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La Belle Dame de Saint-Merci

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La carità di Santa Elisabetta

Il dipinto è ispirato alla vita di Santa Elisabetta d’Ungheria. Elisabetta nacque a Bratislava nel 1207, figlia del Re ungherese Andrea II. Appena adolescente andò in sposa a Luigi IV, Langravio di Turingia e sin da subito si dedicò a pratiche ascetiche [1] ed opere di carità [2]. Quando rimase vedova, il titolo del marito non passò ai figli come si crederebbe in un primo momento, ma al cognato che la allontanò accusandola di aver dilapidato il patrimonio famigliare per fare la carità e dunque Elisabetta si rifugiò presso lo zio materno coi figli e lo zio materno era il vescovo di Bamberga. Ella rimaneva comunque, a tutti gli effetti, reggente dei figli e quando tale reggenza, usurpata dal cognato, le fu restituita vi rinunciò in favore del figlio maggiore e si fece monaca entrando nel Terzo Ordine Francescano e dedicò tutta la sua vita ad opere di carità e alla cura dei malati. Fu canonizzata nel 1235 da Papa Gregorio IX. È venerata come Santa dalla Chiesa Cattolica e considerata patrona del Terz’Ordine Francescano.

 

Il dipinto che si ispira a lei ritrae una giovane donna, molto bella, davanti ad un popolo affamato che viene a chiederle appunto un gesto di carità. Confrontando anche le date si può constatare che morì giovanissima, non aveva nemmeno trent’anni e per i suoi tempi non era una cosa insolita morire così giovane, se poi si considera anche la scelta di uno stile di vita ascetico e di rinuncia, povertà che indebolivano molto il fisico (si aggiunga il parto che spesso e volentieri era letale per madre e figlio, perché non c’era la sanità che c’era oggi).

 

 

Santa Elisabetta indossa nel dipinto una tunica di fattura semplice, un modello comune un po’ per tutto il Medioevo, in damascato [3] rosso e oro [4], con maniche corte e sotto si intravede la sottoveste bianca e candida con lunghe maniche un poco svasate. In testa indossa un velo, che non è proprio un velo monacale, ma un copricapo semplice che non mostra i capelli ed è tenuto fermo probabilmente da una coroncina principesca, a ricordare ancora una volta le sue origini, il suo rango di principessa ungherese. I costumi del popolo come collocarli in un periodo preciso piuttosto che un altro, quando per il popolo possedere un vestito era già una grande grazia? Vediamo giungere donne anziane e donne giovani davanti a Santa Elisabetta, colpisce molto la giovane madre, a sinistra con un bimbo in fasce tra le braccia che viene a chiedere un po’ di pane, perché anche il pane, non tutti se lo potevano permettere. Gli abiti sono poveri, di lino o lana o persino sacco (rigido e scomodo).

 

 

Il quadro richiama in generale ad un aspetto del Medioevo che anziché far volgere altrove lo sguardo dovrebbe far riflettere sulla condizione in cui verteva la stragrande maggioranza della popolazione in epoca medievale e non solo. Sarebbe troppo facile pensare che il Medioevo sia stato solo un susseguirsi di secoli bui, ma bisognerebbe prima chiedersi per chi e soprattutto perché furono secoli un po’ bui. Il tipo di damascato necessario per la realizzazione dell’abito di Santa Elisabetta d’Ungheria non è difficile da reperire in commercio ed è un motivo abbastanza comune, che non è praticamente cambiato, nonostante secoli di storia.

 

Fonti bibliografiche

Enciclopedia Encarta, 2009. Microsoft.

 

Note

[1] Pratiche volte al raggiungimento della perfezione interiore mediante l'ascesi, ossia si mira ad ottenere il distacco dal mondo e la conseguente perfezione interiore mediante l'abnegazione e l'esercizio delle virtù. Deriva dal lat. eccl. ascesis, che è dal gr. áskésis che significa esercizio. In epoca medievale lo stile di vita ascetico era praticato soprattutto dagli eremiti.

[2] Le opere di carità e la rinuncia ad ogni bene terreno, ma soprattutto la rinuncia alla ricchezza al denaro che lo stesso San Francesco (fondatore dell’Ordine Francescano) definì “sterco del diavolo” erano alla base dello stile di vita monastico francescano.

[3] Il damascato lo ritroviamo nella moda occidentale medievale solamente a partire dal XII secolo, quando grazie alla ripresa dei rapporti commerciali, nuovi tessuti e tecniche di tessitura giunsero in Occidente e poi nei secoli XIII, XIV e XV ritroviamo questo tessuto con tonalità e contrasti tra i più belli e particolari che si possano immaginare, nella moda nobile, insieme a velluti e broccati.

[4] La scelta dei colori potrebbe non essere stata casuale, sono colori ricorrenti nell’araldica ed erano colori usati solitamente dalla nobiltà nell’abbigliamento per sottolineare anche la loro ricchezza. Il rosso è un colore legato al sangue soprattutto mentre l’oro è legato alla ricchezza. Elisabetta era figlia di re e dunque si è voluto probabilmente anche ricordare le sue ricche origini e il suo rango. Aveva sposato il Langravio di Turingia, proveniente a sua volta da una famiglia ricca e nel Medioevo la ricchezza era davvero di pochi. Dalla fine del XII secolo e anche prima, con le Crociate e poi la ripresa dei commerci, la classe mercantile ebbe uno sviluppo non indifferente e si arrivò ad un punto in cui i mercanti erano gente non solo ricca, ma che si poteva permettere anche di fare prestiti, finanziare opere di una certa portata; i matrimoni con le classi nobili non erano più ostacolati come all’inizio, anzi, l’interesse era doppio, ambo le parti avevano solo da guadagnarci da un’unione: il mercante acquisiva il titolo (anche se non era poi così facile) e il nobile aumentava la propria ricchezza che derivava per eredità di titoli e terre.

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