli dopo le vicende di Fredegonda e Brunechilde. Le fonti risalenti a quell’epoca e le leggende successive sono un po’ contradditorie tra loro: secondo alcuni lei Batilde potrebbe essere stata di nobili natali sassoni, fatta poi schiava e venuta al maggiordomo di palazzo Ercinoaldo che rimasto vedovo da poco le propose di divenire sua moglie, ma la fanciulla avrebbe declinato tutti gli inviti di quel pretendente indesiderato che era il suo padrone. Secondo uno degli storici dell’epoca, Fredegario <a href="#_ftn9_7680" name="_ftnref9_7680">[9]</a>, Batilde era bellissima, intelligente, modesta e molto sensibile alle necessità altrui. Dunque Ercinoaldo rinunciò al proposito, presentandola invece al re Clodoveo II il quale se ne innamorò e la prese in sposa attorno al 650. Clodoveo non aveva una fama proprio positiva e secondo le cronache finchè la madre fu in vita e anche dopo, fino a quando non si impose con la forza, fu escluso dalla vita politica del suo regno <a href="#_ftn10_7680" name="_ftnref10_7680">[10]</a>. Quando prese il potere Clodoveo ebbe una vita politica piuttosto movimentata: l’attuale Francia era suddivisa in tanti piccoli regni, spesso in lotta continua tra loro in virtù di legami di sangue e dunque di parentela, unici tipi di legame che all’epoca potevano legittimare il potere regio e Clodoveo avrebbe approfittato di queste situazioni per ingrandire il proprio regno <a href="#_ftn11_7680" name="_ftnref11_7680">[11]</a>. Da Batilde Clodoveo ebbe tre figli, i futuri sovrani di Neustria <a href="#_ftn12_7680" name="_ftnref12_7680">[12]</a>, Burgundia <a href="#_ftn13_7680" name="_ftnref13_7680">[13]</a> e Austrasia <a href="#_ftn14_7680" name="_ftnref14_7680">[14]</a>. Batilde aveva sei-sette anni più di suo marito e quando si sposarono lei aveva più di vent’anni mentre lui era un adolescente, secondo le fonti, lussurioso, avido e dedito al bere. Aveva da poco superato i trent’anni quando, negli ultimi anni della sua vita e di regno, uscì di senno e morì nel 655 ed i figli (nati tutti tra il 651 e il 652) erano ancora dei bambini. Batilde fece da reggente, aiutata (o affiancata) dal suo antico padrone, Ercinoaldo. Le fonti raccontano che morto il marito Batilde cercò di ricostruire l'unità del regno franco in favore del primogenito, Clotario III. Da regina si dimostrò una capace donna di governo. Proibì tra l'altro il commercio di schiavi cristiani (si impegnò molto a riscattare bambini venduti in schiavitù). Al raggiungimento della maggiore età da parte di Clotario III e dopo la morte di Ercinoaldo Batilde fu costretta ad abbandonare la corte e a ritirarsi nell’abbazia di Chelles, uno dei numerosi monasteri che aveva contribuito a fondare, dove trascorse il resto della sua vita dedicandosi alla cura dei malati. Fu canonizzata due secoli dopo da Papa Niccolò I durante il regno di Ludovico il Pio. <p> <p>Nel contesto del VII secolo una schiava non aveva una dignità maggiore di quella di una mendicante. Una mendicante se veniva catturata da un qualche signorotto locale che avrebbe potuto farne ciò che voleva, avrebbe avuto eguale sorte di una schiava o concubina. Non tutte avevano certo la fortuna di finire nelle grazie di un re e diventare regine. Ovviamente è e rimane un’ipotesi la nostra e potrebbe non essere quella giusta poiché a sostenerla c’è solo la definizione delle ballate (trascritte dalla tradizione orale solo in Era moderna) e fatti di cronaca passati alla storia molto somiglianti al racconto narrato dalla ballata che Shakespeare per primo citò. Il Medioevo durò oltre mille anni e le fonti non sono dettagliate sempre su questo periodo, specie i primi secoli. Senza le fonti degli storici dell’epoca, dei biografi, non sapremmo niente nemmeno di Carlo Magno. La nostra ipotesi è avvallata dal fatto che a quell’epoca una donna di umili origini era più probabile che divenisse la serva o la concubina di un re, difficilmente divenivano dame al seguito delle regine <a href="#_ftn15_7680" name="_ftnref15_7680">[15]</a>. Inoltre in epoca medievale, altro fatto che potrebbe avallare la nostra ipotesi, i sovrani (se non uscivano di senno in tenera età) non avevano interesse alcuno a sposare una donna di umili origini, era la loro mentalità in ogni angolo della cristianità medievale. La donna meno titolata che un re poteva scegliere quale sposa era la figlia del siniscalco <a href="#_ftn16_7680" name="_ftnref16_7680">[16]</a> o del maggiordomo <a href="#_ftn17_7680" name="_ftnref17_7680">[17]</a> nella Francia sotto il dominio Franco di Merovingi e Carolingi soprattutto. Inoltre, spesso e volentieri le fonti storiche dell’epoca altomedievale sono le prime a non riportare, per mancanza di conoscenze del loro autore, l’ascendenza delle donne che veniva sposate dai sovrani Franchi, ma certamente esse non erano schiave. Sui Merovingi non bisogna dimenticare che è sempre aleggiato quel chè che li rendeva più vicini alle fiabe dell’epoca o alle telenovele moderne e a parte qualcuno della dinastia particolarmente dotato di carattere che si è guadagnato il rispetto anche degli storici, sono stati deposti facilmente dai primissimi Carolingi. Insomma, non sappiamo se queste vicende di cronaca, la prima soprattutto, abbiano ispirato gli scrittori teatrali come Shakespeare che per primo citò la ballata di Re Copethua e sul fatto di non provare attrazione alcuna per le donne, beh, poteva essere una presa in giro palese, una sorta di amara ironia visto che le donne, i sovrani Merovingi non le disegnavano certo, alla pari dei loro successori, preferendo certo quelle di umili natali quali concubine e quelle nobili come mogli. Sarebbero certo stati presi per matti se ne avessero disegnata una. Tra Batilde e Fredegonda, considerando la trama della ballata e dunque della leggenda, è più facile che si tratti di Batilde, la protagonista ribattezzata Penelophon, anche per via del fatto che come nella leggenda originale, Batilde si prodigò per i poveri e i bisognosi. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442700545">I costumi dei personaggi</a></h2> <p align="center"><img src="http://lh4.ggpht.com/-Vn2mSC2J7lk/UHRHCPBHpsI/AAAAAAAAXjs/3NKFmdHodIw/Edmund%252520Blair%252520Leighton%252520-%252520king%252520to%252520the%252520bed%25255B15%25255D.jpg?imgmax=800" width="450" height="880"></p> <p align="center"> </p> <p>Certamente Penelophon è vestita in modo umilissimo: con una semplice tunica a coprire le nudità e i piedi scalzi, i capelli incolti e scomposti, lunghi e spettinati, un mantello tutto rovinato che la copre alla meglio. Copethua invece veste secondo il costume altomedievale, quello franco, non dissimile da quello altomedievale in generale, specie da quello Bizantino dei primi secoli del Medioevo. <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-wz89IhgxxBI/UHRHD3TttBI/AAAAAAAAXj0/YM2k-26f1w8/Edmund%252520Blair%252520Leighton%252520-%252520king%252520to%252520the%252520bed%25255B27%25255D.jpg?imgmax=800" width="450" height="667"> <p align="center"> <p align="center"><img src="http://www.siue.edu/COSTUMES/images/PLATE14BX.JPG"> <p align="center"><em>Figura 1 – Costumi franchi del periodo VII secolo d.C. The History Of Costume di Braun e Schneider; c.1861-1880</em> <p> <p>La tunica del re è un modello semplice con le maniche cucite e non un unico pezzo; di colore rosso sangue, intenso con qualche decorazione dorata sugli orli delle maniche e le maniche stesse, oltre che sull’orlo del gonnellino della tunica. Il mantello è un vero e proprio tesoro di ricami d’oro in campo bordeaux, con motivi cruciformi e i bordi magnificamente decorati con motivi che si ripetono lungo tutto il perimetro del mantello stesso. Mentre gli abiti di Penelophon sono realizzabili con lino o lana vecchi (che danno l’effetto del logoro, usato) quelli del Re sono realizzabili con lana pura, poiché è solo nel VI secolo che la seta viene sottratta al monopolio dei cinesi da Costantinopoli. I ricami sono da eseguirsi con filo d’oro e senza lurex. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442700546">Fonti bibliografiche</a></h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Balthild">http://en.wikipedia.org/wiki/Balthild</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/The_King_and_the_Beggar-maid">http://en.wikipedia.org/wiki/The King and the Beggar maid</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Austrasia">http://it.wikipedia.org/wiki/Austrasia</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Batilde_%28regina_di_Neustria%29">http://it.wikipedia.org/wiki/Batilde (regina di Neustria)</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Borgogna">http://it.wikipedia.org/wiki/Borgogna</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Brunechilde%20regina%20merovingia)">http://it.wikipedia.org/wiki/Brunechilde regina merovingia)</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Clodoveo%20II#Biografia">http://it.wikipedia.org/wiki/Clodoveo II </a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Fredegario">http://it.wikipedia.org/wiki/Fredegario</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Fredegonda">http://it.wikipedia.org/wiki/Fredegonda</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Maggiordomo">http://it.wikipedia.org/wiki/Maggiordomo</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Neustria">http://it.wikipedia.org/wiki/Neustria</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Richard_Johnson_%28XVI_secolo%29">http://it.wikipedia.org/wiki/Richard Johnson</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Siniscalco">http://it.wikipedia.org/wiki/Siniscalco</a></li> <li><a href="http://sacred-texts.com/neu/eng/boeb/boeb04.htm">http://sacred-texts.com/neu/eng/boeb/boeb04.htm</a></li> <li><em>The History Of Costume</em> di Braun e Schneider; c.1861-1880</li></ul><br clear="all"> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_7680" name="_ftn1_7680">[1]</a> Dell’opera originale risalente al periodo medievale non ne esistono tracce, dunque ci rifacciamo alla data della prima citazione della leggenda. <p><a href="#_ftnref2_7680" name="_ftn2_7680">[2]</a> Fu uno scrittore inglese di romanzi amorosi e di genere cavalleresco. La sua opera più famosa è The Famous Historie of the Seven Champions of Christendom, probabilmente del 1596. Il successo di questo libro fu così grande che l'autore decise di aggiungere una seconda e terza parte pubblicate nel 1608 e nel 1616. <p><a href="#_ftnref3_7680" name="_ftn3_7680">[3]</a> Equivalente di Penelope, nome di origine greca. Potrebbe trattarsi di una ballata ispirata al mondo classico, anche in genere le ballate medievali erano una versione modificata della versione modificata di un fatto di cronaca. Era un modo contradditorio per dire che una cosa era successa e non si sarebbe dovuta ricordare, ma che andava invece ricordata. <p><a href="#_ftnref4_7680" name="_ftn4_7680">[4]</a> Non Shakespeare, lui probabilmente basò le sue opere su ballate precedenti reperite da qualche parte o aveva deciso di ispirarsi ad una leggenda tramandata oralmente mettendola per primo per iscritto. Il primo autore è anonimo e senza tempo dunque. <p><a href="#_ftnref5_7680" name="_ftn5_7680">[5]</a> Prima moglie di Chilperico I. Di lei non si conoscono gli ascendenti. Fu ripudiata per sposare Galsuinda, principessa visigota. <p><a href="#_ftnref6_7680" name="_ftn6_7680">[6]</a> Era molto ricca e quando per via dei continui litigi con l’amante Fredegonda lasciò il marito e tornò in patria, a Toledo, da dove era partita con una scena straziante di separazione dalla madre. Lasciò a Chilperico I tutta la dote. <p><a href="#_ftnref7_7680" name="_ftn7_7680">[7]</a> I suoi due figli maschi ancora in vita erano morti, per un attacco di dissenteria. <p><a href="#_ftnref8_7680" name="_ftn8_7680">[8]</a> Subito dopo la nascita dell'ultimo figlio Clotario II, nel 584 Chilperico morì, ucciso da uno sconosciuto che riuscì a dileguarsi (secondo l'Ex chronico S. Medardi suessionensis, Fredegonda, definita pessima, fu la mandante occulta dell'omicidio del marito, dopo che aveva scoperto che lui la tradiva) e Fredegonda assunse la reggenza in nome del figlio. <p><a href="#_ftnref9_7680" name="_ftn9_7680">[9]</a> È stato uno storico franco, di origine burgunda (attuale Borgogna). È ricordato per la sua opera Cronaca di Fredegario, redatta, probabilmente, tra il 658 ed il 660, in Austrasia. La cronaca è una storia universale che comprende il periodo che va dalla creazione all'anno 660. Quest'opera è una di quelle su cui si basano le conoscenze del periodo Alto-medioevale. La cronaca si incentra soprattutto sulla storia del regno dei Franchi, ma comprende anche notizie sugli Ostrogoti e sui Longobardi in Italia, sui Vandali, prima in Francia e poi in Spagna ed anche sul mondo bizantino. <p><a href="#_ftnref10_7680" name="_ftn10_7680">[10]</a> Il suo stesso maggiordomo avrebbe cooperato per tenere il giovane principe fuori dagli affari di stato e di fatto governava lui. <p><a href="#_ftnref11_7680" name="_ftn11_7680">[11]</a> I fratellastri erano spesso al centro delle guerre, anzi, erano loro la causa in quanto avendo spesso lo stesso padre o la stessa madre, rivendicavano diritti che i figli di primo letto volevano come loro. Era il caos per certi versi e proprio grazie a quel caos, c’era sempre chi riusciva ad approfittarne per scopi personali e quando si poteva evitare di spargere sangue, si facevano tonsurare i nemici e venivano mandati in monasteri (potremmo oggi dire, di massima sicurezza). <p><a href="#_ftnref12_7680" name="_ftn12_7680">[12]</a> La Neustria è una regione storica nata nel 511, situata fra l'Aquitania ed il canale della Manica, approssimativamente la maggior parte del nord dell'odierna Francia con Parigi e Soissons come città principali. La Neustria costituiva la parte più occidentale del regno dei Franchi durante la dinastia dei Merovingi dal VI all'VIII secolo. La suddivisione nacque quando alla morte di Clodoveo I (regnò fra il 482 e il 511) i figli si spartirono il regno. <p><a href="#_ftnref13_7680" name="_ftn13_7680">[13]</a> Attuale Borgogna, è una regione della Francia centrale. La Borgogna deve il suo nome alla antica popolazione germanica dei Burgundi che nel V secolo fondarono un reame nella Gallia romana centro meridionale. L'attuale regione francese della Borgogna corrisponde solamente ad una parte di questo antico regno, vale a dire quella che in epoche successive formò il cosiddetto Ducato di Borgogna. Il reame creato dai Burgundi o Regno di Borgogna venne in seguito annesso dai Franchi e dopo l'epoca carolingia ridivenne indipendente (come Regno di Arles) prima di scorporarsi successivamente in diversi territori più o meno indipendenti (tra questi il Ducato di Borgonga, la Franca Contea di Borgonga, la Provenza, il Delfinato, la Savoia, la Svizzera francofona, ecc.) divenendo quindi "regno delle Due Borgogne" per poi essere nuovamente accorpato al Sacro Romano Impero. <p><a href="#_ftnref14_7680" name="_ftn14_7680">[14]</a> L'Austrasia era il più potente dei quattro ducati principali al tempo dei re merovingi, con capitale Reims. Partirà da qui, infatti, l'idea di rovesciare il trono dei discendenti di Clodoveo I. Occupava la parte orientale del regno merovingio, sulle due sponde del Reno, della Mosa e della Mosella. Esso confinava a ovest con il regno della Neustria, a sud ovest con il regno dei Burgundi, a sud est con la sottomissione di Svevi e Alemanni occupava l'altopiano svizzero e parte delle Alpi e Prealpi svizzere e bavaresi, a est confinava con i Sassoni e a nord con il mare. La parabola storica del primo regno di Austrasia va dalla morte di Clodoveo (511) alla salita al trono di Clotario I che riuscì a riunificare il Regno dei Franchi. Tuttavia alla sua morte, il regno venne nuovamente diviso in quattro parti e l'Austrasia, con capitale Metz, venne affidata a Sigeberto I, i cui discendenti ressero il regno sino all'estromissione dal trono a favore di Clotario II che riunificò il Regno franco. L'Austrasia tornò ad essere regno autonomo alla morte di Dagoberto I, che la lasciò in eredità a suo figlio Sigeberto III, sino al 673 quando il re Childerico II invase la vicina Neustria e riunificò il regno franco. La presa di potere (751) di Pipino il Breve, che rinchiuse il re Childerico III e si proclamò Re dei Franchi, mise fine alla dinastia Merovingia ed all'Austrasia come entità territoriale autonoma. <p><a href="#_ftnref15_7680" name="_ftn15_7680">[15]</a> Le dame delle regine di qualunque periodo della storia erano spesso figlie di nobili, con più di un titolo o non dello stesso rango, e venivano mandate nelle corti come apprendistato dopo aver ricevuto una minima istruzione in monasteri prestigiosi (più ricchi anche economicamente). <p><a href="#_ftnref16_7680" name="_ftn16_7680">[16]</a> Nell'Europa occidentale il siniscalco (dal protogermanico sini-, radice che significa 'anziano', e skalk, 'servitore') era originariamente colui che sovrintendeva alla mensa o, più in generale, alla casa della famiglia reale o di una grande famiglia aristocratica. <p><a href="#_ftnref17_7680" name="_ftn17_7680">[17]</a> È colui che sovrintende la servitù e il buon andamento di un palazzo principesco o signorile. La parola maggiordomo deriva dal latino "maior domus". Il termine ha origini storiche, in quanto veniva usato per definire colui che presso la corte degli ultimi Merovingi amministrava le più importanti funzioni di governo e guidava l'esercito in battaglia (Maggiordomo di palazzo). <h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442700541">L’opera</a></li> <li><a href="#_Toc442700542">La leggenda racconta che…</a></li> <li><a href="#_Toc442700543">…forse un fatto di cronaca…mistero aperto</a></li> <li><a href="#_Toc442700544">Fredegonda, la serva che sfidò la regina</a></li> <li><a href="#_Toc442700545">I costumi dei personaggi</a></li> <li><a href="#_Toc442700546">Fonti bibliografiche</a></li></ul> <h2><a name="_Toc442700541">L’opera</a></h2> <p>Il dipinto di Leighton questa volta si rifà ad un mito, raccontato nelle ballate medievali <a href="#_ftn1_2677" name="_ftnref1_2677">[1]</a> <p>e citato per la prima volta solo verso la fine del XVI secolo quando fu citata in alcune opere di William Shakespeare <i>Love's Labour's Lost</i>, <i>Romeo and Juliet</i>, <i>Richard II</i>, and <i>Henry IV</i>. Successivamente nel 1612 fu citata anche da Richard Johnson, uno scrittore inglese contemporaneo a Shakespeare <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftn1_3388" name="_ftnref1_3388">[1]</a>. La ballata fu riportata anche da altri autori nei due secoli successivi e divenne così nota al pubblico cui Leighton si rivolgeva. La leggenda ha del fantastico, è un po’ rocambolesca e quasi paradossale se consideriamo che in epoca medievale – come oggi del resto – è difficile che esista un uomo, un esemplare di sesso maschile della razza umana, incapace di provare attrazione per il sesso opposto. <hr align="left" size="1" width="33%"> <p><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/PROGETTO DIPINTI E STORIA/#_ftnref1_3388" name="_ftn1_3388">[1]</a> Fu uno scrittore inglese di romanzi amorosi e di genere cavalleresco. La sua opera più famosa è <i>The Famous Historie of the Seven Champions of Christendom</i>, probabilmente del 1596. Il successo di questo libro fu così grande che l'autore decise di aggiungere una seconda e terza parte pubblicate nel 1608 e nel 1616. <p>. <p align="center"> <p align="center"><img title="" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-xIj0tpRMrnA/VriHibRxd_I/AAAAAAAAohQ/AEenUvWjwvg/Leighton-The_King_and_the_Beggar-maid%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1089"> <p align="right"> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p> <h2><a name="_Toc442700542">La leggenda racconta che…</a></h2> <p>…c’era una volta un re: Copethua, un re africano, famoso per non provare attrazione alcuna e di alcun genere per il gentil sesso. Strano ma vero, finchè non gli capitò, un giorno come tanti, di guardare fuori dalla finestra e vide una mendicante, Penelophon <a href="#_ftn3_2677" name="_ftnref3_2677">[3]</a>, un po’ malconcia. Come direbbero Chretien o Maria di Francia, Amore mai lo aveva toccato, si era ben guardato dal farlo e improvvisamente cambiò idea: lo volle schiavo a tutti i costi e lo ottenne. Copethua si innamorò all’istante e giurò, se non l’avesse avuta, che si sarebbe tolto la vita. Scese per le strade ed elargì denaro ai poveri giungendo a pieni fino a lei, inginocchiatosi le chiese di essere sua moglie e la sua regina. E lei accettò. Da quel giorno lei non fu più povera e visse al fianco del re come una regina degna di ogni onore, amata dal popolo. La storia termina con la morte serena dei due protagonisti che vengono anche sepolti insieme. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p align="right"> <h2><a name="_Toc442700543">…forse un fatto di cronaca…mistero aperto</a></h2> <p>La ballata potrebbe benissimo essere stata a suo tempo ispirata ad un fatto di cronaca anche se non se ne hanno le prove. L’Africa del Medioevo era occupata a nord prevalentemente dai musulmani e più a sud vi erano altri regni che subirono più o meno indirettamente l’influenza della dominazione araba. La storia di Re Copethua è scritta però secondo uno stile più noto nelle corti occidentali, cristiane, dove certamente l’amore impossibile raccontato nelle ballate attirava più ascoltatori, e anche un sovrano che perde la testa per una mendicante era un tema che doveva fare audience, almeno quanto ne farebbe oggi. Provate a pensare ad un principe di una odierna monarchia che scende in strada e vuole sposare la mendicante accovacciata sotto la sua torre e vedete che audience! Specialmente oggi un caso del genere sarebbe anche una scoperta scientifica allucinante! Scherzi a parte, abbiamo analizzato i costumi del dipinto: Copethua indossa costumi tipici del periodo altomedievale con un mantello realizzato a motivi cruciformi, che è dubbio esistessero nell’Africa medievale sotto il dominio musulmano. L’ambiente rappresentato è senz’altro molto ricco, sullo sfondo si vede anche steso sul pavimento un tappetto di pelliccia leopardata o tigrata. Il baldacchino del trono sotto il quale il Re offre la corona alla fanciulla assomiglia molto ai baldacchini europei dunque il dipinto potrebbe ispirarsi a qualcosa di più vicino all’autore piuttosto di qualcosa così remoto e lontano. L’uomo di sottofondo, quello un po’ in ombra indossa un costume tipico dell’Alto Medioevo, con il mantello allacciato su di una spalla. A chi mai potrebbe essersi ispirato il primo autore della ballata medievale? E il pittore ha voluto coscienziosamente celare questa storia in un dipinto? <p>Abbiamo trovato alcune storie interessanti ma la maggior parte delle protagoniste erano donne divenute amanti di sovrani o nobili o condottieri famosi. Non era una cosa rara per l’epoca medievale che una donna di umili origini divenisse l’amante di un nobile e non ci sono periodi in cui questo andazzo scomparve, non nel Medioevo soprattutto. Abbiamo iniziato a guardare tanto per cominciare nell’Alto Medioevo e ci son capitati per le mani due casi simile a quello cantato dalla ballata e dunque una probabile fonte di ispirazione per il primo autore della ballata medievale <a href="#_ftn4_2677" name="_ftnref4_2677">[4]</a> potrebbe essere stato il caso di Fredegonda o quello Santa Batilde (se non entrambi). <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442700544">Fredegonda, la serva che sfidò la regina</a></h2> <p>Oh una rivalità in salsa medievale e oltretutto tra donne! Cominciò male questa storia. Fredegonda, di cui non si conoscono gli ascendenti, era di umilissimi natali ed entrò come serva alla corte di Soissons, dove venne delegata al servizio della regina Audovera <a href="#_ftn5_2677" name="_ftnref5_2677">[5]</a>, ma la sua grande bellezza venne notata dal re Chilperico, che ne fece la sua favorita, e, col tempo, divenne anche uno dei più ascoltati consiglieri del sovrano, e la sua influenza politica crebbe a dismisura. Chilperico I, inoltre, nel quadro di una politica di amicizia con il confinante Regno dei Visigoti e invidioso del suo fratellastro Sigeberto I che aveva sposato la figlia Brunechilde decise di unirsi in matrimonio alla sorella di quest'ultima, Galsuinda <a href="#_ftn6_2677" name="_ftnref6_2677">[6]</a> e chiese ad Atanagildo la sua mano, ottenendola. Per sposare Galsuinda bisognava togliersi dai piedi però la prima moglie e così Chilperico I ripudiò Audovera; allontanò persino l’amante Fredegonda, la sua concubina favorita, e sposò Galsuinda. Evidentemente Chilperico doveva aver preso una bella sbandata o aveva fatto male i conti e tra i due sposi non doveva certo scorrere il fiume della passione, era palesemente un matrimonio di interesse e presto Chilperico richiamò Fredegonda e per Galsuinda iniziarono i guai, tanto da portare non solo quest’ultima all’esasperazione ma le due donne giunsero persino alle mani. Il marito, con giuste parole, la riuscì a lusingare e a farla desistere dal suo proposito, ma forse istigato dall'amante, Chilperico, nel 568 la fece uccidere; secondo Gregorio di Tours la fece strangolare nel letto da un servo. Tutto questo per una serva, una donna del popolo, comune, dall’intenzione e intelletto certo all’epoca non comuni. Galsuinda moriva senza figli e dal suo sangue sgorgò una guerra tra Neustria e Austrasia che si concluse con la vittoria del figlio di Fredegonda e Chilperico I contro Brunechilde. Tolti tutti gli ostacoli Fredegonda divenne regina, sposò Chilperico nel 568 d.C. ma doveva fare i conti con la sorella di Galsuinda, e poco dopo, infatti, scoppiò una sanguinosa guerra in cui queste due regine fecero più danni dei soldati mandati a combattere e questo perché si fecero anche la guerra psicologica. Fredegonda avrebbe fatto infatti assassinare Sigeberto, marito di Brunechilde dopo che questi a seguito della guerra aveva ottenuto la dote portata da Galsuinda e che Chilperico non voleva restituire. Fatta vedova la rivale, Chilperico su istigazione della moglie probabilmente, fece rapire Brunechilde che però riuscì a fuggire e a recuperare il trono per il figlioletto. Fredegonda non si diede pace, la volle sconfitta a tutti i costi e prima tentò di far scoppiare uno scandalo prendendo quale pretesto il matrimonio celebrato segretamente tra Brunechilde e il secondogenito di Audovera, Meroveo, verso il 576, e lo fece uccidere e poi fece esiliare san Pretestato, colpevole di aver celebrato le nozze e di aver pubblicamente denunciato i crimini di Fredegonda. Non ottenendo niente Fredegonda pensò, mentre probabilmente meditava delle alternative, di eliminare la prima moglie Audovera e l’ultimo figlio di Chilperico avuto da lei <a href="#_ftn7_2677" name="_ftnref7_2677">[7]</a>; avrebbe fatto poi assassinare anche Chilperico <a href="#_ftn8_2677" name="_ftnref8_2677">[8]</a> e diventua unica regina provvide a riprendere la guerra contro la rivale, riuscì ad invadere la Borgogna annettendola all’Austrasia, nonostante il regno di Borgogna avesse già un proprio re legittimato a succedere a Sigeberto. L’anno dopo, così raccontano le cronache, Fredegonda morì e al trono salì Clotario II. Anche per costui le cose non cominciarono affatto bene e in un primo tempo fu sconfitto, per vincere successivamente contro i figli di Brunechilde e contro lei stessa. Brunechilde fu infatti tradita e abbandonata da tutti, venne catturata, nei pressi del lago di Neuchatel, e consegnata a Clotario II. Dopo tre giorni di torture, Brunechilde venne legata alla coda di un cavallo per i capelli, per un braccio e per un piede. Il cavallo fu fatto correre finché Brunechilde ripetutamente colpita dagli zoccoli dei cavalli morì. Tutto questo era la conseguenza del potere di una serva. Fredegonda. <p> <p>La seconda storia è un po’ più tranquilla ed è quella di Santa Batilde, vissuta quasi due secoli dopo le vicende di Fredegonda e Brunechilde. Le fonti risalenti a quell’epoca e le leggende successive sono un po’ contradditorie tra loro: secondo alcuni lei Batilde potrebbe essere stata di nobili natali sassoni, fatta poi schiava e venuta al maggiordomo di palazzo Ercinoaldo che rimasto vedovo da poco le propose di divenire sua moglie, ma la fanciulla avrebbe declinato tutti gli inviti di quel pretendente indesiderato che era il suo padrone. Secondo uno degli storici dell’epoca, Fredegario <a href="#_ftn9_2677" name="_ftnref9_2677">[9]</a>, Batilde era bellissima, intelligente, modesta e molto sensibile alle necessità altrui. Dunque Ercinoaldo rinunciò al proposito, presentandola invece al re Clodoveo II il quale se ne innamorò e la prese in sposa attorno al 650. Clodoveo non aveva una fama proprio positiva e secondo le cronache finchè la madre fu in vita e anche dopo, fino a quando non si impose con la forza, fu escluso dalla vita politica del suo regno <a href="#_ftn10_2677" name="_ftnref10_2677">[10]</a>. Quando prese il potere Clodoveo ebbe una vita politica piuttosto movimentata: l’attuale Francia era suddivisa in tanti piccoli regni, spesso in lotta continua tra loro in virtù di legami di sangue e dunque di parentela, unici tipi di legame che all’epoca potevano legittimare il potere regio e Clodoveo avrebbe approfittato di queste situazioni per ingrandire il proprio regno <a href="#_ftn11_2677" name="_ftnref11_2677">[11]</a>. Da Batilde Clodoveo ebbe tre figli, i futuri sovrani di Neustria <a href="#_ftn12_2677" name="_ftnref12_2677">[12]</a>, Burgundia <a href="#_ftn13_2677" name="_ftnref13_2677">[13]</a> e Austrasia <a href="#_ftn14_2677" name="_ftnref14_2677">[14]</a>. Batilde aveva sei-sette anni più di suo marito e quando si sposarono lei aveva più di vent’anni mentre lui era un adolescente, secondo le fonti, lussurioso, avido e dedito al bere. Aveva da poco superato i trent’anni quando, negli ultimi anni della sua vita e di regno, uscì di senno e morì nel 655 ed i figli (nati tutti tra il 651 e il 652) erano ancora dei bambini. Batilde fece da reggente, aiutata (o affiancata) dal suo antico padrone, Ercinoaldo. Le fonti raccontano che morto il marito Batilde cercò di ricostruire l'unità del regno franco in favore del primogenito, Clotario III. Da regina si dimostrò una capace donna di governo. Proibì tra l'altro il commercio di schiavi cristiani (si impegnò molto a riscattare bambini venduti in schiavitù). Al raggiungimento della maggiore età da parte di Clotario III e dopo la morte di Ercinoaldo Batilde fu costretta ad abbandonare la corte e a ritirarsi nell’abbazia di Chelles, uno dei numerosi monasteri che aveva contribuito a fondare, dove trascorse il resto della sua vita dedicandosi alla cura dei malati. Fu canonizzata due secoli dopo da Papa Niccolò I durante il regno di Ludovico il Pio. <p> <p>Nel contesto del VII secolo una schiava non aveva una dignità maggiore di quella di una mendicante. Una mendicante se veniva catturata da un qualche signorotto locale che avrebbe potuto farne ciò che voleva, avrebbe avuto eguale sorte di una schiava o concubina. Non tutte avevano certo la fortuna di finire nelle grazie di un re e diventare regine. Ovviamente è e rimane un’ipotesi la nostra e potrebbe non essere quella giusta poiché a sostenerla c’è solo la definizione delle ballate (trascritte dalla tradizione orale solo in Era moderna) e fatti di cronaca passati alla storia molto somiglianti al racconto narrato dalla ballata che Shakespeare per primo citò. Il Medioevo durò oltre mille anni e le fonti non sono dettagliate sempre su questo periodo, specie i primi secoli. Senza le fonti degli storici dell’epoca, dei biografi, non sapremmo niente nemmeno di Carlo Magno. La nostra ipotesi è avvallata dal fatto che a quell’epoca una donna di umili origini era più probabile che divenisse la serva o la concubina di un re, difficilmente divenivano dame al seguito delle regine <a href="#_ftn15_2677" name="_ftnref15_2677">[15]</a>. Inoltre in epoca medievale, altro fatto che potrebbe avallare la nostra ipotesi, i sovrani (se non uscivano di senno in tenera età) non avevano interesse alcuno a sposare una donna di umili origini, era la loro mentalità in ogni angolo della cristianità medievale. La donna meno titolata che un re poteva scegliere quale sposa era la figlia del siniscalco <a href="#_ftn16_2677" name="_ftnref16_2677">[16]</a> o del maggiordomo <a href="#_ftn17_2677" name="_ftnref17_2677">[17]</a> nella Francia sotto il dominio Franco di Merovingi e Carolingi soprattutto. Inoltre, spesso e volentieri le fonti storiche dell’epoca altomedievale sono le prime a non riportare, per mancanza di conoscenze del loro autore, l’ascendenza delle donne che veniva sposate dai sovrani Franchi, ma certamente esse non erano schiave. Sui Merovingi non bisogna dimenticare che è sempre aleggiato quel chè che li rendeva più vicini alle fiabe dell’epoca o alle telenovele moderne e a parte qualcuno della dinastia particolarmente dotato di carattere che si è guadagnato il rispetto anche degli storici, sono stati deposti facilmente dai primissimi Carolingi. Insomma, non sappiamo se queste vicende di cronaca, la prima soprattutto, abbiano ispirato gli scrittori teatrali come Shakespeare che per primo citò la ballata di Re Copethua e sul fatto di non provare attrazione alcuna per le donne, beh, poteva essere una presa in giro palese, una sorta di amara ironia visto che le donne, i sovrani Merovingi non le disegnavano certo, alla pari dei loro successori, preferendo certo quelle di umili natali quali concubine e quelle nobili come mogli. Sarebbero certo stati presi per matti se ne avessero disegnata una. Tra Batilde e Fredegonda, considerando la trama della ballata e dunque della leggenda, è più facile che si tratti di Batilde, la protagonista ribattezzata Penelophon, anche per via del fatto che come nella leggenda originale, Batilde si prodigò per i poveri e i bisognosi. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442700545">I costumi dei personaggi</a></h2> <p align="center"><img src="http://lh4.ggpht.com/-Vn2mSC2J7lk/UHRHCPBHpsI/AAAAAAAAXjs/3NKFmdHodIw/Edmund%252520Blair%252520Leighton%252520-%252520king%252520to%252520the%252520bed%25255B15%25255D.jpg?imgmax=800" width="500" height="978"></p> <p> </p> <p>Certamente Penelophon è vestita in modo umilissimo: con una semplice tunica a coprire le nudità e i piedi scalzi, i capelli incolti e scomposti, lunghi e spettinati, un mantello tutto rovinato che la copre alla meglio. Copethua invece veste secondo il costume altomedievale, quello franco, non dissimile da quello altomedievale in generale, specie da quello Bizantino dei primi secoli del Medioevo. <p> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-wz89IhgxxBI/UHRHD3TttBI/AAAAAAAAXj0/YM2k-26f1w8/Edmund%252520Blair%252520Leighton%252520-%252520king%252520to%252520the%252520bed%25255B27%25255D.jpg?imgmax=800" width="500" height="741"> <p align="center"> <p align="center"><img title="image" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="image" src="https://lh3.googleusercontent.com/-cGEb3ZOPFjk/VriKuzOV7ZI/AAAAAAAAohk/E7-FprtFTOk/image%25255B13%25255D.png?imgmax=800" width="300" height="390"> <p align="center"><em>Figura 1 – Costumi franchi del periodo VII secolo d.C. The History Of Costume di Braun e Schneider; c.1861-1880</em> <p align="center"><em></em> <p>La tunica del re è un modello semplice con le maniche cucite e non un unico pezzo; di colore rosso sangue, intenso con qualche decorazione dorata sugli orli delle maniche e le maniche stesse, oltre che sull’orlo del gonnellino della tunica. Il mantello è un vero e proprio tesoro di ricami d’oro in campo bordeaux, con motivi cruciformi e i bordi magnificamente decorati con motivi che si ripetono lungo tutto il perimetro del mantello stesso. Mentre gli abiti di Penelophon sono realizzabili con lino o lana vecchi (che danno l’effetto del logoro, usato) quelli del Re sono realizzabili con lana pura, poiché è solo nel VI secolo che la seta viene sottratta al monopolio dei cinesi da Costantinopoli. I ricami sono da eseguirsi con filo d’oro e senza lurex. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p align="right"> <h2><a name="_Toc442700546">Fonti bibliografiche</a></h2> <ul> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Balthild">http://en.wikipedia.org/wiki/Balthild</a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/The_King_and_the_Beggar-maid">http://en.wikipedia.org/wiki/The King and the Beggar maid</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Austrasia">http://it.wikipedia.org/wiki/Austrasia</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Batilde_%28regina_di_Neustria%29">http://it.wikipedia.org/wiki/Batilde (regina di Neustria)</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Borgogna">http://it.wikipedia.org/wiki/Borgogna</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Brunechilde%20regina%20merovingia)">http://it.wikipedia.org/wiki/Brunechilde regina merovingia)</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Clodoveo%20II#Biografia">http://it.wikipedia.org/wiki/Clodoveo II </a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Fredegario">http://it.wikipedia.org/wiki/Fredegario</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Fredegonda">http://it.wikipedia.org/wiki/Fredegonda</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Maggiordomo">http://it.wikipedia.org/wiki/Maggiordomo</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Neustria">http://it.wikipedia.org/wiki/Neustria</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Richard_Johnson_%28XVI_secolo%29">http://it.wikipedia.org/wiki/Richard Johnson</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Siniscalco">http://it.wikipedia.org/wiki/Siniscalco</a></li> <li><a href="http://sacred-texts.com/neu/eng/boeb/boeb04.htm">http://sacred-texts.com/neu/eng/boeb/boeb04.htm</a></li> <li>The History Of Costume di Braun e Schneider; c.1861-1880</li></ul> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_2677" name="_ftn1_2677">[1]</a> Dell’opera originale risalente al periodo medievale non ne esistono tracce, dunque ci rifacciamo alla data della prima citazione della leggenda. <p><a href="#_ftnref2_2677" name="_ftn2_2677">[2]</a> Fu uno scrittore inglese di romanzi amorosi e di genere cavalleresco. La sua opera più famosa è The Famous Historie of the Seven Champions of Christendom, probabilmente del 1596. Il successo di questo libro fu così grande che l'autore decise di aggiungere una seconda e terza parte pubblicate nel 1608 e nel 1616. <p><a href="#_ftnref3_2677" name="_ftn3_2677">[3]</a> Equivalente di Penelope, nome di origine greca. Potrebbe trattarsi di una ballata ispirata al mondo classico, anche in genere le ballate medievali erano una versione modificata della versione modificata di un fatto di cronaca. Era un modo contradditorio per dire che una cosa era successa e non si sarebbe dovuta ricordare, ma che andava invece ricordata. <p><a href="#_ftnref4_2677" name="_ftn4_2677">[4]</a> Non Shakespeare, lui probabilmente basò le sue opere su ballate precedenti reperite da qualche parte o aveva deciso di ispirarsi ad una leggenda tramandata oralmente mettendola per primo per iscritto. Il primo autore è anonimo e senza tempo dunque. <p><a href="#_ftnref5_2677" name="_ftn5_2677">[5]</a> Prima moglie di Chilperico I. Di lei non si conoscono gli ascendenti. Fu ripudiata per sposare Galsuinda, principessa visigota. <p><a href="#_ftnref6_2677" name="_ftn6_2677">[6]</a> Era molto ricca e quando per via dei continui litigi con l’amante Fredegonda lasciò il marito e tornò in patria, a Toledo, da dove era partita con una scena straziante di separazione dalla madre. Lasciò a Chilperico I tutta la dote. <p><a href="#_ftnref7_2677" name="_ftn7_2677">[7]</a> I suoi due figli maschi ancora in vita erano morti, per un attacco di dissenteria. <p><a href="#_ftnref8_2677" name="_ftn8_2677">[8]</a> Subito dopo la nascita dell'ultimo figlio Clotario II, nel 584 Chilperico morì, ucciso da uno sconosciuto che riuscì a dileguarsi (secondo l'Ex chronico S. Medardi suessionensis, Fredegonda, definita pessima, fu la mandante occulta dell'omicidio del marito, dopo che aveva scoperto che lui la tradiva) e Fredegonda assunse la reggenza in nome del figlio. <p><a href="#_ftnref9_2677" name="_ftn9_2677">[9]</a> È stato uno storico franco, di origine burgunda (attuale Borgogna). È ricordato per la sua opera Cronaca di Fredegario, redatta, probabilmente, tra il 658 ed il 660, in Austrasia. La cronaca è una storia universale che comprende il periodo che va dalla creazione all'anno 660. Quest'opera è una di quelle su cui si basano le conoscenze del periodo Alto-medioevale. La cronaca si incentra soprattutto sulla storia del regno dei Franchi, ma comprende anche notizie sugli Ostrogoti e sui Longobardi in Italia, sui Vandali, prima in Francia e poi in Spagna ed anche sul mondo bizantino. <p><a href="#_ftnref10_2677" name="_ftn10_2677">[10]</a> Il suo stesso maggiordomo avrebbe cooperato per tenere il giovane principe fuori dagli affari di stato e di fatto governava lui. <p><a href="#_ftnref11_2677" name="_ftn11_2677">[11]</a> I fratellastri erano spesso al centro delle guerre, anzi, erano loro la causa in quanto avendo spesso lo stesso padre o la stessa madre, rivendicavano diritti che i figli di primo letto volevano come loro. Era il caos per certi versi e proprio grazie a quel caos, c’era sempre chi riusciva ad approfittarne per scopi personali e quando si poteva evitare di spargere sangue, si facevano tonsurare i nemici e venivano mandati in monasteri (potremmo oggi dire, di massima sicurezza). <p><a href="#_ftnref12_2677" name="_ftn12_2677">[12]</a> La Neustria è una regione storica nata nel 511, situata fra l'Aquitania ed il canale della Manica, approssimativamente la maggior parte del nord dell'odierna Francia con Parigi e Soissons come città principali. La Neustria costituiva la parte più occidentale del regno dei Franchi durante la dinastia dei Merovingi dal VI all'VIII secolo. La suddivisione nacque quando alla morte di Clodoveo I (regnò fra il 482 e il 511) i figli si spartirono il regno. <p><a href="#_ftnref13_2677" name="_ftn13_2677">[13]</a> Attuale Borgogna, è una regione della Francia centrale. La Borgogna deve il suo nome alla antica popolazione germanica dei Burgundi che nel V secolo fondarono un reame nella Gallia romana centro meridionale. L'attuale regione francese della Borgogna corrisponde solamente ad una parte di questo antico regno, vale a dire quella che in epoche successive formò il cosiddetto Ducato di Borgogna. Il reame creato dai Burgundi o Regno di Borgogna venne in seguito annesso dai Franchi e dopo l'epoca carolingia ridivenne indipendente (come Regno di Arles) prima di scorporarsi successivamente in diversi territori più o meno indipendenti (tra questi il Ducato di Borgonga, la Franca Contea di Borgonga, la Provenza, il Delfinato, la Savoia, la Svizzera francofona, ecc.) divenendo quindi "regno delle Due Borgogne" per poi essere nuovamente accorpato al Sacro Romano Impero. <p><a href="#_ftnref14_2677" name="_ftn14_2677">[14]</a> L'Austrasia era il più potente dei quattro ducati principali al tempo dei re merovingi, con capitale Reims. Partirà da qui, infatti, l'idea di rovesciare il trono dei discendenti di Clodoveo I. Occupava la parte orientale del regno merovingio, sulle due sponde del Reno, della Mosa e della Mosella. Esso confinava a ovest con il regno della Neustria, a sud ovest con il regno dei Burgundi, a sud est con la sottomissione di Svevi e Alemanni occupava l'altopiano svizzero e parte delle Alpi e Prealpi svizzere e bavaresi, a est confinava con i Sassoni e a nord con il mare. La parabola storica del primo regno di Austrasia va dalla morte di Clodoveo (511) alla salita al trono di Clotario I che riuscì a riunificare il Regno dei Franchi. Tuttavia alla sua morte, il regno venne nuovamente diviso in quattro parti e l'Austrasia, con capitale Metz, venne affidata a Sigeberto I, i cui discendenti ressero il regno sino all'estromissione dal trono a favore di Clotario II che riunificò il Regno franco. L'Austrasia tornò ad essere regno autonomo alla morte di Dagoberto I, che la lasciò in eredità a suo figlio Sigeberto III, sino al 673 quando il re Childerico II invase la vicina Neustria e riunificò il regno franco. La presa di potere (751) di Pipino il Breve, che rinchiuse il re Childerico III e si proclamò Re dei Franchi, mise fine alla dinastia Merovingia ed all'Austrasia come entità territoriale autonoma. <p><a href="#_ftnref15_2677" name="_ftn15_2677">[15]</a> Le dame delle regine di qualunque periodo della storia erano spesso figlie di nobili, con più di un titolo o non dello stesso rango, e venivano mandate nelle corti come apprendistato dopo aver ricevuto una minima istruzione in monasteri prestigiosi (più ricchi anche economicamente). <p><a href="#_ftnref16_2677" name="_ftn16_2677">[16]</a> Nell'Europa occidentale il siniscalco (dal protogermanico sini-, radice che significa 'anziano', e skalk, 'servitore') era originariamente colui che sovrintendeva alla mensa o, più in generale, alla casa della famiglia reale o di una grande famiglia aristocratica. <p><a href="#_ftnref17_2677" name="_ftn17_2677">[17]</a> È colui che sovrintende la servitù e il buon andamento di un palazzo principesco o signorile. La parola maggiordomo deriva dal latino "<i>maior domus</i>". Il termine ha origini storiche, in quanto veniva usato per definire colui che presso la corte degli ultimi Merovingi amministrava le più importanti funzioni di governo e guidava l'esercito in battaglia (Maggiordomo di palazzo). Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-85946546883886027732012-10-08T12:16:00.001-07:002016-02-08T03:55:55.301-08:00La barca…<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442698336">L’opera</a></li> <li><a href="#_Toc442698337">Il quadro potrebbe raccontare una storia vera?</a></li> <li><a href="#_Toc442698338">Fonti bibliografiche e iconografiche:</a></li> <li><a href="#_Toc442698339"> Cavalieri ed armature</a></li> <li><a href="#_Toc442698340"> Costumi</a></li> <li><a href="#_Toc442698341"> Personaggi</a></li></ul> <p> <h2><a name="_Toc442698336">L’opera</a></h2> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-7tKPc2183bY/UHMmWWkIxPI/AAAAAAAAXf4/mCAPuZNIlDk/Edmund_Blair_Leighton_-_In_Time_of_Peril%25255B2%25255D.jpg?imgmax=800" width="957" height="700"></p> <p> </p> <p>Il dipinto qui rappresentato è noto con vari titoli, anche se nella maggior parte delle didascalie il titolo originale sarebbe In Time of Peril che significa in tempo di pericolo. La scena rappresenterebbe la fuga di una nobildonna con due figli piccoli in un luogo sicuro, accompagnati da una guardia e muniti solo di un baule (alle spalle della donna e del bambino più grande). Se ci facciamo caso noteremo che il luogo raffigurato è, sotto diversa angolazione però, lo stesso del quadro <em>The Keys</em>. <p> <p align="center"><em><img src="http://lh6.ggpht.com/-diT51D7AWtc/UHMmZar1h2I/AAAAAAAAXgA/QVoimqhopEo/image%25255B5%25255D.png?imgmax=800"> <img src="http://lh5.ggpht.com/-dKLg-88O370/UHMmbqiPXcI/AAAAAAAAXgI/WUfXGF1b7K8/image%25255B8%25255D.png?imgmax=800"></em> <p align="center"><em>Figura 1 – Confronto delle due immagini, notare l’angolazione e il luogo</em> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442698337">Il quadro potrebbe raccontare una storia vera?</a></h2> <p>Eravamo curiosi di scoprire se il quadro avesse per caso preso ispirazione da un fatto vero, di cronaca e abbiamo fatto approfondite indagini. Per prima cosa abbiamo studiato attentamente i costumi rappresentati nel dipinto e li abbiamo datati, approssimativamente sono costumi del XIV secolo, in Inghilterra. L’elmo del cavaliere compare negli anni ’30 del XIV secolo ed era un elmo semplice costituito dal casco in metallo che serviva a proteggere la calotta cranica e aveva attaccata una porzione di maglia in ferro che scendeva a proteggere la parte superiore delle spalle e la gola (camaglio) <a href="#_ftn1_2688" name="_ftnref1_2688">[1]</a>. Questo tipo di elmo era meglio noto come bacinetto ed era una tipologia di elmo europeo medievale privo di protezione della faccia. In genere veniva utilizzato calzando al disotto un camaglio di maglia di ferro e nelle successive evoluzioni una visiera corazzata incernierata. Questo tipo di elmo, si distingue per la forma appuntita del coppo e la leggera inclinazione all'indietro. Il bacinetto fu la tipologia di elmo più in uso durante la Guerra dei Cento Anni. <p align="center"> <p align="center"><img src="http://lh6.ggpht.com/-I_xPUX9Nsvk/UHMmc5xr4iI/AAAAAAAAXgQ/9OmJolcZ0NE/image%25255B21%25255D.png?imgmax=800"><img src="http://lh3.ggpht.com/-A522NFrqO0w/UHMmeZWeMmI/AAAAAAAAXgY/eO-J8YFX_lU/image%25255B28%25255D.png?imgmax=800"><img src="http://lh3.ggpht.com/-3qLFnuKL-94/UHMmfiVVB4I/AAAAAAAAXgg/VQWLnbBfV_Y/image%25255B29%25255D.png?imgmax=800"><img src="http://lh3.ggpht.com/-cpsRhXDMr2w/UHMmg38kIII/AAAAAAAAXgo/08f3uOMCcmU/image%25255B30%25255D.png?imgmax=800"> <p align="center"><em>Figura 2 – A sinistra un cavaliere del 1250 con protezione della calotta cranica realizzata con maglia di ferro (Osprey Warrior 48 p. 39). Al centro cavalieri del 1330 e del 1350 con camaglio ed elmo a protezione della calotta cranica in un pezzo unico privo di visiera, per permettere la visuale (Osprey Warrior 58, p. 35 e 39). A destra elmo del 1390 con camaglio attaccato al casco, è visibile anche la parte di casco con delle protuberanze su cui veniva agganciato il camaglio (Osprey Warrior 35, p. 42).</em> <p> <p>Anche la dama indossa un abito e porta un’acconciatura tipici del Basso Medioevo, tipicamente del periodo di Edoardo II d’Inghilterra (1307-1327) e in questo periodo l’elmo noto come bacinetto esisteva già. La Guerra dei Cento Anni non è ancora cominciata, ma il fermento è vivo certamente in questo periodo e l’Inghilterra è occupata a combattere contro una Scozia che vuole l’indipendenza a tutti i costi. La situazione è dunque critica, di pericolo, chi potrebbe dunque essere la donna del dipinto, che fugge con armi, figli e bagagli? Abbiamo controllato le consorti e anche le amanti dei sovrani inglesi e dei nobili principali del periodo di Edoardo II e dei suoi immediati successori, per avere più ampia libertà di ricerca. La donna protagonista nel periodo di Edoardo II è certamente Isabella, chiamata anche <em>Lupa di Francia</em>. Fu data in moglie al giovane principe inglese non appena raggiunse la pubertà ma la coppia non doveva vivere l’idillio dell’amore coniugale. Edoardo era omosessuale, a corte aveva il proprio amante e tale rapporto risultava un abominio agli occhi del padre, Edoardo I che li divise mandando in esilio Peter Gaveston, l’amante del figlio, poi richiamato quando Edoardo II divenne re. Isabella da parte sua non doveva essere rimasta con le mani in mano e anche se le fonti attestano che ebbe dal marito legittimo quattro figli, è certo che ad un bel momento della sua vita si trovò anche lei un amante. Roger Mortimer. Nel frattempo Edoardo doveva fronteggiare l’insorgere di una guerra civile capeggiata dai nobili, i Lancaster in particolare, responsabili della morte del suo amante che lui voleva vendicare. Costretto ad un compromesso che prevedeva la rinuncia alla vendetta in cambio dell’aiuto militare dei nobili contro gli scozzesi, Edoardo perse il controllo sulle terre francesi che aveva acquisito col matrimonio con Isabella, sorella di Carlo IV il bello che proprio in quegli anni diventava re di Francia. Per non rendergli omaggio e prendere tempo Edoardo trovò la scusa delle barbarie francesi commesse sui suoi territori in Aquitania e non rese l’omaggio. Ciò provocò uno scontro armato tra Francia e Inghilterra che si concluse con l’intermediazione del Papa Giovanni XXII che a sua volta suggerì ad Isabella di fare da intermediaria presso il fratello. Isabella dunque giunse in Francia coi figli e si appellò al fratello il quale avrebbe restituito i territori confiscati in seguito all’offesa in cambio degli omaggi del re inglese, ma ancora una volta Edoardo mancò all’impegno e così il re di Francia volle che fosse il figlio maggiore di Isabella, Edoardo III, a salire al trono al posto del padre. Abominio per Edoardo che richiamò moglie e figli in patria, ma ormai il danno era stato fatto e la crisi politica che era sorta peggiorò in modo inesorabile. Isabella ormai aveva fatto volta faccia e si era schierata con la Francia, insieme ai baroni fedeli a lei e al suo amante Mortimer fomentò la ribellione contro il marito e nel 1327 Edoardo II veniva imprigionato e sostituito dal figlio, Edoardo III. Potrebbe essere dunque Isabella la donna del dipinto che fugge con i figli <a href="#_ftn2_2688" name="_ftnref2_2688">[2]</a>? I tempi, stando alle cronache, coincidono: la crisi del regno si aggravò nel 1322 e fu probabilmente in quell’anno che si aprì il baratro tra Isabella ed Edoardo II. Isabella fu minacciata nella sua persona ed uno dei partigiani del marito <a href="#_ftn3_2688" name="_ftnref3_2688">[3]</a> tentò di assassinarla, mancando il colpo e lei fu costretta a fuggire trovando rifugio nell’Hainaut <a href="#_ftn4_2688" name="_ftnref4_2688">[4]</a> dove fidanzò il figlio maggiore a Filippa di Hainaut. Potrebbe essere dunque lei la donna che fugge con quanto forse ha di più caro? <p> <p>Secondo noi il pittore avrebbe voluto rappresentare proprio Isabella. Essa era descritta dai contemporanei come una donna molto somigliante al padre nella fisionomia e poco alla madre. Essa inoltre era molto ricca, le fonti parlano di una donna che nel proprio guardaroba aveva abiti di seta, velluto, taffetà e stoffa, numerose pellicce, aveva oltre 72 acconciature e cuffie, aveva portato con sé due corone d'oro, stoviglie d'oro e d'argento e 419 metri di tela. Nel dipinto di Leighton la donna indossa vesti molto belle di damascato o broccato color bordeaux magnificamente ricamato, un manto di velluto rosso intenso e in testa indossa una cuffia composta da una retina dorata coperta da un velo leggero. L’abito, anche se non ne vediamo la struttura, per i disegni riportati dal pittore, rispecchia abbastanza fedelmente la moda del XIV secolo, specie quella francese che non si faceva mancare nulla, almeno nelle casate di stirpe reale. Oggi non è difficile reperire un tessuto simile con i colori bordeaux e oro. La passamaneria deve essere dorata, dello stesso oro del tessuto e senza lurex (brillantini, va bene lucido o opaco). Il mantello è realizzabile con velluto rosso (rosso intenso, sangue) foderato di seta dello stesso colore, ma si può anche foderare con pelliccia ecologica. Il velo è realizzabile con georgette di seta o chiffon di seta color bianco mentre la regina è realizzabile all’uncinetto con filo d’oro. Il bambino più grande indossa una tunica con lavorazioni semplici a scacchiera sull’orlo della tunica color ocra ed è protetto da una mantello di morbida pelliccia. <p>Il soldato indossa invece sopra la cotta di maglia una tunica che sembra recare come insegna un animale alato (un’aquila, ma non è possibile stabilirlo, essendo un’immagine poco nitida ed essendo il dettaglio disegnato nelle pieghe del tessuto della tunica) e sopra è coperto da un semplice mantello, di lana probabilmente con decorazioni o ricami scuri vicino agli orli. <p>Il barcaiolo è un uomo voltato di spalle, non armato ma comunque protetto da una cotta di maglia ed una tunica senza maniche. <p>Infine viene la figura del monaco, l’uomo che riceve la donna e che indossa un semplicissimo saio di canapa chiaro. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442698338">Fonti bibliografiche e iconografiche:</a></h2> <h3><a name="_Toc442698339"><font color="#f79646">Cavalieri ed armature</font></a></h3> <ul> <li><i>English Medieval Knight 1200-1300</i> di Christopher Gravett. Ill. di Graham Turner. Osprey ed. 2002 (Warrior 48) – 68 pp.</li> <li><i>English Medieval Knight 1300-1400</i> di Christopher Gravett. Ill. di Graham Turner. Osprey ed. 2002 (Warrior 58) – 68 pp.</li> <li><i>English Medieval Knight 1400-1500</i> di Christopher Gravett. Ill. di Graham Turner. Osprey ed. 2001 (Warrior 35) – 63 pp.</li> <li><i>Knight. Noble warrior of England 1200-1600</i> di Christopher Gravett. Osprey ed. 2008 – 289 pp.</li> <li> <h3><a name="_Toc442698340"><font color="#f79646">Costumi</font></a></h3></li> <li><i>Medieval Tailor's Assistant: Making Common Garments 1200-1500</i> di Sarah Thursfield. Quite Specific Media Group Ltd ed., 2001 – 224 pp.</li> <li><i>Historical costumes of England – From the Eleventh to the Twentieth Century</i> di Nancy Bradfield A.R.C.A. G.G. Harrap & Co. 3rd ed.</li> <li><i>English costumes. Vol I Early English e II Middle Ages</i> di Dion Clayton Calthrop. A. & C. Black ed. 1878</li></ul> <h3><a name="_Toc442698341"><font color="#f79646">Personaggi</font></a></h3> <p><i>Queen Isabella: She-Wolf of France, Queen of England</i>, 2006, London: Pimlico Books <p> </p> <p><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bascinet">http://en.wikipedia.org/wiki/Bascinet</a> <p><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Isabella%20of%20France%20and%20Roger%20Mortimer">http://en.wikipedia.org/wiki/Isabella of France and Roger Mortimer</a> <p><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/List%20of%20English%20monarchs">http://en.wikipedia.org/wiki/List of English monarchs</a> <p><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bacinetto">http://it.wikipedia.org/wiki/Bacinetto</a> <p><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo%20IV%20di%20Francia">http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo IV di Francia</a> <p><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Edoardo%20II%20d'Inghilterra">http://it.wikipedia.org/wiki/Edoardo II d’Inghilterra</a> <p><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Isabella%20di%20Francia">http://it.wikipedia.org/wiki/Isabella di Francia</a> <p><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ugo%20Despenser%20il%20giovane">http://it.wikipedia.org/wiki/Ugo Despenser il giovane</a> <p> <p> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_2688" name="_ftn1_2688">[1]</a> Ancora nel 1290 i soldati e i cavalieri indossavano prima il camaglio e poi l’elmo metallico che poteva avere una visiera semimobile, mentre nel XIV secolo camaglio ed elmo in molti casi sono un pezzo unico, anche se per riparazione o pulizia, la parte di maglia poteva essere in alcuni casi “slacciata” dal casco e successivamente rimontata. <p><a href="#_ftnref2_2688" name="_ftn2_2688">[2]</a> Solo due nel dipinto, il maggiore e il più piccolo in fasce ancora, essendo che l’ultimo figlio di Isabella, una figlia per esattezza, nacque nel 1321. Non era raro a quell’epoca affidare i propri figli alla cura di balie e istruttori, e tenere con sé il maggiore e/o il minore della nidiata. <p><a href="#_ftnref3_2688" name="_ftn3_2688">[3]</a> Ugo Despenser fu uno dei favoriti di Edoardo II d'Inghilterra, i privilegi di cui vennero investiti lui ed il padre scatenarono un violento conflitto interno. Era il figlio ed erede di Hugh le Despenser, I conte di Winchester, e di Isabella di Beauchamp, figlia di William de Beauchamp, IX conte di Warwick. Ugo Despenser divenne ciambellano reale nel 1318. Come cortigiano, Ugò manovrò per entrare nelle grazie di Re Edoardo II, rimpiazzando il precedente favorito, Roger d'Amory. Nel 1320 la sua tirannia era senza limiti. Era privo di scrupoli e avido e per questo si fece molti nemici, tra cui la regina Isabella che tentò di assassinare, senza però riuscirvi. Dopo la deposizione di Edoardo II e la vittoria di Isabella insieme al figlio e l’amante Mortimer i Despenser furono giustiziati a Londra (Ugo fu scapitozzato). <p><a href="#_ftnref4_2688" name="_ftn4_2688">[4]</a> È una provincia della Vallonia, una delle tre regioni del Belgio. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-91502094074008090702012-10-08T02:54:00.001-07:002014-03-14T10:18:46.753-07:00My fair Lady…<p align="justify">Per quanto riguarda il dipinto <em>My fair lady</em>, non possiamo sapere a chi si ispirò il pittore per creare il dipinto. Certo è che la fanciulla che si trova davanti al corteo, accolta da un musico indossa un abito del tutto simile se non uguale a quello indossato dalle dame di <i>Stiching the stendard I e II </i>e <i>The hostage</i> (quella con abito giallo). La fanciulla apre un corteo di cui non vediamo la fine poiché la scena è ambientata in un bosco e tutti i personaggi percorrono un sentiero che a ritroso è celato dalle rocce. Probabilmente la fanciulla del dipinto sta andando in sposa a qualcuno (non vi sono didascalie), ma non è accompagnata dal corteo che storicamente faceva seguito ad un personaggio importante e dunque è più probabile che il pittore si sia ispirato, quale preraffaelita, alle saghe arturiane. <p align="justify"> <p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-B6fyKSAJTes/UHKiu5KzJAI/AAAAAAAAXec/qOKZpJTJFeA/Edmund%252520Blair%252520Leighton%252520-%252520My%252520Fair%252520Lady%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1278"> <p align="justify"> <p align="justify">La maggior parte dei costumi sono fedeli al modello generico di tunica e sotto tunica diffuso un po’ per tutto il Medioevo. Il musico è la sola figura che “stona” perché presenta una qualche asincronia nel suo modo di vestire. Tunica, calzamaglia e mantello di questo modello sono comuni soprattutto nell’Alto Medioevo anglosassone e a riprova di ciò si osservino le scarpe che si intrecciano in fasci sui polpacci, ma il berretto è quello classico in stile <i>Robin Hood </i>che nella moda medievale comparve solo verso la fine del periodo medievale stesso. <p align="justify">Gli abiti possono essere realizzati quasi completamente in lino (quelli delle fanciulle) e in lino pesante o lana addirittura quello del musico. </p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-86021071000958486382012-10-07T13:02:00.001-07:002016-02-08T03:27:54.453-08:00Un amore impossibile: Abelardo ed Eloisa<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442697410">Il giovane Abelardo</a></li> <li><a href="#_Toc442697411">Lo maestro Abelardo e la giovine Eloisa</a></li> <li><a href="#_Toc442697412">I costumi dei personaggi</a></li> <li><a href="#_Toc442697413">Fonti</a></li></ul> <p> <p>Tristano ed Isotta non poteva essere la sola storia di amore impossibile, oltre a quella di Lancillotto e Ginevra, ad essere ricordata dal popolo e ci fu infatti un caso eclatante, circa nel XII secolo, un fatto vero però, storico che coinvolse un insegnante e la sua allieva. Forse fu allora che nacque il mito dell’amore tra docente-alunna, anche se si tratta più facilmente di una leggenda metropolitana moderna più che di qualcosa di medievale e di romantico. <p> <h2><a name="_Toc442697410">Il giovane Abelardo</a></h2> <p>Abelardo (Pietro Abelardo per la storia) nacque in Francia nel 1079 in Bretagna e fu uno dei maggiori studiosi del periodo medievale per quanto riguarda la filosofia e la teologia. Fu allievo inizialmente di Roscellino <a href="#_ftn1_9469" name="_ftnref1_9469">[1]</a> considerato eretico per le sue idee e perseguitato dalla Chiesa; e poi di Guglielmo di Champeaux <a href="#_ftn2_9469" name="_ftnref2_9469">[2]</a>, avversario del primo maestro. Questi due maestri ebbero una notevole influenza sulla formazione morale e teologica di Abelardo che gli portarono negli anni successivi della sua vita non pochi guai e si scontrò sia con la Chiesa sia con Bernardo da Chiaravalle. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442697411">Lo maestro Abelardo e la giovine Eloisa</a></h2> <p> </p> <p align="center"><img src="http://lh6.ggpht.com/-JvgNplxK54M/UHHflanj52I/AAAAAAAAXcQ/KQ8rsh-zuN4/Edmund-Blair-Leighton---Abelard-and-%25255B7%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1203"></p> <p align="center"> </p> <p>1117, XII secolo, Notre Dame de Paris. Il quasi quarantenne filosofo Abelardo venne incaricato dal suo signore, Fulberto, canonico della cattedrale di Notre Dame perché istruisse la giovane nipote Eloisa. Aimè l’attrazione tra i due fu fatale e si innamorarono di un amore impossibile tanto da essere costretti a sposarsi in segreto. Il loro amore, la loro relazione venne però scoperta e furono divisi e puniti. Abelardo fu evirato e si rifugiò nell’Abbazia di Saint-Denis mentre Eloisa si fece monaca e prese i voti presso il convento benedettino di Saint-Argenteuil. I due non si rividero mai più. Abelardo continuò a predicare però le sue teorie, vicine al nominalismo, ma da esso diverse e ritenute come questo eretiche, tanto che fu costretto a bruciare la sua opera sulla Trinità: De Unitate et Trinitate divina (1121), con le sue stesse mani per salvarsi. Ovviamente questo non fermò le sue idee e si ritirò al Paracleto insieme ai suoi seguaci, e scrisse altre opere che lo portarono però a scontrarsi con Bernardo da Chiaravalle. Ormai vecchio e infermo, fu accolto da Pietro il Venerabile nell’abbazia di Cluny, dove morì nel 1142 (aveva 53 anni). Il suo corpo fu trasferito al Paracleto dove, nel 1164, venne sepolta anche Eloisa. Dal XIX secolo le due salme sono però a Parigi, in un cimitero monumentale. <p> <p>È celebre una frase di Abelardo, tratta da una delle sue opere e che qui vogliamo riportare perché è in sé un riassunto della sua vita: <p> </p> <blockquote style="height: 56px; width: 1376px"> <p>“Non è peccato bramare una donna, ma è peccato dare consenso alla concupiscenza; e non è condannabile la volontà dell’unione carnale, ma il consenso della volontà”. <p><em>Scito te ipsum</em> (Conosci te stesso)</p></blockquote> <p align="right"> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442697412">I costumi dei personaggi</a></h2> <p align="center"><img src="http://lh4.ggpht.com/-avKhV9qnmNs/UHHfpakd7CI/AAAAAAAAXcY/yCc8c8jTLw4/Edmund-Blair-Leighton---Abelard-and-%25255B9%25255D.jpg?imgmax=800" width="600" height="938"></p> <p align="center"> </p> <p>Eloisa indossa un bellissimo abito celeste tempestato di gigli francesi dorati e il suo abito è un modello di tunica abbastanza comune per tutto il Medioevo, eccezion fatta per le maniche le quali non sono né svasate né sono da confondersi con un modello simile comune soprattutto negli ultimi secoli del Medioevo. Il tipo di manica dell’abito di Eloisa cominciamo a vederlo a partire dal tardo XII secolo, ma non era il solo tipo di manica che andava di moda, ce n’era più di uno. È bene precisare che a volte possiamo trovare lo stesso tipo di abito o una certa caratteristica in più periodi della moda medievale, spesso anche lontani tra loro. Fatto salvo qualche eccezione, per esempio: il capello a fata era tipico della fine del Medioevo e lo ritroviamo solo nel XV secolo, mentre le maniche svasate di varie lunghezze e forme sono diffuse un po’ in tutti i periodi della moda medievale, è difficile stabilire quando una determinata moda cominciò o finì; ci furono dei modelli che rimasero quelli per tutto il Medioevo o comunque buona parte di esso. Per esempio, la struttura della tunica sia femminile sia maschile subì dei cambiamenti apprezzabili nella struttura solo verso il XIV secolo quando si diffusero le <i>cothardie</i> e le <i>pellande. </i>Come oggigiorno c’erano i ritorni di tendenza anche se non avevano i giornali quali Glamour o Vogue con tutte le sfilate e tendenze moda del momento; mica tutti si potevano permettere la novità e la stragrande maggioranza della gente, signori nobili compresi, vestiva più secondo le proprie possibilità che la tendenza moda, dunque la novità assoluta della moda era la proverbiale rondine che da sola non fa primavera. <p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh6.ggpht.com/-HzLGlMdI138/UHHfs69V7II/AAAAAAAAXcg/8Sp8aElN3RI/Edmund-Blair-Leighton---Abelard-and-%25255B2%25255D.jpg?imgmax=800"> <p> <p>Tornando all’abito di Eloisa, la manica internamente è foderata con seta bianca. La manica dell’abito lascia intravedere la sottoveste, realizzata con seta dorata che ha maniche molto particolari, con decorazioni nella parte inferiore, realizzate con cuciture o ricami disposti in modo da creare un effetto molto simile alla trapunta moderna. Abbiamo cercato di riprodurre col computer e software grafici la possibile trama. <p> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-mCXiHdlJBuw/UHHfuETH8nI/AAAAAAAAXco/D4Yx7DFbDxw/image8.png?imgmax=800"> <p> <p>Si realizza prima il ricamo su tessuto (il lato esterno), si procede foderando anche la manica interna con seta (solo metà braccio, fino al gomito) e si procede successivamente disegnando, con un gessetto da sarta o un pastello molto chiaro, aiutandoci con una riga, i quadri su cui poi andremo a eseguire le cuciture che creeranno l’effetto “imbottitura”. <p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh4.ggpht.com/-b_curRNoyNg/UHHfvn5c1oI/AAAAAAAAXcs/KMfJ8Zcc66Y/Edmund-Blair-Leighton---Abelard-and-.jpg?imgmax=800"> <p> <p>L’orlo della gonna è caratterizzato da una striscia sottile dorata e un motivo ad onde un po’ più largo, realizzabili con lo stesso tessuto della sottoveste in oro. <p> <p>Il mantello di Eloisa, infine è realizzato con velluto verde. <p> <p align="center"><img src="http://lh4.ggpht.com/-PHROldc1DWY/UHHfw6kb31I/AAAAAAAAXc0/G7RbLCaFi1A/Edmund-Blair-Leighton---Abelard-and-%25255B5%25255D.jpg?imgmax=800"> <p> <p>Abelardo indossa invece una semplice tunica rossa poco decorata sugli orli delle maniche (e probabilmente gli orli del gonnellino della tunica) in stile XII secolo, con un mantello semicircolare scuro allacciato in posizione centrale, sul petto. <p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh5.ggpht.com/-tEO2j-1Np6I/UHHfzqWdrZI/AAAAAAAAXdA/UIyUf4WOWOs/Edmund-Blair-Leighton---Abelard-and-%25255B1%25255D.jpg?imgmax=800" width="600" height="1127"> <p> <p>Il tessuto dell’abito di Eloisa è più facilmente reperibile rispetto a tanti altri tessuti che andrebbero invece fatti tessere appositamente, in alternativa ricamati con motivi simili il più possibile. <p align="right"> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442697413">Fonti</a></h2> <ul> <li>Pietro Abelardo, Roscellino e Guglielmo di Champeaux da Enciclopedia Encarta 2009 – Microsoft. </li> <li><i>Medieval Tailor's Assistant: Making Common Garments 1200-1500</i> di Sarah Thursfield. Quite Specific Media Group Ltd ed., 2001 – 224 pp. </li> <li><i>Fashion in medieval France </i>di Sarah-Grace Heller. D. S. Brewer ed., 2007 – 220 pp. </li> <li><i>Historical costumes of England – From the Eleventh to the Twentieth Century</i> di Nancy Bradfield A.R.C.A. G.G. Harrap & Co. 3rd ed. </li> <li><i>English costumes. Vol I Early English </i>e<i> II Middle Ages</i> di Dion Clayton Calthrop. A. & C. Black ed. 1878</li></ul> <p> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_9469" name="_ftn1_9469">[1]</a> Roscellino, il primo maestro a Loches, di Abelardo è considerato il padre del nominalismo ed egli sosteneva che la Santa Trinità non era una cosa sola, secondo la dottrina cattolica, ma erano tre divinità distinte. Queste idee furono giudicate ereticali dalla Chiesa con il Concilio di Soissons e fu costretto a ritrattare. Fuggì in Inghilterra per salvarsi dalla persecuzione, ma qui per le sue idee si scontrò con Anselmo di Canterbury e fu nuovamente denunciato e alla fine dovette rinunciare alle sue convinzioni per riconciliarsi con la Chiesa. <p><a href="#_ftnref2_9469" name="_ftn2_9469">[2]</a> Guglielmo era avverso alle teorie nominaliste di Roscellino e sosteneva invece la teoria delle identità o realismo, ma si scontrò con Abelardo e fu costretto a ripiegare per idee più moderate, pur mantenendo la propria posizione. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-33212696239925421192012-10-07T12:58:00.001-07:002016-02-08T03:18:22.491-08:00The good<p align="center"><img src="http://lh6.ggpht.com/-KoGchisl5Dk/UHHet2ahKnI/AAAAAAAAXb4/cY675zOonrA/Edmund-Blair-Leighton-the-good9.png?imgmax=800" width="600" height="848"> <p align="center"> <p>Questo dipinto di Leighton riprende una scena che forse molti ricorderanno nel contesto dei tornei cavallereschi quando il cavaliere, prima di battersi in torneo, chiedeva alla sua dama una sorta di pegno, un drappo che veniva in genere portato sotto la corazza o annodato alla lancia e che avrebbe dovuto fungere da “talismano” di protezione. Questo generalmente avveniva verso la fine del Medioevo, quando i cavalieri in torneo portavano l’armatura completa che si vede spesso anche in alcuni film medievali, più spesso fantasy come Excalibur dove il cavaliere indossa la protezione sotto la cotta di maglia (che consisteva di una specie di tunica imbottita con ovatta) e una sopra la cotta che consisteva di una corazza, più o meno decorata a seconda del reddito del cavaliere. Venivano inoltre indossate delle gomitiere e delle ginocchiere e l’elmo copriva interamente il viso, non solo più la calotta cranica e il naso (con la nasiera che scendeva piegata o dritta). L’elmo disponeva di una visiera incastrata che si alzava e calava per consentire al cavaliere di farsi riconoscere e anche per respirare (si trattava infatti di armature chiuse, con qualche foro che permettesse di non morirci dentro soffocati, ma erano talmente pesanti e strette che isolavano termicamente il capo del cavaliere e dunque erano scomode. Questo tipo di armatura era usata quasi esclusivamente a scopo “illustrativo”, per far vedere che si disponeva di un certo pregio e una certa ricchezza economica, oltre che a scopo difensivo quando i cavalieri si sfidavano nei tornei a cavallo con le lance. Vi erano dei cavalieri che spesso potevano persino permettersi l’armatura per il cavallo; cosa che raramente avveniva nei periodi dell’Alto Medioevo e nella prima parte del Basso Medioevo quando per un cavaliere il cavallo era un patrimonio e per equipaggiarsi spesso si indebitavano fino al collo e quando la protezione principale era rappresentata da una corazza a piastre o dalla classica cotta di maglia, con camaglio ed elmo. In questo quadro non sappiamo se il cavaliere stia partendo per un torneo o una sfida particolare, ma deve essere una cosa importante se la sua dama si preoccupa di annodargli un drappo, che probabilmente lei stessa ha realizzato e ricamato, a protezione del suo amato. È un richiamo un po’ all’amor cortese, anche se alla fine del Medioevo questo genere letterario era andato un po’ perduto nonostante le opere continuassero ad essere trascritte e tradotte; in Italia con Dante e Petrarca nacque il genere dello stilnovo e successivamente con Boccaccio le opere si arricchirono ulteriormente di particolari, in quest’ultimo caso censurabili, per via dell’eccessivo contenuto erotico <a href="#_ftn1_4834" name="_ftnref1_4834">[1]</a>. <p> <p>La dama indossa una <em>cothardie</em> in stile trecentesco, con maniche non proprio svasate, ma strette e aderenti al braccio e circa ad altezza del gomito avevano questo lembo che pendeva, un po’ più largo; mentre per le decorazioni dell’abito, esse somigliano molto a quelle di altri due dipinti dello stesso autore e che sono illustrati qui di seguito: <p> <p align="center"><em><img src="http://lh4.ggpht.com/-sVWTOsf90CU/UHHeyClK5SI/AAAAAAAAXcA/ao483DJkjnQ/image6.png?imgmax=800"> <img src="http://lh5.ggpht.com/-RZxsImpdbxg/UHHe2CZrX7I/AAAAAAAAXcI/FAnZnHIePAQ/image8.png?imgmax=800"></em> <p align="center"><em>Figura 1 – I dipinti di Hostage a sinistra e Stitching the stendard II</em> <p> <p>Il disegno è simile e il tessuto uguale è difficile reperibilità commerciale, sarebbe opportuno riuscire a far tessere il tessuto ex novo, anche se oggi non è facile trovare aziende tessili che si occupino di questo genere di lavorazioni, e si possono reperire solo tessuti molto simili, damascati con motivi circolari sulle tonalità dell’oro o dell’arancio. Interamente la manica è foderata con seta dupion e la sottoveste (di cui si intravede la manica) è realizzata con seta dello stesso tipo o lino. <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_4834" name="_ftn1_4834">[1]</a> Si arrivò infatti, specie nei secoli successivi al Medioevo, che l’opera di Boccaccio finì nel libro nero dell’Inquisizione, per i suoi contenuti libertini. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-16798631937185518922012-10-07T12:39:00.001-07:002014-03-14T08:49:00.349-07:00The hostage (l’ostaggio)<p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh4.ggpht.com/-0ksdxTqOfcA/UHHaTF2-lbI/AAAAAAAAXaI/wqdDIv9L_lE/Leighton_Edmund_Blair_The_Hostage_19.jpg?imgmax=800" width="800" height="600"> <p align="justify"> <p align="justify">Eccoci di nuovo qui, probabilmente nello stesso luogo immaginato dal pittore, lo stesso castello che vediamo con altre angolazioni negli altri dipinti di Leighton. Se ci facciamo caso notiamo che il luogo è circa lo stesso dei tre dipinti precedentemente descritti e che riportiamo qui sotto per comodità: <p align="justify"> <p align="center"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-q5ZGQw3EU7o/UHHaVvCnP2I/AAAAAAAAXaQ/SEpQFvtsB3M/image20.png?imgmax=800" width="207" height="475"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-PUEV4FEcQws/UHHaZ8k60aI/AAAAAAAAXaY/9sFjMy54pB0/image21.png?imgmax=800" width="293" height="475"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh4.ggpht.com/-we0-KGX-L-w/UHHafPeCGBI/AAAAAAAAXag/JTMulvOEP6w/image22.png?imgmax=800" width="308" height="475"></p> <p align="center">Figura 1 – A sinistra i dipinti di <i>Stitching the stendard I e II </i>e a destra <i>Shadows</i>. Notate la porta della torre e l’angolazione, i merli soprattutto, sono praticamente identici, anche se cambia un poco la forma della porta nel dipinto <em>Shadows, </em>che è rettangolare mentre negli altri dipinti è ad arco e da su di una scala a chiocciola. </p> <p align="center"> <p align="justify">Potrebbe essere lo stesso luogo? Se sì è immaginario o reale? Difficile a dirsi, non abbiamo trovato fonti che attestino che Leighton avesse realizzato le opere ispirandosi all’ambiente circostante un castello di un luogo preciso, ma doveva essere un luogo caro o comunque noto, famigliare al pittore per ambientarvi il suo medioevo, come lui lo percepiva. Nel dipinto <i>Hostage</i> vediamo una fanciulla che guarda oltre i merli, come farebbe un prigioniero, e delle donne, che probabilmente l’hanno in custodia, che si occupano di ricamo (le due infondo alla scena) mentre un’altra, la più anziana d’età, ammonisce la giovane perché si distragga. Nella scena vediamo anche una bimba, in fondo a destra, accanto alle due giovani che ricamano, con una bambola in mano che gioca. <p align="justify">A destra le donne son vestite con soprabiti o sopra tuniche comuni in tutto il Medioevo, tuniche semplici e con decorazioni semplici (dama con abito giallo e dama con abito verde, mentre la dama più anziana indossa una tunica molto semplice a maniche svasate di color mattone) comuni un po’ in tutta la moda medievale, anche la chiusura davanti degli abiti è quella tipica delle dalmatiche femminili, in particolare dell’Alto Medioevo. La dama con l’abito color mattone ha però una sottoveste o sotto tunica realizzata con un tessuto prezioso, oro e blu, che contrasta parecchio col colore dell’abito e il bianco del velo. Inoltre si osservano altri due particolari: la dama con abito giallo ha esattamente lo stesso abito della dama del secondo dipinto di <i>Stitching the stendard</i> e l’acconciatura della dama del primo dipinto dal titolo omonimo; mentre le tre donne hanno abiti lunghi che coprono i piedi la fanciulla che è anche l’ostaggio, ha una tunica molto più corta, povera anche se con decorazioni semplici nella sopra tunica e la sottoveste ha maniche tipiche del periodo che va dal XIII al XIV secolo. <p align="justify">Gli abiti giallo e verde delle due dame del dipinto sono realizzati con tessuti difficili da reperire in commercio anche se per il vestito verde, dove i disegni non sono chiari, sarebbe già più facile reperire un broccato verde con motivi argento (fiori, meglio gigli). La dama con abito marrone inoltre è la sola a portare un copricapo, tutte le altre hanno il capo scoperto; cosa insolita nel Medioevo, nella moda in generale, anche se le fanciulle portano ognuna una specie di coroncina. Per la sottoveste della dama con abito color mattone e velo bianco si può utilizzare un broccato blu e oro, ma va bene (ed è più facilmente reperibile in commercio) anche un damascato blu e oro, da utilizzarsi sul lato dove lo sfondo è oro con i motivi blu. Il velo è realizzabile con seta (georgette di seta) o lino leggero. </p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-57093354492452044042012-10-07T12:33:00.001-07:002016-02-08T03:14:21.830-08:00La carità di Santa Elisabetta<p>Il dipinto è ispirato alla vita di Santa Elisabetta d’Ungheria. Elisabetta nacque a Bratislava nel 1207, figlia del Re ungherese Andrea II. Appena adolescente andò in sposa a Luigi IV, Langravio di Turingia e sin da subito si dedicò a pratiche ascetiche <a href="#_ftn1_2478" name="_ftnref1_2478">[1]</a> ed opere di carità <a href="#_ftn2_2478" name="_ftnref2_2478">[2]</a>. Quando rimase vedova, il titolo del marito non passò ai figli come si crederebbe in un primo momento, ma al cognato che la allontanò accusandola di aver dilapidato il patrimonio famigliare per fare la carità e dunque Elisabetta si rifugiò presso lo zio materno coi figli e lo zio materno era il vescovo di Bamberga. Ella rimaneva comunque, a tutti gli effetti, reggente dei figli e quando tale reggenza, usurpata dal cognato, le fu restituita vi rinunciò in favore del figlio maggiore e si fece monaca entrando nel Terzo Ordine Francescano e dedicò tutta la sua vita ad opere di carità e alla cura dei malati. Fu canonizzata nel 1235 da Papa Gregorio IX. È venerata come Santa dalla Chiesa Cattolica e considerata patrona del Terz’Ordine Francescano. <p> <p align="center"><img src="http://lh4.ggpht.com/-ecNr-oiE3gg/UHHZClAkzUI/AAAAAAAAXZs/j4cS8c8nP4o/Edmund-Blair-Leighton---The-charity3.jpg?imgmax=800"> <p>Il dipinto che si ispira a lei ritrae una giovane donna, molto bella, davanti ad un popolo affamato che viene a chiederle appunto un gesto di carità. Confrontando anche le date si può constatare che morì giovanissima, non aveva nemmeno trent’anni e per i suoi tempi non era una cosa insolita morire così giovane, se poi si considera anche la scelta di uno stile di vita ascetico e di rinuncia, povertà che indebolivano molto il fisico (si aggiunga il parto che spesso e volentieri era letale per madre e figlio, perché non c’era la sanità che c’era oggi). <p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="http://lh3.ggpht.com/-6vKV4Ly_Ey8/UHHZExW2jYI/AAAAAAAAXZ0/3aCLvvBgrxM/Edmund-Blair-Leighton---The-charity1.jpg?imgmax=800"> <p> <p>Santa Elisabetta indossa nel dipinto una tunica di fattura semplice, un modello comune un po’ per tutto il Medioevo, in damascato <a href="#_ftn3_2478" name="_ftnref3_2478">[3]</a> rosso e oro <a href="#_ftn4_2478" name="_ftnref4_2478">[4]</a>, con maniche corte e sotto si intravede la sottoveste bianca e candida con lunghe maniche un poco svasate. In testa indossa un velo, che non è proprio un velo monacale, ma un copricapo semplice che non mostra i capelli ed è tenuto fermo probabilmente da una coroncina principesca, a ricordare ancora una volta le sue origini, il suo rango di principessa ungherese. I costumi del popolo come collocarli in un periodo preciso piuttosto che un altro, quando per il popolo possedere un vestito era già una grande grazia? Vediamo giungere donne anziane e donne giovani davanti a Santa Elisabetta, colpisce molto la giovane madre, a sinistra con un bimbo in fasce tra le braccia che viene a chiedere un po’ di pane, perché anche il pane, non tutti se lo potevano permettere. Gli abiti sono poveri, di lino o lana o persino sacco (rigido e scomodo). <p> <p align="center"><img src="http://lh6.ggpht.com/-QXnwxIewneI/UHHZGocCamI/AAAAAAAAXZ8/fDevrhFFCTk/Edmund-Blair-Leighton---The-charity2.jpg?imgmax=800"> <p> <p>Il quadro richiama in generale ad un aspetto del Medioevo che anziché far volgere altrove lo sguardo dovrebbe far riflettere sulla condizione in cui verteva la stragrande maggioranza della popolazione in epoca medievale e non solo. Sarebbe troppo facile pensare che il Medioevo sia stato solo un susseguirsi di secoli bui, ma bisognerebbe prima chiedersi per chi e soprattutto perché furono secoli un po’ bui. Il tipo di damascato necessario per la realizzazione dell’abito di Santa Elisabetta d’Ungheria non è difficile da reperire in commercio ed è un motivo abbastanza comune, che non è praticamente cambiato, nonostante secoli di storia. <p> <h2>Fonti bibliografiche</h2> <p><em>Enciclopedia Encarta</em>, 2009. Microsoft. <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_2478" name="_ftn1_2478">[1]</a> Pratiche volte al raggiungimento della perfezione interiore mediante l'ascesi, ossia si mira ad ottenere il distacco dal mondo e la conseguente perfezione interiore mediante l'abnegazione e l'esercizio delle virtù. Deriva dal lat. eccl. ascesis, che è dal gr. áskésis che significa esercizio. In epoca medievale lo stile di vita ascetico era praticato soprattutto dagli eremiti. <p><a href="#_ftnref2_2478" name="_ftn2_2478">[2]</a> Le opere di carità e la rinuncia ad ogni bene terreno, ma soprattutto la rinuncia alla ricchezza al denaro che lo stesso San Francesco (fondatore dell’Ordine Francescano) definì “sterco del diavolo” erano alla base dello stile di vita monastico francescano. <p><a href="#_ftnref3_2478" name="_ftn3_2478">[3]</a> Il damascato lo ritroviamo nella moda occidentale medievale solamente a partire dal XII secolo, quando grazie alla ripresa dei rapporti commerciali, nuovi tessuti e tecniche di tessitura giunsero in Occidente e poi nei secoli XIII, XIV e XV ritroviamo questo tessuto con tonalità e contrasti tra i più belli e particolari che si possano immaginare, nella moda nobile, insieme a velluti e broccati. <p><a href="#_ftnref4_2478" name="_ftn4_2478">[4]</a> La scelta dei colori potrebbe non essere stata casuale, sono colori ricorrenti nell’araldica ed erano colori usati solitamente dalla nobiltà nell’abbigliamento per sottolineare anche la loro ricchezza. Il rosso è un colore legato al sangue soprattutto mentre l’oro è legato alla ricchezza. Elisabetta era figlia di re e dunque si è voluto probabilmente anche ricordare le sue ricche origini e il suo rango. Aveva sposato il Langravio di Turingia, proveniente a sua volta da una famiglia ricca e nel Medioevo la ricchezza era davvero di pochi. Dalla fine del XII secolo e anche prima, con le Crociate e poi la ripresa dei commerci, la classe mercantile ebbe uno sviluppo non indifferente e si arrivò ad un punto in cui i mercanti erano gente non solo ricca, ma che si poteva permettere anche di fare prestiti, finanziare opere di una certa portata; i matrimoni con le classi nobili non erano più ostacolati come all’inizio, anzi, l’interesse era doppio, ambo le parti avevano solo da guadagnarci da un’unione: il mercante acquisiva il titolo (anche se non era poi così facile) e il nobile aumentava la propria ricchezza che derivava per eredità di titoli e terre. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-39550445192569238862012-09-29T12:35:00.001-07:002016-02-08T03:10:37.925-08:00Kweeped from people<p>Kweeped from people è un altro dipinto di Leighton in cui vediamo una scena ispirata probabilmente alla fine del Medioevo inglese. Tutti i costumi sono di ispirazione quattrocentesca. Non ci è dato sapere a cosa si sia effettivamente ispirato Leighton, perché anche le didascalie non sono molte e inoltre il quadro fa parte di una collezione privata. <p> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-BGdYKfxysrg/UGdNYvRX8cI/AAAAAAAAXXM/0kPgNpsY2PM/image%25255B3%25255D.png?imgmax=800"> <p align="center"><em>Figura 1 – Lo stemma col motto dell’Ordine della Giarrettiera di Edoardo III</em></p> <p> <p>Lo stemma rappresentato è quello inglese, è diffuso nel periodo che va dal 1399 al 1603, a partire dal regno di Enrico IV, tra gli ultimi Plantageneti del ramo dei Lancaster, che però avevano nello stemma una rosa <a href="#_ftn1_3342" name="_ftnref1_3342">[1]</a>. Nello stemma sono raffigurati i tre leoni Plantageneti <a href="#_ftn2_3342" name="_ftnref2_3342">[2]</a> e i Gigli di Francia <a href="#_ftn3_3342" name="_ftnref3_3342">[3]</a>. La presenza di due stemmi di due diverse monarchie è probabilmente un riferimento chiaro ai rapporti tra le due case regnanti, in virtù dei numerosi legami di parentela tra le due famiglie, instaurati nel tempo grazie ad abili politiche di natura matrimoniale. Fu proprio in virtù di tali legami di parentela che nacquero i pretesti che portarono nel XIV secolo alla Guerra dei Cent’anni: il principe inglese era nipote e cugino dei sovrani francesi e vantava dunque diritti al trono. <p> <p><img title="Edmund Blair Leighton -Kweeped from" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin-left: auto; border-left: 0px; display: block; padding-right: 0px; margin-right: auto" border="0" alt="Edmund Blair Leighton -Kweeped from" src="https://lh3.googleusercontent.com/-6jGIJvpMaN0/Vrh3q1KQQoI/AAAAAAAAohA/ZV668nZQTY0/Edmund%252520Blair%252520Leighton%252520-Kweeped%252520from%25255B2%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1003"> <p><em></em> <p>È difficile ambientare con precisione assoluta la scena, anche se probabilmente è compresa nella seconda metà del XV secolo, epoca in cui lo stemma era quello qui rappresentato e i costumi femminili erano gli stessi rappresentati nel quadro, con copricapi diffusi solo dopo il 1450. Il bambino presentato al popolo potrebbe essere Riccardo III d'Inghilterra, nato nel 1452 e nei primi anni della seconda metà del XV secolo poteva essere un bambino. Riccardo fu l’ultimo re Plantageneto sul trono inglese e forse fu anche questo fatto che ispirò il pittore a rappresentarlo, l’ultimo erede di una centenaria dinastia veniva presentato al popolo. La donna è sicuramente una dama ma non possiamo sapere con precisione se fosse la madre, Cecilia Neville del casato dei Lancaster. <p>La donna indossa un abito realizzato con broccato nero e oro a motivi floreali, le maniche svasate e foderate con seta dorata. Il mantello è di velluto rosso, foderato con seta dello stesso colore e intorno agli orli il mantello ha decorazioni dorate che richiamano l’oro della fodera dell’abito. Il copricapo della donna è tipico della moda basso medievale, in particolare nel periodo dei secoli XIV e XV. Era realizzato con una retina che serviva a tenere fermi i capelli, avvolti in trecce e fermati con forcine, sui lati della testa, sopra le orecchie; davanti era fissato un velo, corto rispetto a quelli usati nei capelli a punta (in inglese noti come <i>butterflies hats</i>). Il velo, realizzato con seta molto leggera, era posizionato in modo da cadere all’indietro. <p>Il bambino invece è vestito secondo lo stile tipico di metà XV secolo, con un farsetto noto anche come <em>doublet</em> <a href="#_ftn4_3342" name="_ftnref4_3342">[4]</a>. Realizzato con tessuto chiaro, di seta, è difficile scorgerne i dettagli. <p>Per l’abito della dama è difficile reperire un tessuto uguale identico in commercio, si trovano damascati a sfondo nero con trama bianca o argentata, raramente d’oro. <p> <h2>Fonti bibliografiche</h2> <ul> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Stemma%20dell'Inghilterra">http://it.wikipedia.org/wiki/Stemma dell’Inghilterra</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Stemma%20della%20Francia">http://it.wikipedia.org/wiki/Stemma della Francia</a></li> <li><em>Medieval Tailor's Assistant: Making Common Garments 1200-1500</em> di Sarah Thursfield. Quite Specific Media Group Ltd ed., 2001 – 224 pp</li></ul> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_3342" name="_ftn1_3342">[1]</a> Di fatto lo stemma principale della monarchia restava quello con leoni e gigli. <p><a href="#_ftnref2_3342" name="_ftn2_3342">[2]</a> Lo stemma fu introdotto da re Riccardo I d'Inghilterra negli anni 1190, apparentemente come versione di quello del Ducato di Normandia Secondo una tradizione, a seguito della Conquista normanna fu aggiunto un terzo leopardo ai due normanni per rappresentare il regno unito Anglo-Normanno. Secondo un'altra tradizione i due leopardi furono combinati ad un singolo leone di Aquitania all'acquisizione di questa da parte della Corone inglese. Altri esperti di araldica affermano che agli inizi dello sviluppo di questa scienza il numero dei leopardi non era fissato ed è solo una ragione di disegno se lo stemma inglese ha finito per avere tre leopardi (oggi chiamati leoni) e quello della Normandia due. <p><a href="#_ftnref3_3342" name="_ftn3_3342">[3]</a> I gigli si trovano nello stemma francese dal momento in cui salirono al trono i Capetingi nel X secolo fino al XVI sotto il ramo dei Borbone. <p><a href="#_ftnref4_3342" name="_ftn4_3342">[4]</a> La parola deriva dal medio inglese, dall’anglo-francese dublet. Il termine fu coniato nel XIV secolo Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-78607232539513421562012-09-27T08:55:00.001-07:002016-02-08T03:05:10.309-08:00How Liza loved the king<h1><a name="_top"></a>Indice</h1> <ul> <li><a href="#_Toc442696313"><font color="#000080">Le fonti che hanno ispirato l’opera</font></a></li> <li><a href="#_Toc442696314"><font color="#000080">Amor cortese e amor profano? No…amore libero</font></a></li> <li><a href="#_Toc442696315"><font color="#000080">Il dipinto e i personaggi</font></a></li> <li><a href="#_Toc442696316"><font color="#000080">Fonti</font></a></li></ul> <p> <h2><a name="_Toc442696313"></a><a name="_Toc442696300">Le fonti che hanno ispirato l’opera</a></h2> <p>La poesia fa parte di alcuni lavori elaborati alla fine del XIX secolo da George Eliot, pseudonimo di Mary Anne <a href="#_ftn1_4949" name="_ftnref1_4949">[1]</a> (o Marion) Evans, vissuta nel XIX secolo. Non esistono traduzioni di questa opera e dunque l’abbiamo tradotta noi direttamente dall’inglese. La storia si ispira al Decamerone <a href="#_ftn2_4949" name="_ftnref2_4949">[2]</a>, precisamente ad una delle novelle raccontate da Pampinea durante la decima e ultima giornata, sotto il regno <a href="#_ftn3_4949" name="_ftnref3_4949">[3]</a> di Panfilo, e si narra di chi, con cortesia e magnanimità, ha avuto avventure d'amore o di altro genere. Pampinea racconta dunque la sua storia, ambientata nella Palermo medievale, ai tempi di Dante. La storia parla di un uomo, un mercante di nome Bernardo che ha una figlia, Lisa, la quale durante una festa vede dalla sua finestra il re dalla finestra della sua casa e anche lui, durante questa festa, dalla finestra del suo salone, la vede e se ne innamora. Il problema di questi due innamorati non nemmeno si conoscono è la loro diversa condizione sociale e l’impossibilità di vivere il loro amore. La giovane finisce così per ammalarsi gravemente, e proprio a questo punto del racconto si ispirò la Evans (Eliot) e poi Leighton. La società rappresentata nel dipinto è raffigurata con costumi tipici del XIV secolo, anche se ci sono alcuni particolari di cui occorrerà fare delle precisazioni. La storia ha comunque lieto fine, perché per non far morire la giovane e vedendo la sofferenza del re, si finirà per condurre la giovane dal suo amato ed acconsentire alle loro nozze. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p align="right"> <h2><a name="_Toc442696314"></a><a name="_Toc442696301">Amor cortese e amor profano? No…amore libero</a></h2> <p>I tempi dell’amor cortese erano finiti da un pezzo, nel Trecento, tuttavia dalla loro comparsa due secoli prima avevano comportato la nascita di correnti letterarie con tematiche che per la società medievale erano dei tabù e un vero e proprio scandalo. I temi quali erotismo e sessualità, descritti fin dal XII secolo nelle opere dei trovatori come Chretien e i suoi prosecutori, anche senza scendere troppo nei particolari, inizialmente erano circoscritti ai circoli stessi di scrittori e alle piccole corti dove essi vivevano e scrivevano per i loro signori. Successivamente quando le opere letterarie iniziarono a diffondersi e venire tradotte e trascritte la tematica divenne di dominio pubblico e scatenò polemiche e soppressioni, specie da parte della Chiesa. Non dobbiamo farci confondere e illudere dall’idea, il falso mito, che nel Medioevo fossero tutti puliti, casti e anzi, al contrario: proprio perché c’erano già cattivi costumi e peccaminose abitudini (gli uomini frequentavano anche se sposati i lupanari <a href="#_ftn4_4949" name="_ftnref4_4949">[4]</a>) bisognava imporre una censura, specie se questi libri parlavano di relazioni libere e istigavano, promuovevano i costumi liberi. Nell’amor cortese e nelle opere di Chretien non troviamo mai ironia o volgarità, messaggi “subliminali” di natura sessuale, anche se non mancavano scene di amore esplicito come nell’Erec ed Enide, una delle prime composizioni e successivamente nel Tristano e Isotta di Gottfried von Strassburg incontriamo delle scene che sono già più vicine al limite che invece Boccaccio supererà, nel XIV secolo, quasi a prendere il giro la sua società, a dire “basta nasconderci dietro all’ipocrisia”. I racconti sono tutti un po’ piccanti, spesso al limite del ridicolo, ma estremamente realistici se confrontati con la società del XIV secolo. Proprio perché superò i limiti, Boccaccio e le sue opere, furono censurati a tal punto da finire due secoli dopo nel libro nero dell’Inquisizione. <p> <p align="center"><img title="" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; border-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-SF_0RietmD4/Vrh2ZXlLubI/AAAAAAAAog4/o9iphPgcqcQ/Edmund-Blair-Leighton%252520-%252520How_Liza_Loved_the_King%25255B6%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="483"> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442696315"></a><a name="_Toc442696302">Il dipinto e i personaggi</a></h2> <p>I costumi raffigurati sono quelli della società del XIV secolo, anche se vediamo dei costumi molto semplici e dunque la Lisa del poema di Eliot e della novella trecentesca non era una nobile ricca sfondata; figlia di un mercante, ma con risorse limitate. La fanciulla indossa un abito semplice giallo, probabilmente di lino o lana. La madre in fondo al letto indossa una tunica di damascato un po’ rovinato e probabilmente vecchio con sopra una specie di soprabito, simile per molti aspetti alla sopra tunica indossata a partire dalla fine del XII secolo nei paesi germanici <a href="#_ftn5_4949" name="_ftnref5_4949">[5]</a>. Il soprabito è un po’ rozzo, semplice e più corto, probabilmente realizzato con lino grosso o tela. In testa la donna indossa una specie di velo semplice, grande quanto basta per coprire i capelli, realizzato probabilmente con lino o tela. Il padre di lei invece veste proprio secondo la moda trecentesca italiana, con una tunica a maniche lunghe abbottonata lungo i polsi fino all’avambraccio, realizzato probabilmente con velluto e sopra indossa una sorta di soprabito senza maniche cinto in vita da una cintura. In testa porta un capello semplice realizzato con feltro scuro, comune nei secoli XIII e XIV. Il musico, che suona in un angolino, discreto, per sollevare un po’ l’umore di questa ragazza malata d’amore, indossa una tunica rossa dello stesso modello del padre di Lisa; con un mantello corto chiuso sul davanti in posizione centrale, il giovane porta sotto una calzamaglia scura e delle scarpe basse, piatte, chiuse da due lembi uniti da lacci sul davanti e di modello comune nei secoli dal XIII al XV. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc442696316"></a><a name="_Toc442696303">Fonti</a></h2> <ul> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Decameron">http://it.wikipedia.org/wiki/Decameron</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/George%20Eliot">http://it.wikipedia.org/wiki/George Eliot</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Lupanare">http://it.wikipedia.org/wiki/Lupanare</a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Struttura%20del%20Decameron">http://it.wikipedia.org/wiki/Struttura del Decameron</a></li> <li><a href="http://www.personal.utulsa.edu/~marc-carlson/shoe/SHOES/SHOE36.HTM">Medieval shoes</a></li> <li><a href="http://www.theweebsite.com/cotelande/index.html">http://www.theweebsite.com/cotelande/index.html</a></li></ul> <p> <h2>Note</h2> <p><a href="#_ftnref1_4949" name="_ftn1_4949">[1]</a> È stata una scrittrice britannica, una delle più importanti dell'epoca vittoriana. I suoi romanzi sono ambientati prevalentemente nella provincia inglese e sono famosi per il loro stile realista e la loro perspicacia psicologica. Terza figlia di Robert Evans e Christiana Pearson, all'inizio del 1820 traslocò con la famiglia in una località chiamata Griff, a metà strada tra Nuneaton e Coventry. Crebbe in una famiglia anglicana appartenente alla "Chiesa bassa", ma a quell'epoca il territorio delle Midlands era un'area occupata da molti dissidenti religiosi e quelle credenze entrarono a far parte della sua educazione. Nel 1836 morì la madre e Mary Ann lasciò la scuola per occuparsi della casa, ma continuò gli studi con un insegnante privato e grazie ai consigli di Maria Lewis. Il fratello, Isaac, si sposò quando lei aveva 21 anni e prese possesso della casa di famiglia, così Mary Ann e il padre si trasferirono a Foleshill, vicino a Coventry. La vicinanza con la buona società di Coventry le permise di fare delle nuove conoscenze anche con personalità di spicco, come Charles e Clara Bray. Charles Bray si era arricchito con la fabbricazione di nastri e aveva speso le proprie ricchezze per la costruzione di scuole ed altre opere filantropiche. Era un libero pensatore in questioni religiose e un progressista in politica, e la sua casa a Rosehill era un luogo di incontro e di dibattito per persone con opinioni radicali. Grazie a questo tipo di conoscenze, Mary Ann venne iniziata a teologie molto più liberali, che le fecero venire dei dubbi sugli elementi soprannaturali presenti nelle storie bibliche, e smise di andare in chiesa. Questo fatto causò una rottura tra Mary Ann e la sua famiglia. Dopo la morte del padre nel 1849 Mary Ann si recò in Svizzera con i coniugi Brays e al suo ritorno si trasferì a Londra con l'intenzione di diventare una scrittrice, assumendo lo pseudonimo di Marian Evans. Le donne scrittrici non erano così rare a quel tempo, ma il ruolo di Marian era quello di un leader a capo di un'industria letteraria. La vista di una giovane donna nubile che si mischiava alla società maschile dominante di Londra era allo stesso tempo inusuale e scandalosa. Benché chiaramente molto determinata, Marian era spesso suscettibile, depressa e paralizzata da insicurezze. Era consapevole della sua bruttezza, anche se questo non le impedì di intrecciare relazioni sentimentali "imbarazzanti": con il suo datore di lavoro, Chapman (che era sposato), e con Herbert Spencer. Il filosofo e critico George Henry Lewes incontrò Marian Evans nel 1851, ed i due vissero insieme a partire dal 1854. Lewes era sposato con Agnes Jervis, ma avevano deciso di avere un matrimonio aperto; oltre ai tre figli avuti con Lewes, Agnes ebbe diversi figli con altri uomini. Nel 1854 Marian e Lewes partirono alla volta di Weimar e di Berlino a scopo di ricerca; ma anche ad un altro scopo: fu la loro luna di miele, in quanto i due si sposarono effettivamente e Marian diventò la signora Evans Lewes. Nella società vittoriana non era insolito che gli uomini, inclusi Charles Bray e John Chapman, avessero delle amanti. Ciò che fece scandalo fu la pubblica ammissione della relazione da parte dei Lewes. Al loro ritorno in Inghilterra vissero lontani dalla società letteraria di Londra, evitando ogni contatto e venendo ripagati in egual misura. La relazione di Eliot con Lewes diede alla donna il coraggio e la stabilità necessarie sia per scrivere romanzi, sia per liberarsi dalle insicurezze, ma ci volle ancora del tempo prima che la coppia venisse accettata dalla buona società. La piena accettazione fu finalmente confermata nel 1877, quando vennero presentati alla Duchessa di Argyll, figlia della Regina Vittoria; entrambe erano lettrici di George Eliot. Nel 1876 la salute di Lewes peggiorò ed egli morì due anni dopo. Eliot trascorse i successivi due anni a curare la pubblicazione dell'ultimo lavoro di Lewes, e trovò conforto in John Walter Cross, un giovane banchiere statunitense che aveva perso la madre da poco. Il 6 maggio 1880 George Eliot suscitò ulteriori polemiche sposando un uomo di vent'anni più giovane e cambiando nuovamente nome, questa volta in Mary Ann Cross. Questo matrimonio legale, quantomeno, fece piacere al fratello Isaac, che aveva tagliato i ponti con la sorella a causa della sua convivenza con Lewes, ma che in questa occasione le inviò le felicitazioni. Eliot morì quello stesso anno per un’infezione alla gola e per una malattia renale che la affliggeva ormai da anni. l’opera a cui si ispirò Leighton fa parte di una raccolta di lavori scritti probabilmente tra un’opera e l’altra. <p><a href="#_ftnref2_4949" name="_ftn2_4949">[2]</a> Il Decamerone o Decameron (dal greco antico, δἐκα, déka, "dieci", ed ἡμέρα, hēméra "giorno", è una raccolta di cento novelle scritta nel Trecento (probabilmente tra il 1349 ed il 1351) da Giovanni Boccaccio. È considerata, nel contesto del Trecento europeo, una delle opere più importanti della letteratura, fondatrice della letteratura in prosa in volgare italiano. Ebbe larghissima influenza non solo nella letteratura italiana ed europea, ma anche nelle lettere future, ispirando l'ideale di vita edonistica e dedicata al piacere ed al culto del viver sereno tipici della cultura umanista e rinascimentale. Il libro narra di un gruppo di giovani, sette donne e tre uomini, che trattenendosi fuori città per quattordici giorni (il titolo indica i dieci giorni in cui si raccontano le novelle e non i quattro in cui ci si riposa), per sfuggire alla peste nera, che imperversava in quel periodo a Firenze, raccontano a turno delle novelle di taglio spesso umoristico e con frequenti richiami all'erotismo bucolico del tempo. Per quest'ultimo aspetto, il libro fu tacciato di immoralità o di scandalo, e fu in molte epoche censurato o comunque non adeguatamente considerato nella storia della letteratura. Nel Decamerone le cento novelle, pur avendo spesso in comune il tema, sono diversissime l'una dall'altra, poiché l'autore vuol rappresentare la vita di tutti i giorni nella sua grande varietà di tipi umani, di atteggiamenti morali e psicologici, di virtù e di vizio; ne deriva che il Decameron offre una straordinaria panoramica della civiltà del Trecento: in quest'epoca l'uomo borghese cercava di creare un rapporto fra l'armonia, la realtà del profitto e gli ideali della nobiltà cavalleresca ormai finita. A causa del suo contenuto spesso liberale e a carattere erotico, il libro fu registrato nell’Indice dei Libri Proibiti dell’Inquisizione nel XVI secolo. <p><a href="#_ftnref3_4949" name="_ftn3_4949">[3]</a> Per passare il tempo ciascun pomeriggio (tranne i giorni di venerdì e sabato dedicati alla penitenza) ognuno di loro racconta una novella agli altri secondo un tema stabilito il giorno prima. Il tema viene scelto dal "Re" o dalla "Regina" del giorno. Solo il personaggio di Dioneo - a partire dalla seconda giornata - viene dispensato dall'obbligo di seguire il tema prestabilito e la sua novella è narrata sempre per ultima. <p><a href="#_ftnref4_4949" name="_ftn4_4949">[4]</a> I lupanari (dal latino lupa = prostituta), erano, nel corso di tutta l'epoca romana, i luoghi deputati al piacere sessuale mercenario, ovvero delle vere e proprie case d'appuntamento, o bordelli. Alcuni sono tuttora visibili nelle rovine dell'antica Pompei. La maggior parte dei bordelli erano costituiti da una semplice camera sul retro di una locanda ed erano frequentati generalmente dal popolo minuto che profittava del basso prezzo a cui erano offerte queste prestazioni sessuali. <p><a href="#_ftnref5_4949" name="_ftn5_4949">[5]</a> Dopo la morte di Matilde di Canossa, il nord Italia venne spartito tra l’imperatore tedesco, suo cugino, e il papato. L’imperatore a sua volta doveva spartire questi territori tra i suoi vassalli, non potendo controllare direttamente di persona tutti i feudi e inoltre non dobbiamo dimenticare che l’Impero tedesco aveva feudi anche nel sud della penisola italica e non sarebbe tanto strano se i costumi tedeschi fossero diffusi anche in Italia, specie dove vi erano feudi dell’imperatore. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-18909399748490796852012-09-27T02:09:00.001-07:002014-03-14T08:45:07.932-07:00The Keys<p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh6.ggpht.com/--gTj9mZrc_M/UGQXwN1NjFI/AAAAAAAAXTE/UUE4eZTmeok/Edmund_Blair_Leighton_-_The_Keys%25255B3%25255D.jpg?imgmax=800" width="500" height="936"></p> <p align="justify"></p> <p align="justify"> </p> <p align="justify">Anche di questo quadro purtroppo non abbiamo notizie per quanto riguarda il personaggio che dovrebbe raffigurare. Quanto al costume invece è ispirato alla moda della seconda metà del XII secolo. L’abito dalla manica svasata non è scollato come a volte poteva accadere lasciando intravedere la sottoveste; ma è accollato con un drappo bianco che risalta mentre la sottoveste è in seta blu. L’abito sopra con le maniche svasate e foderato di seta verde è in velluto verde con trama ricamata in oro a rombi. Il mantello invece, con chiusura sul davanti è ampio, semicircolare e in velluto verde.</p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-8927084041044002622012-09-26T09:20:00.001-07:002014-03-14T08:44:01.666-07:00Tristano ed Isotta d’ispirazione più eclettica che preraffaelita<p align="justify">Anche Leighton ritrasse i due amanti dei romanzi medievali: Tristano ed Isotta, ma questa volta i due amanti sono immersi in un paesaggio più romantico che realistico e i loro costumi non sono riferibili ad un periodo del Medioevo, piuttosto a periodi diversi. Leighton potrebbe dunque essersi ispirato anche alle correnti dell’Eclettismo e non solo al romanticismo per la realizzazione di questo dipinto. </p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-1_xsmWBgTYQ/UGMrXN1Xd2I/AAAAAAAAXRc/fp5t7QMrUoI/Edmund%252520Blair%252520Leighton%252520-%252520tristan%252520and%252520isolde%25255B3%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="695"></p> <p> </p> <h1>I costumi e i personaggi</h1> <p align="justify">La scena qui raffigurata è la scoperta dei due amanti da parte di Marke (sullo sfondo). Mentre Tristano e Marke sono vestiti secondo gli usi anglosassoni e secondo la moda anglosassone [1], Isotta è vestita secondo i canoni della fine del XII secolo e gli inizi del XIII. Tristano indossa una tunica semplice con bordature a motivi cruciformi agli orli e il mantello è rosso, corto e portato con l’allacciatura sul davanti. Sotto la tunica porta delle brache o calzamaglie bianche avvolte in lacci che si intrecciano partendo dalle scarpe. </p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="Edmund Blair Leighton - tristan and isolde" border="0" alt="Edmund Blair Leighton - tristan and isolde" src="http://lh6.ggpht.com/-eiy55tyXHWs/UGMrY-FXAdI/AAAAAAAAXRk/_HVC4kaH-VY/Edmund%252520Blair%252520Leighton%252520-%252520tristan%252520and%252520isolde%25255B14%25255D.jpg?imgmax=800" width="600" height="406"></p> <p align="justify"> </p> <p align="justify">L’abito di Isotta invece, come detto è più tipico dei secoli XII-XIII, con tessuto broccato a sfondo porpora e motivi floreali dorati, tessuto difficile da reperire in commercio, ma meno rispetto al tessuto con le croci del dipinto su Alfredo il Grande. L’alternativa alla realizzazione dei disegni è ricamo e l’uso di nastro dorato lungo gli orli. La sottoveste di Isotta è una sottoveste di seta e lo stesso tessuto è utilizzato per la realizzazione della foderatura delle maniche leggermente svasate. Il mantello di Isotta è foderato al collo con Ermellino e più tipico dei secoli XIII e XIV.</p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-gJOSAIXJRCI/UGMsHk_PVgI/AAAAAAAAXRs/TeeRZBv-S4E/Edmund%252520Blair%252520Leighton%252520-%252520tristan%252520and%252520isolde%25255B23%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="1234"></p> <h1 align="justify">Note</h1> <hr> <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftn1_7905">[1]</a> Le prime versioni della leggenda tristaniana sono di origine celtica e poi, successivamente, vengono ambientate tra IX e X secolo. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4860108358331083004.post-18218887843477680302012-09-26T08:10:00.001-07:002014-03-14T08:41:31.310-07:00The shadows<p align="justify">Il titolo di questa opera significa praticamente <em>“</em>Le ombre” e raffigura una damigella intenta a dipingere sul muro l’ombra di un soldato di guardia. Probabilmente è un soldato di cui la giovane è innamorata e a tal proposito il dipinto si potrebbe essere ispirato ai romanzi sull’amor cortese. Non sappiamo chi o cosa debbano rappresentare questi due personaggi, se non una scena ambientata in lontano Medioevo. </p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-kvgBXU1ZtAY/UGMa1LOLgsI/AAAAAAAAXQE/3kLB2M2uh2M/edmund-blair-leighton%252520-%252520the%252520shadow%25255B7%25255D.png?imgmax=800" width="800" height="1233"></p> <p> </p> <h1>I costumi</h1> <p align="justify">La damigella indossa un abito semplice e affatto decorato, tipico dei secoli XII-XIII, con le maniche leggermente svasate e un po’ di strascico sulla gonna. In vita porta una cintura un poco preziosa mentre al capo reca una specie di coroncina rossa con un fioco. Deve trattarsi probabilmente di una damigella di piccola nobiltà, altrimenti avrebbe avuto abiti più sontuosi se pur semplici. Anche il cavaliere o soldato è abbigliato secondo uno stile più tipico della guardia (comune un po’ per tutto il Medioevo), con una cotta di maglia che lo veste completamente da capo a piedi e sopra a tutto porta una tunica con un'insegna, forse del suo signore o del proprio casato. Il capo è protetto da un camaglio con zuccotto che serviva a proteggere la calotta cranica e dunque non vediamo nulla di lui, tranne il volto. L’elmo è tipico della prima metà del XIII secolo, interamente chiuso e con una piccola visiera per gli occhi oltre a qualche buchino qua e là per far respirare chi c’era sotto. Il cavaliere non è in tenuta da torneo altrimenti avrebbe avuto un’armatura più completa. Se ci facciamo caso l’ambiente è molto simile a quello di altri due quadri che abbiamo già visto di Leighton e che ritroveremo in altri dipinti ancora a cui si ispirano i costumi. </p> <p align="justify">L’abito della damigella è realizzabile in lino o velluto mentre la tunica del cavaliere era realizzata spesso in lino grosso o tela, specie quella dei soldati e l’emblema era ricamato spesso su un pezzo di stoffa a parte, che veniva poi cucito nella posizione corretta sulla tunica, per contraddistinguere il casato del cavaliere o quello del signore che egli serviva. </p> <p align="justify"> </p> <h1 align="justify">Fonti bibliografiche</h1> <ul> <li> <div align="justify"><em>English Medieval Knight 1200-1300</em> di Christopher Gravett. Osprey Publishing, ed., 2002 – 68 pp.</div></li></ul> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0